Omaggio a Edvino Ugolini e Eddy Kanzian


ALLEGRIA DI NAUFRAGI



REFRIGERIUM  è la denominazione di un rito che ha carattere funerario, si tratta di un banchetto di tradizione antichissima in onore dei defunti. Un gesto che vuol essere al tempo stesso ricordo e propiziazione di eterno gaudio e comunione fra i sopravvissuti e i defunti.

COMUNE RICORDO GIOIOSO  DI 
EDVINO UGOLINI / EDDY KANZIAN – poeti scomparsi la scorsa estate

Lettura di poesie e aperitivo 

LUNEDI’ 23 SETTEMBRE 2013 

DALLE 17 


ZONA ORTIVA – BOLOGNINA 

VIA ERBOSA 

FERMATA AUTOBUS 11 IPPODROMO – ARCOVEGGIO
(Attraversare la strada e prendere a sinistra via F.lli Cervi, in fondo si trova via Erbosa, prendere a destra e continuare oltre il ponte ferroviario fino ad incontrare l’ingresso degli orti).

ALL’EVENTO PARTECIPANO

CARLO BORDINI
LOREDANA MAGAZZENI 
PINO DE MARCH 
ALTRI ED ALTRE 

TEMA
Allegria di naufragi

(verso il 14 febbraio 1917)
E subito riprende
Il viaggio,
come dopo il naufragio
un superstite lupo di mare
(tresto di G. Ungaretti)
allegria di naufragi
Esultanza che l’attimo,  avvenendo,  dà perché fuggitivo,  attimo che soltanto amore può strappare al tempo. [….] E’  il punto dal quale scatta quell’esultanza d’un attimo,  quell’allegria che, quale fonte, non avrà mai se non il sentimento della presenza della morte da scongiurare “  
( Ugaretti, così commenterà  questo paradossale titolo –allegria di naufragi-).
RIFREGERIUM  o Banchetto funerario per Edvino ed Eddy  ?
In questo Refrigerium  o Banchetto funerario poetico  e filosofico  non possiamo non associare Edvino ed Eddy nel nostro comune ricordo   e  questo  Refrigerium  non può non essere gioioso, gioioso come  sono state le  nostre comuni  battaglie condotte da  poeti pacifici contro le passioni tristi,  gli odi e i rancori razziali, le varie fobie e paranoie  sociali – xenofobie, omofobie  e   contro quelle  “nuove” guerre  “democratiche ed umanitarie”  che non sono altro che la continuazione in forma “ di pace armata”  delle classiche guerre neo-coloniali ed neo-imperialiste per riappropriazione delle risorse materiali  da parte delle super-potenze  occidentali (G7) con la complicità dei restanti  (G 20)- strutturati come sovranità imperiali e complici di quelle potenze  banche e multinazionali o transnazionali che tengono  l’umanità in uno stato di permanente miseria  e scarsità  favorendo esclusivamente dipendenze e tossicità  e  gettano il mondo in uno stato di devastazione ambientale.
Guerre che producono morte e sofferenza  a miglia e miglia di persone – in primis bambini, donne, anziani, popolazioni civile  e agli altri esseri viventi, animali e ambienti naturali.
Guerre   che proseguono all’interno  come guerre sicuritarie e xenofobe contro  quei migranti, esuli e popolazioni che fuggono  da quelle periferie sconvolte dalle loro  guerre militari ed economiche; guerre che io, Edvin, Eddy ed altri ed altre – uomini e donne di buoni desideri di vita di una vita – abbiamo osteggiato con tutte le armi della critica, con la parola e i nostri  corpi  sulle strade delle nostre città come per ben sette anni sul sentiero di Rilke,  sentiero tracciato dentro a quel Carso che fu  scenario di morte e di Marte per lunghi anni nella prima  grande guerra; Carso che noi (io ed Edvino) abbiamo ribattezzato scenario di vita e di Venere. Ed Eddy non mancava mai di cooperare nell’organizzazione di questo evento annuale  contro le guerre, di  ricercare contenuti  e critiche sferzanti espresse sempre con leggerezza , di accompagnarci fino all’entrata del sentiero nonostante le sue difficoltà motorie.

