Festa di primavera tra rom, sinti e gagè aperta a tutte le genti della citta’

 Festa di primavera tra rom, sinti e gagè aperta a tutte le genti della citta’

Djurdjevdan o giorno di Giorgio nelle tradizioni cristiane, di Hizir in quelle musulmane e per tutti e tutte avvento di primavera che rinasce dalla lotta vitale con il morente inverno.
 

sabato 13 maggio 2017
giornata di attività conviviale e festosa
agli orti di via Erbosa 17 – zona ortiva – Bolognina
(s’arriva da via Arcoveggio proseguendo per via Fratelli Cervi ed in fondo a destra per via Erbosa costeggiando il campo ‘nomadi’).


Programma
Dalle 15 alle 17                                                                            Gioco dei pregiudizi, dei prodigi e delle magie sugli ‘zingari’.

Laboratorio aperto con i bambini-ragazzi del quartiere e della città: da quando siamo piccoli, sentiamo dire che gli ‘zingari’ rubano i bambini, che rubano per strada e nelle case, che non vogliono mandare i loro figli a scuola, che mendicano anche se sono pieni di soldi’ e che sono esperti di magia, che si vogliono divertire e non vogliono lavorare, che non si vogliono integrare, ecc., proviamo con il gioco a spezzare questi pregiudizi.

Dalle 17 alle 18                                                                            momento di presentazione e riflessione a termine del corso “Culture romanes”
Un’occasione per riflettere su come costruire insieme una società coesa ed inclusiva, a partire dalla cittadinanza attiva e dalla scuola della Costituzione, democratica e aperta a tutti.
Interverranno: Pino De March e i mediatori culturali rom e sinti: Tomas Fulli, Aghiran, Raducan Jonel,
a seguire
Sessione poetica aperta: letture di testi di poeti e poete rom e sintiMostra fotografica “Viaggio in Karnataka” di Fabien Bassetti
Un viaggio in India tra quelle comunità nomadi che sono considerate antenati dei nostri rom e sinti europei.

Dalla 19 alle 24 cena con cibi ‘zigani’ e musicisti rom e sinti

Si mangia, si beve, si canta, si danza alla ‘romanes’                          
costo della cena 15 euro (esclusi i minori). 
12 per copie
Il ricavato, dopo aver fatto fronte alle spese, andrà per metà all’autofinanziamento della nascente associazione di mediatori culturali rom e sinti (AMIRS) e per metà per coprire parte delle spese del corso semestrale sulle “culture romanes” organizzato da Comunimappe, Cesp e MCE.
Per permettere di organizzare la cucina è necessario prenotarsi a comunimappe@gmail.com

Con la collaborazione di: Comunimappe, libera comune università- pluriversità  bolognina, Cesp (Centro Studi per la Scuola Pubblica) e l’MCE (Movimento di Cooperazione Educativa)

FESTA ACCOGLIENTE E CONVIVIALE DI PRIMAVERA TRA ROM, SINTI E GAGI APERTA A TUTTE LE GENTI DELLA CITTA’ COMUNE METROPOLITANA DI BOLOGNA


 FESTA ACCOGLIENTE E CONVIVIALE  DI PRIMAVERA TRA ROM SINTI E GAGE’
APERTA A TUTTE LE GENTI DELLA CITTA’ METROPOLITANA DI BOLOGNA


TRA LA META’ DEL MESE DI APRILE E QUELLA DI MAGGIO LE GENTI ROM E SINTI D’EUROPA FESTGGIANO

IL DJURDJEVDAN o IL GIORNO DI SAN GIORGIO NELLE TRADIZIONI DEI NOMADI CRISTIANI 
O DEL PROFETA HIZIR IN QUELLE DEI NOMADI MUSSULMANI,
MA TUTTE LE GENTI IN QUESTO TEMPO TURBOLENTO E VITALE DI PASSAGGIO, L’AVVENTO  DELLA FIORENTE PRIMAVERA.  
PRIMAVERA CHE RINASCE DA UNA LOTTA VITALE CON  IL MORENTE E RIGIDO INVERNO.