Ad Edvino  nomade  e pacifico  poeta di pace, pace non pacificata, pace attiva come giustizia e libertà per popoli di tutte le  periferie dell’Impero-Mondo

Tramonto
(verso il 20 maggio 1916)
Il carnato del cielo
sveglia oasi
al nomade d’amore
(Giuseppe Ungaretti)
Questa volta  – l’ottava –  è mancata la condivisione di entrambi sul tema da dare alla camminata pacifica e dopo una solitaria e  lungo estate di riflessione e di  condiviso dolore,   ho pensato che il migliore tema potesse essere  – ALLEGRIA DI NAUFRAGI – titolo di una raccolta di  testi poetici  prodotti nelle notti, nelle pause  di guerra e nelle trincee di quel Carso campo di Morte  da  parte del nostro  maestro (come ci ha insegnato a riconoscere  ed apostrofare  gli uomini e le donne  portatori di valori e significati esistenziali e socilali Eddy Kanzian) poeta Ungaretti,  come tema di ricordo  e di resistenza  pacifica comune tra vivi e morti e tra compagni – cum panis -intesi nel senso di un altro maestro – tenente  scrittore  Rigoni  Stern, cioè coloro che dividono  fra il pane (ed Eddy direbbde qui anche le rose).
Edvino ed Eddy nelle loro esistenze impegnate civilmente hanno cercato  con intelligenza, con rabbia e con gioia attraverso una  resistenza poetica lunga una vita di portare la poesia nella vita e nella città, di dare forma poetica alla resistenza contro il dominio interconnesso economico-militare-mediatico contemporaneo, domino oggi interconnesso  di soggezione “democratica  e liberista“ di popoli e di individualità attraverso le nuove guerre umanitarie ( o sarebbe meglio definirle queste guerre Pax del G8 o del G20 ) la pace  delle nazioni più industrializzate del pianeta  o dei nuovi dominatori  che i latini chiamavano Pax romana e noi oggi poteremmo chiamarla  la Pace del capitale planetario  economico, civile e militare.
Vorrei iniziare questo banchetto funerario con alcuni frammenti  di emozioni  del poeta amico compagno Edvino Ugolini tratti da raccolta di poesia  Bagliori.
Meditaizoni esistenziali e poetiche  con Edvino Ugolini
Momenti  II
Perdonarsi di essere nati.
….
Illuminare  l’universo con la fantasia.
……
Invecchiare di Poesia.
…….
Inventare nuove parole.
………………
Ma non dimenticare i saggi.
………………………
E continuare  con la poesia di un altro poeta amico e compagno  Eddy Kanzian

IMPORTANTE  E’   FINIRE   BENE
(Testo composto nel luglio del 2012 e letto nel giorno del suo compleanno 13 agosto 2013)

IMPORTANTE   E’  FINIRE BENE
CON DIGNITA’
SENZA TROPPI RIMPINATI
COME NELLA MUSICA
INIZIARE  E’  FACILE
PROSEGUIRE POI
TRA  ALTI  BASSI
PIACERI  DOLORI   EMOZIONI
I RITMI DELLA  VITA
POI VIENE IL TEMPO
DI FINIRE PIU’   IMPEGNATIVO
NIENTE PER SEMPRE
DOBBIAMO ESSERE PREPARATI UN COLPO  DI RULLO
E  SUL PIATTO GRANDIE
LA MUSICA  E’  FINITA
(LA FESTA  APPENA COMINCIATA E’  GIA’  FINITA  )
MA  L’ANIMA  RIPRENDE A SUONARE
IL SUO JAZZ  LE SUE POESIE
NEGLI INFINITI .
Testo donatomi il giorno del suo compleanno (13 agosto 2013)
In quell’occasione ci sorprese tutti e tutte con questo parole che riprovo a ricostruire nella mia memoria : “non ho mai pensato che il personale non fosse politico, che la vita fosse scissa dall’impegno civile, e per
questo sempre anche gli avvenimenti più privati come i complenni sono  stati per me solo dei buoni pretesti per parlare dellesofferenze del mondo e di coloro che il capitale lascia ai margini”;
 inoltre aggiunse lasciandoci tutti e tutte estereffati: “ il tempo che mi resta da vivere si sta  esaurendo,  e restandomi poco tempo da vivere lo voglio vivere intensamente continuando nel mio  costante impegno sociale e di resistenza alle diseguaglianze “; tutti e tutte ci guardammo intorno come increduli a queste sue tragiche rivelazioni  e tutti e tutte avevamo difficoltà a crederci in quanto mostrava  una grande vitalità e spesso anche una realistica ironia provocatoria.  L’ho sentito al telefono durante la primavera scorsa e malgrado la sua condizione di vita stessero precipitando mai a perso la sua voglia di vivere, pensare, lottare e giocare con una saggia  intelligenza esistenziale, come si evidenzia da questo testo sopra riportato (all’amico maestro di vita e di  socialità , pino de march).

promuove evento:
Comuni mappe – libera comune università pluriversità bolognina
associati zona ortiva – bolognina 


info: 



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APPENDICE:


DONAZIONE DEL CORPO PER LA RICERCA MEDICA
Chi si occuperà del nostro corpo dopo la morte?
Perché è così importante sapere come sarà trattato il nostro corpo?
A chi delegheremo il compito del destino del nostro corpo cadavere?
Queste sono le domande assillanti che ci poniamo quando ci troviamo in avanzata età. Non ci fanno più dormire sonni tranquilli non sapere che fine faremo. Per chi ha una famiglia dei figli è più semplice, saranno i nostri eredi ad assumersi la responsabilità di comunicare le volontà per sentito dire o per conoscenza del proprio de cuius sul destino del proprio corpo, ma chi non ha nessun familiare come farà se non ci pensa a prendere delle decisioni in vita?
Per la cremazione infatti funziona proprio così: il familiare di primo grado, se non c’è vanno bene anche i gradi seguenti, fa una semplice dichiarazione di fronte al funzionario del Comune in cui sottoscrive che il parente in vita aveva espresso la volontà di essere cremato e l’autorizzazione alla cremazione viene concessa dal Responsabile del servizio immediatamente senza alcuna indagine e accertamento.
Per donare il nostro corpo per studio, che ha un valore altamente altruistico e di solidarietà per coloro che continueranno a vivere, non è sufficiente la dichiarazione del familiare, ma è necessaria l’espressione della propria volontà. Espressione di consenso di donazione del corpo che dovrà avvenire essenzialmente in vita.
Il Comitato nazionale per la Bioetica istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha approvato recentemente il 19 aprile  e pubblicato il 20 maggio 2013 il parere riguardante la “Donazione del Corpo Post Mortem ai fini di studio e di ricerca”
Il parere riguarda la possibilità di destinare il proprio corpo, dopo la morte, sia ad attività di studio e ricerca, sia a quelle particolari attività didattiche di esercitazione di dissezione anatomica rivolta alla formazione medico-chirurgica di studenti specializzandi e specialisti. Secondo il regio decreto ancora in vigore del 31 agosto 1933, n. 1592 chi è solo e non è richiesto da parenti dopo la morte il proprio corpo è destinato alle indagini e ricerca scientifica, infatti l’art.32 del suddetto decreto recita proprio questo:
“Tutti i cadaveri provenienti dagli ospedali sono sottoposti al riscontro diagnostico. I cadaveri, poi, il cui trasporto non sia fatto a spese dei congiunti compresi nel gruppo familiare fino al sesto grado o da confraternite o sodalizi che possano avere assunto impegno per i trasporti funebri degli associati e quelli provenienti dagli accertamenti medico legali (esclusi i suicidi) che non siano richiesti da congiunti compresi nel detto gruppo familiare, sono riservati all’insegnamento ed alle indagini scientifiche.”
Nel rilevare la valenza etica ed altruistica della donazione del proprio corpo il Comitato Nazionale per la Bioetica sottolinea nel parere la non accettabilità etica di quanto previsto nell’articolo citato. La donazione del proprio corpo pur ispirandosi ad un principio di alto tenore altruistico e di solidarietà deve essere espressione di una libera e consapevole decisione del soggetto, pertanto debba essere rispettato il principio del consenso consapevole e informato del donatore e che il silenzio assenso non possa trovare qui alcuna applicazione. In definitiva il soggetto non può delegare né ai familiari né a rappresentanti la destinazione del proprio corpo morto. Il compito arduo dell’Ufficiale dello stato civile è accertare la volontà espressa dal defunto dell’esplicito consenso  naturalmente in vita circa l’utilizzo del proprio corpo non vitale. Solo ed esclusivamente i corpi cadaveri di coloro che in vita hanno espresso il libero consenso possono essere utilizzati per studio e ricerca e insegnamento ai sensi dell’art. 32 del regio decreto sopra descritto.
Muniamoci di carta e penna ed esprimiamo l’esplicito consenso consapevole e solidale del destino dei nostri corpi non vitali: sguardi sui corpi spirati dopo la vita specifica umana che se ne è andata e da quel momento diventa vita comune e sapere sulla vita dello spirato per ritrovare felicità vivente comune.
Marinella Africano