SABATO 13 MAGGIO 2017
ZONA ORTIVA IN VIA ERBOSA 17-ACCANTO CAPO NOMADI SINTI
DALLE ORE 15 
LABORATORI CON BAMBINI SULLE EMOZIONI  
 SUSCITATE DAL CONTATTO CON ‘GLI ZINGARI’
DALLE 1
SIMPOSIO SULLE CONDIZIONI ESISTENZIALI DELLE  GENTI ROM E SINTI IN CITTA’
 INTERVALLATO DA POETI E POETE ROMANI’ 
DALLE 19 
CENA ZIGANA(15 EURO)
DALLE 20 ALLE 24   
MUSICA, CANTI, DANZA, BALLI ALLA ROMANES 

Una leggenda antica ci narra di un cavaliere errante Giorgio che salva una nobile nord-africana, Silene dalle fauci di un drago feroce ed affamato che ogni sera si  levava dalle acque di un lago vicino alla città di Selem per cercare pasto di agnelli  e capretti, e quando non c’erano più capri sacrificali animali, indifferentemente pretendeva venissero offerti i giovani del villaggio come pasto per nutrirsi. La dura ferita inferta del drago dal giovane cavaliere Giorgio porta con sé non solo la salvezza della figlia del re ma libera tutta la città di Selem dal terrore suscitato da tempo ormai immemorabile questo feroce drago in quella lontana città libica. I Rom di tradizione cristiana, con il culto dei santi, identificano ormai da secoli nel cavaliere errante Giorgio un loro simile che protegge le popolazioni nomadi dal rigido freddo d’inverno, stagione che da sempre mite moltissime vittime tra loro,vecchi o bambini che siano, drago feroce  l’inverno per ogni nomade o Rom; ed è per questo che non si dimenticano mai di  festeggiarlo  tra aprile e maggio,  questo divenuto santo cavaliere nomade, che con la morte da lui inferta al drago-inverno favorisce la salvezza-rinascita della giovane primavera -Silene- e la liberazione dal drago-inverno che da sempre infonde loro terrore gelido seminando morti spesso per fuoco di stufette elettriche o gas.

Giorgio però non si limitò a salvare la principessa e la città dal terrore seminato dal drago ma in cambio pretese la conversione di tutto il popolo di Selem al cristianesimo.