SE LA TERRA PARLASSE

Se la terra parlasse chissà cosa direbbe. Verosimilmente nulla di piacevole per noi. Troppi conti in sospeso per sperare di farla franca. Se la terra parlasse come prima cosa farebbe una grande sfuriata, ci metterebbe dentro qualche accidente e darebbe sfogo alle tante questioni che si trascinano da millenni: come la pratica degli incendi per aprire aree coltivabili o i disboscamenti selvaggi. Entrambe modalità da rapaci utilizzatori che non poco hanno contribuito a cambiare il clima lungo i millenni. E poi avrebbe da ridire per le guerre, quelle che lasciavano sul terreno migliaia di cadaveri dopo cruenti corpo a corpo e quelle che del terreno facevano e fanno frantumi con bombe sempre più potenti. Alzerebbe la voce parlando dell’ultimo secolo e delle risorse incamerate nel sottosuolo che oramai sono state quasi tutte trasferite nell’atmosfera dopo un veloce passaggio dentro i cilindri di un motore. Farebbe forse notare l’assurdo di un ritorno indietro nel tempo che con veloce progressione stiamo raggiungendo, un tempo precedente alla presenza di forme evolute di vita nella terra, quando i gas serra oscuravano il cielo.

Se la terra parlasse forse prima di parlare emetterebbe un lungo sospiro, simile al vento caldo che arriva dall’Africa, lasciandoci così tutti attoniti per la grande potenza dimostrata. Scrollerebbe il capo e forse rimarrebbe senza parole, perché a parlare siamo tutti buoni quando abbiamo la pancia piena. Farebbe forse notare la faccenda degli sprechi e la fame che ancora morde tante popolazioni; poi si ritirerebbe in campagna, a coltivare un pezzettino d’orto. Proprio come sempre più spesso si ritorna a fare anche nelle città. Darebbe dimostrazioni magistrali sui modi per ricavare le zucchine e i pomodori senza impoverire il terreno. Ci spiegherebbe le azioni biologiche e le possibilità di coltivazioni.

Il Dipartimento della terra, in collaborazione con il nascituro dipartimento dell’aria organizza:


il 14 giugno pomeriggio – sera negli orti di via Erbosa.
SE LA TERRA PARLASSE
Programma:

H. 16 Nicola Laruccia – pedologo* – Performance di parole e musica “Se la terra parlasse”.

H. 17 Thé alla menta – offerto da ComuniMappe

H. 17.30 Carlo Bordini – poeta, costruttore di parole per richiamare il legame tra Natura e Cultura. (Prima realizzazione del Dipartimento dell’aria)

H. 18.30 Antonio Varano – presidente orti via Erbosa. Presentazione dei progetti in corso in collaborazione col Dipartimento della Terra.