Dopo questa conversione dal paganesimo al cristianesimo del popolo di Selem, indotta non solo dalle sue gesta ma da un terribile ricatto, che sarebbe consistito nel liberare di nuovo il drago ferito ma non morto se non fosse seguita una conversione di tutto il popolo di Selem, i funzionari romani venuti a conoscenza di tale mutamento religioso nel popolo,  per ordine dell’imperatore Diocleziano nel 303 dell’era nuova, ordinarono ai soldati di catturare Giorgio per aver convinto, ma per loro obbligato il popolo a seguire una religione contraria all’ impero romano. Il corpo di Giorgio fu tagliato con una ruota chiodata in due parti,  però accade una cosa sorprendente che per tre volte il corpo reciso si ricomponesse e resuscitasse compiendo diversi miracoli.  Questa storia è tratta da una leggenda aurea scritta da Jacopo de Varagine nel XIII sec.
Per secoli Giorgio è onorato da tutte le chiese cristiane, che ammettono il culto dei santi, ed è onorato anche dai mussulmani come profeta. Ci sono molte chiese dedicate al suo culto nel Nord africa, in particolare in Egittoed in  Libia. San Giorgio è’ menzionato nel calendario giuliano il 23 aprile, mentre le chiese cristiane slave ortodosse lo festeggiano il 6 di maggio.
( il calendario giuliano ,è il calendario solare basato sul ciclo delle stagioni, elaborato dall’astronomo greco Sosigene d’Alessandria, vissuto nel 1 sec. dell’era antica).
I Rom hanno scelto San Giorgio come loro protettore per essere come loro sempre in continua peregrinazione;  i Rom dei Balcani lo festeggiano il 6 di maggio come DUREDEVAN O giorno di Giorgio.
La leggenda metaforizza – l’equinozio  di primavera – cioè  la sconfitta del rigido inverno (o la morte del drago feroce che nelle rigide notti d’inverno miete molte vittime tra i rom ).
I Rom dei Balcani chiamano questa festa anche ERDERLEZ – dal turco HIDIRELLEZ.
La notte tra il 5 ed il 6 maggio le chiese cristiane ortodosse festeggiano San Giorgio mentre ed il 6 di maggio nelle moschee si festeggia Hizir  (Al-Kadhir) uomo saggio ed errante.
Hizir che placa la turbolenza delle acque e  dei temporali nell’irrompente primavera
I due profeti – Giorgio e Hizir- per i Rom mussulmani s’incontrano sulla terra per rinforzare i nuovi germogli, però soprattutto per proteggere le popolazioni nomadi dagli ultimi colpi di coda del gelido inverno e dalle rinascenti turbolenze  della  risvegliata primavera;
potenze naturali  agite da ILYAS antica divinità dell’acqua pagana e persiana, che i Rom hanno appreso a conoscere nelle loro lunghe peregrinazioni da tra  ed occidente.  IlYAS antica dea dell’acqua, dei temporali e della germogliazione che i zoroastriani chiamavano ANAHITA, che sono entrambe per lo spirito sincretistico Rom la simbolizzazione dell’antica divinità indiana VISNU,che nell’antica religione vedica aveva caratteri cosmici e solari, ed dell’evoluzione dell’esistenza tutta del vivente.  Queste antiche divinità pre-monoteistiche raggruppano il sé le ambivalenti potenze della natura, mentre successivamente con l’affermarsi delle religioni monoteiste si tese alla separazione e alla contrapposizione tra opposte potenze naturali o spirituali, definite a aprioristicamente del bene o del male,                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           la primavera buona e l’inverno cattivo, il santo ed il profeta da lato buono ed il drago e le potenze naturali matrigne e crudeli . Si contrappongono potenze avverse, si demonizza e si spiritualizza, e si non si sa più cogliere gli aspetti controversi ma vitali che compongono le diverse nature, umane e non umane.                      Per i mussulmani il profeta Hizir come Giorgio vagano sulla terra, soprattutto in primavera, e aiutano le genti nomadi nella vulnerabilità della loro esistenza e nell’arrischiata vita errante sempre esposta alle turbolenze delle potenze naturali in tende o roulotte in ogni stagione. Hizir è considerato dai mussulmani fonte di bontà e portatore di nuova vita e di salute. Hizir come Giorgio, rappresenta la potenze sovra-naturali,  capaci di  proteggere le genti nomadi esposte alle vitali potenze naturali che si scatenano in questo tempo di rigenerazione, e l’inverno simboleggia in questa lotta naturale la morte bianca e la primavera la rosa-verde vita.  Il primo giorno di primavera corrisponde al giorno in cui s’incontrano sulla terra HIZIR santo profeta protettore degli umani nomadi  mussulmani ed ILYAS la crudele persiana divinità naturale dell’acqua e dei temporali suscitatrice di vitalità germogliante.
In questo giorno di festa DI EDERLEZI O DI DUREDEVAN le donne Rom confezionano ghirlande di fiori, puliscono le case e nella notte chiara e stellata si beve, si mangia, si canta e si sta insieme pacificamente e spensieratamente ed è quello che ai Rom piace della vita.
La vita del giorno per un Rom è dura, pesante e inquieta ancora oggi, simile per alcuni aspetti  alla vita dei proletari o delle genti della terra prima della rivoluzione francese, condizioni esistenziali e sociali brillantemente narrate  da uno storico francese come Jean Michelet in una delle sue opere maestose e poetiche, la strega, in cui questi esseri ridotti a miserabili nelle vite  diurne, ritrovavano nella notte il momento più importante della loro esistenza ,ove potevano rivivere insieme libertà perdute nel giorno, e nello stesso tempo sentivano  come una minaccia il giungere dell’alba, nera che li avrebbe riportati  di nuovo in quello stato di sottomissione,e servile vita di sopravvivenza; nelle loro notti festose sobrie, comuni e gioiose  aspiravano ad una loro alba rossa ove libertà, giustizia sociale e fratellanza li avrebbe riconsegnato quella dignità sperata, ed abbondanza sognata nella notte.a Anche per i Rom la notte è ritrovata gioia,spensieratezza, leggerezza seppur sobria dimenticanza delle difficili condizioni materiali posti dal giorno alla loro sopravvivenza.                                                                                                                                                                                   
Conversazioni con Aghiran all’XM 24 per ritrovare i contenuti per il 13 maggio 2017
Parliamo dei contenuti che non devono che toccare lateralmente gli aspetti religiosi ma piuttosto ricercare sotto di essi, le perdute dimensione simboliche antiche che riguardano tutti gli umani,rom o non rom, per ritrovare in questa festa comune di Rom, Sinti e gagi di Primavera, la convivialità e lo spirito onirico e poetico delle notti Rom, incontri comunitari che sempre si svolgevano nella notte attorno ai fuochi e sotto cieli stellati illuminati spesso dalla luna e rallegrati da canti, musiche di violini, fisarmoniche, chitarre ed altri strumenti inventati.
La  notte per i Rom ha rappresentato sempre  un momento importante di sospensione dello stress del loro difficile vivere o sopravvivere quotidiano in una società spesso ostile.
In queste occasioni di incontri notturni comunitari – familiari si beve, si mangia, si canta si balla, si danza alla romanes insieme quello che piace ai rom della vita.
Per noi Gagi dico ad Aghiran anche momento per rafforzare legami di ospitalità ed accoglienza con queste minoranze culturali spesso stigmatizzate e marginalizzate alle periferie delle nostre sempre più dilatate e devastate città-metropolitane.
Con Aghiran parlo anche dell’ospitalità antica per noi Gagi mediterranei.
 Ospite deriva hospes-itis ….hostipotis o signore dello straniero
Colui che sa  comportarsi in modo signorile con lo straniero o forestiero