H. 19 Giulio Marianacci – agronomo e ricercatore, terrà la seconda lezione su “la gestione degli orti urbani” ( la rima lezione si è svolta il 25 maggio).

H 20 Cena Cus cus con verdure e ceci e, solo a richiesta, brodo di manzo. (E’ gradita la prenotazione su comunimappe@gmail.com) 


H 21 Film – Madre Terra – Documentario di Ermanno Olmi. 
(pedologìa s. f. [comp. di pedo-2 e –logia]. – La scienza del suolo e, più precisamente, del terreno agrario (detta anche geologia agraria), che indaga la formazione, la struttura fisica, la composizione chimica, il contenuto in sostanze umiche, le proprietà fisico-chimiche dei diversi terreni, etc. – dizionario Treccani)



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Approfondimenti:

Il  costituente  Dipartimento dell’Aria si concretizza nella ritrovata

relazione materiale di poesia, canto, filosofia e letterature minori

(delle forme ricreate del mutante vivente  o della spiritualità

laica).

Tempo fa in un’intervista radiofonica -mi pare radio Tre Cultura- a Stephen Jay Gould, noto paleontologo docente di zoologia e geologia di Harward, veniva posto la seguente domanda: “lei, come ricercatore e studioso  autorevole di evoluzioni biologiche della terra e dei suoi innumerevoli esseri viventi, potrebbe indicarci la percentuale attendibile di natura e di cultura di cui è composta la nostra specie Homo Sapiens?” Stephen J. Gould per nulla imbarazzato anzi divertito della domanda rispose in modo perentorio: “L’homo sapiens o noi umani siamo composti dell’indifferenziato 100% di natura e 100% di cultura.”


………………………………………..

Cattive notizie

“L’umanità è una specie connessa al resto della natura vivente per
orgine e per destino, nella salute e nella malattia. Gli esseri
viventi sono collegati fra loro, scrive David Quammen nel suo
splendido studio, anche dal legame naturale delle infezioni, cioè
delle interferenze di una specie nell’altra all’interno degli edifici
biofisici dell’ecosistema.  Gli agenti delle infezioni sono
microscopici (batteri, funghi, amebe) e ultramicroscopici (i virus).
La storia è stata influenzata da epidemie di peste, colera, vaiolo,
tbc, influenza, come quella del 1917-1919 con 50 milioni di vittime… le
malattie non virali sono controllate con medicine e misure igeniche.
L’assedio preoccupante è posto oggi dai virus. Sorti contemporanemente
ai primi esseri viventi i virus, sostengono molti biologi,
contenegono un archivio che sta circolando da miliardi di anni, con
effetti sorprendenti. La coevoluzione ha portato, ad esempio, ad un
mescolamento genetico in seguito al quale il nostro genoma è
costituito pe l’8% di materiale virale. C’è chi motteggia che i virus
nel corpo umano si trovano a casa. Le nostre difese sono poco efficaci. Il
libro di David Quammen è il resoconto di strategie virali e delle
recenti epidemie in uomini ed animali. Per il biologo Peter Medawar,
premio nobel per la medicina nel 1960, “i virus sono frammenti di
cattive notizie avvolti in una proteina.”  ..
Quali “cattive notizie”, per usare le parole di Peter Medawar,
dobbiamo aspettarci?
I microbiologi paventano un next big one, cioè una pandemia virale,
probabilmente di tipo influenzale, con un massacro di proporzioni
inaudite. Che cosa la farà scoppiare? Quando la crescita di una specie
acquista dimensioni innaturali, essa si arresta lentamente o per
crollo improvviso. Una volta superati i sei miliardi di persone,
ammonì tempo fa il biologo Edward  O.Wilson ci si avvicina
all’incompatibilità con l’ambiente. Da allora la popolazione è
cresciuta di un miliardo e continua a crescere di 70 milioni di
persone l’anno.  La massa umana supera di oltre 100 volte il volume di
qualunque altra specie vivente e vissuta. Essa è estesa e continua a
dilagare in tutti gli angoli della terra, sconvolgendo ecosistemi
remoti e antichi di millenni, costruendo strade, estirpando e
asfaltando boschi e foreste, usando a profusione concimi
tossici, inquinando laghi, mari, fiumi e torrenti; trivellando in terra
ed in mare. Una delle conseguenze della devastazione ambientale è
l’attivazione di batteri e virus fino ad ora silenti. Le dimensioni e
la velocità della crescita umana depongono a favore dell’arresto per
schianto. Come avverrà? Molti epidemiolghi ritengono che i dati
convergano a favore dell’ipotesi del next big one, cioè la riduzione
derastica della popolazione, sarà provocata da una pandemia
influenzale di virus-Rna, facilitata anche dalla rapidità dei
collegamenti fra regioni lontanissime. I virus potrebbero essere nuovi
per mutazione oppure essere vissuti in altri animali e attaccare per
zoonosi l’uomo per la prima volta,  trovandolo privo di difesa in un
ambiente divenuto sfavorevole per eccessi di abitanti. Anche se
quersta previsione non dovesse pienamente avverarsi, per miliardi di
esseri umani la vita potrebbe diventare un inferno.
Da David Quammen Spillover – Animal infections and the next human
pandemic – Norton & Co, New York – London, pagg.586.
Alla fine un virus-Rna ci seppellirà (da sole 24 ore di Arnaldo
Bennini -9/06/2013)



Memoria paleontologa

(tratto da Quarto rospo freudiano di S.J. Gould)

Ho avuto spesso occasione di citare un’acuta, quasi rammaricata
osservazione di Freud, riguardo al fatto che tutte le maggiori
rivoluzioni nella storia della scienza, fra molte diversità, hanno un
motivo comune: aver spodestato via via, un pilastro dopo l’altro,
l’arroganza umana dalle sue cosmiche certezze.
Freud riporta tre di questi casi presentandole come le tre
prinicipali ferite narcisiste di quell’essere arrogante e presuntuoso
che è “l’uomo delle certezze assolute”;
una volta credeva di vivere al centro dell’universo limitato, finché
Copernico, Galileo e Newton non gli hanno rivelato che la terra è un
minuscolo satellite di una stella di secondaria importanza.
(Solo Pascal, il poeta ed il filosofo,  si misurerà per tutta la vita
con questa ferita producendo delle acute riflessioni sullo spaesamento
e sulla perdita di senso dopo questa  perturbante scoperta).
Dopo di che questo presuntuoso ed arrogante essere umano tra i viventi
si è consolato immaginandosi che Dio, in realtà, avesse scelto questa
collocazione periferica per creare l’unico organismo a Sua immagine,
finché non è arrivato Darwin che “ci ha relegato a discendenti di un
mondo animale.”