Ospite da un punto di vista linguistico la parola ’ospite’ è una paroma enatiosemica(enatìos, gr. contrario,sema,gr. segno ), cioè sono quelle parole che hanno significati opposti, cioè indica sia chi ospita, sia chi è ospitato.

Edward Pocock (1604-1691)teologo orientalista inglese rilevava che in diverse lingue antiche –ebraico, aramaico e arabo – sono presenti forme di enatiosemia;  In italiano es. ci sono altre parole enatiosemiche oltre a ospite anche laico che indca sia religioso non consacrato sia non religioso.



Ospite per me figura singolare, che unisce in modo inscindibile l’ospitato dall’ospitante.

Ospite sostantivo che indica in questa sua unicità significante, l’inseparabilità dell’ospitato e dell’ospitante, e costituente una comune origine relazionale.

Ospite è una figura anche etica oltre che relazionale, delle nostre genti mediterranee suggerisco ai miei interlocutori.

Perfino il symballein o il simbolo costituente la nostra dimensione culturale e di riconoscimento reciproco, trasmesso dagli antichi greci nasce da questa capacità che ha un oggetto o un sintagma, considerato di volta in volta come simbolo di rappresentare significati per entrambi i locutori o parlanti o scambianti.  Per esemplificare si prendeva un oggetto materiale, lo si divideva in due parti uguali,  ad ognuno veniva data una parte in modo che le persone incontrandosi dopo anche molto tempo potevano immediatamente riconoscersi amici in quell’oggetto spezzato, semplicemente unendo le parti , potevano ritrovare immediatamente i significanti di un antico patto d’amicizia , ma poteva essere anche di altra natura.

In quanto all’ospitalità Goethe, filosofo naturalista germanico e cosmopolita,  sosteneva in una sua lirica dedicata, ad una minoranza tedesca cacciata da Strasburgo divenuta territorio francese negli anni successivi alla rivoluzione 1789 e nella stessa ad un’altra minoranza protestante cacciata nell’epoca della Riforma dai regnanti cattolici austriaci di Salisburgo,  che noi siamo tutti anche se insediati in un territorio, eterni ospiti sulla terra simile a coloro che devono errare per , qualche ragione o torto, ed è per questo che dobbiamo riconoscere nell’erranza la nostra perdurante umanità.
ELABORATO da Pino de March
info
comunimappe@gmail.com