Abbiamo quindi – di cui anche noi in parte – cercato sollievo nelle nostre
menti razionali finché,  come Freud nota in una delle affermazioni
meno modeste della storia delle idee, la psicologia  ha scoperto
l’inconscio (cioè ha rovesciato quel secolare paradigma cartesiano
– cogito ergo sum – penso quindi sono – con  un altro, se vogliamo, per
parafrasare il primo – sentio ergo sum);
l’osservazione di Freud è acuta, ma trascura molte altre importanti
rivoluzioni iconoclaste (non voglio criticarlo: ha soltanto  cercato
di spiegare un processo, non ha preteso di fornire un elenco
esauriente);  in particolare omette il contributo fondamentale dato
dai miei campi di studi, geologia e paleontologia: il contraltare
temporale alle scoperte di Copernico sullo spazio.
Intesa letteralmente, la storia biblica era veramente confortante:
una terra di pochi migliaia di anni su cui l’uomo (maschio), tranne
che per i primi cinque giorni, è l’essere dominante. La storia della terra
era un tutt’uno con la storia dell’uomo (maschio) e quindi perché non
pensare di essere fine e causa dell’universo?
Ma i paleontologi hanno poi scoperto il deep time (tempo profondo),
per citare la felice locuzione Mc Phee. La terra ha miliardi di anni e
la sua età va tanto indietro nel tempo quanto l’universo visibile si
estende nello spazio. Il tempo da solo,  non solleva minacce
freudiane.
Se la storia umana fosse durata per tutti questi miliardi di anni.
La nostra arroganza, in virtù della più lunga egemonia sul pianeta,
sarebbe aumentata.
La  rivoluzione iconoclasta freudiana è avvenuta quando i paleontologi
hanno rivelato che l’esistenza umana occupa soltanto l’ultimo
“micro-momento” dell’età del pianeta: un centimetro cosmico, un minuto
o due dell’anno cosmico.
Questa estrema riduzione dell’epoca dell’uomo ha posto un’ovvia
minaccia alla nostra presunzione, specialmente in rapporto alla
seconda rivoluzione freudiana, quella darwiniana. Tale limitazione ha
una banale conseguenza, e in genere le affermazioni banali sono
corrette (anche se molte delle rivoluzioni intellettuali più
affascinanti celebrano la sconfitta di interpretazioni apparentemente
ovvie);
se noi non siamo altro che un minuscolo ramoscello del rigoglioso
albero della vita e se il nostro ramoscello ha gemmato soltanto un
momento geologico fa, allora forse non siamo il prevedibile risultato
di un processo intrinsecamente progressivo (la decantata tendenza al
progresso della storia della vita); forse, nonostante le nostre glorie
e nostri talenti, siamo un effimero accidente cosmico che non si
verificherebbe di nuovo neppure se si piantasse l’albero della vita
dallo stesso seme e lo si facesse crescere nelle stesse condizioni.
In occasione del centenario, nel 1959, della nascita di Darwin, il
grande genetista H. J. Muller ha smorzato i festeggiamenti con una
relazione intitolata Cent’anni senza Darwin sono abbastanza?
Muller ha affrontato il fallimento della rivoluzione darwiniana da due
fronti opposti: da una parte, il creazionismo che continua a
persistere largamente nella cultura popolare americana e dall’altra la
limitata comprensione della selezione naturale tra le persone istruite
che pure sono convinte della veridicità dell’evoluzione.
 Sono certo però che il maggiore impedimento al completamento della
rivoluzione darwiniana sia qualcosa di più grave, che non riguarda gli
atteggiamenti opposti.
Freud aveva ragione nell’identificare la soppressione dell’arroganza
umana come risultato comune alle grandi rivoluzioni scientifiche.
In termini freudiani, la rivoluzione non sarà completata finché Gallup
non potrà trovare che una manciata di detrattori o finché la maggior
parte degli americani non sapranno dare una definizione di selezione
naturale.
La rivoluzione darwiniana non sarà completata fino a quando non
distruggeremo il monumento dell’arroganza e non acquisiremo piena
coscienza delle semplici implicazioni dell’evoluzione, la non
prevedibilità e l’assenza di direzionalità nella vita (progresso), e
quando prederemo sul serio la topologia darwiniana, riconoscendo che
l’Homo Sapiens, per recitare la litania un’altra volta, è un sottile
ramoscello, nato ieri, nell’albero che, se piantato di nuovo, non
produrrebbe le stesse ramificazioni a partire dal seme. Noi ci
aggrappiamo al fuscello del progresso perché  esso rappresenta per noi
la migliore possibilità di conservare l’arroganza in un mondo
evoluzionistico. Solo in questi termini riesco a capire perché un
argomento così improbabile e debole mantenga su di noi un ascendente
tanto potente.
Tratto da – Gli alberi non crescono fino al cielo – paragrafo: “Come
ingoiare il quarto rospo freudiano.”