 

2016-17 -CORSO SEMESTRALE  DI AUTO-FORMAZIONE

di CITTADINANZA   ATTIVA ED INCLUSIONE  SOCIALE  
 SULLE CULTURE, LINGUE ED ESISTENZE ROM E SINTI
CESP -CENTRO STUDI PER LA SCUOLA PUBBLICA E                                                                       L’MCE-MOVIMENTO DI COOPERAZIONE EDUCATIVA DI BOLOGNA
VIAGGIO A SUTKA DIVENUTA NEL TEMPO UN SOBBORGO COSMOPOLITA autogovernato dai ROM alla PERIFERIA DI SKOPJE – MK
 6ª LEZIONE INTER-ATTIVA                                                                                                               VIVERE DIVERSAMENTE IL CONFINE TRA NOI E LORO                          GIOVEDì  20 APRILE   dalle 16,30 alle 19,30   al CENTRO CIVICO MARCO POLO – VIA MARCO POLO 51 –BOLOGNA <sala blu>                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               conversazioneconl’autore Andrea Mochi Sismondi
VIAGGIO AI MARGINI D’EUROPA, OSPITE DEI ROM                               
PRESENTAZIONE LIBRO – CONFINI DIAMANTI edizione ombre corte-verona                                             
accorda ed organizza Pino de March e Matteo Vescovi 
 VIVERE DIVERSAMENTE IL CONFINE TRA NOI E LORO                                                
Quella curiosità che apre la mente degli umani a nuove conoscenze’ e che nello stesso tempo permette di mantenere una tensione creativa, conflittuale o perturbante, ma mai distruttiva                o autodistruttiva tra polarità e opposte visioni o forme di vita, che si attraggono e si respingono sulla superficie del pianeta, con genti e mondi così divisi e diversi al primo impatto, ma che nella profondità dell’animo e da tempo si compenetrano, s’affratellano o si sorellano, e si nutrono da sempre di singolarità e di molteplici immaginali vite e società. ‘Quello che attrazione o curiosità e-muovono nei nostri protagonisti è ‘che volevano tornare il più presto possibile a Sutka’, la loro moderna Samarcanda..
Confini di amanti
 E’ un racconto di viaggio fin dai primi passi turbati che Andrea con Fiorenza con il loro bambino di due anni in una carrozzina blu,timidamente muovono tra i vicoli di uno sconcertante sobborgo quello di Sutra Orizari (area di risaie un tempo), uno dei dieci comuni di Skopje, che i suoi abitanti chiamano per brevità ed affezione Sutka. La città è collocata ai margini dell’Europa,e là che  i nostri viaggiatori sono finiti per caso, ma non sono dei turisti, e faranno di questa riscoperta città con le sue inusuali forme di vita un racconto trattato a registi diversi: antropologici, letterali e teatrali: ‘il primo impatto è stato comunque un forte imbarazzo che non ci ha permesso di rimanere più di mezz’ora, ma poi allontanandosi abbiamo sentito un dolore come di uno strappo.’  (dalla prefazione di Adriano  Zamperini) 
‘Tornati in Italia abbiamo cercato dei pretesti  per tornare. Fiorenza ha trovato dei finanziamenti per un ipotetico evento teatrale ed io ho reperito una piccola borsa di studio per scrivere un ipotetico racconto di viaggio. Quello che volevamo era soltanto tornare a Sutka. L’intuizione dell’esistenza di forme di vita altra ci spingeva a tornare’. E nonostante quel sentirsi  ‘storditi ed insieme affascinati dall’ambiente in cui sono stati proiettati da circostanze fortuite, i due protagonisti e il loro piccolo decidono di ritornare e ristabilirsi a Sutka. ‘Migrano nel luogo da dove solitamente si fugge.’ Nei mesi trascorsi con i Rom macedoni, Andrea trae un diario che poi diventerà questo libro.                
Spaesamento e curiosità                       
Spaesamento e curiosità ci suggerisce la pre-lettura analitica e sociale di Adriano Zamperini  ‘è sinceramente una cifra esistenziale che segna una tale esperienza, dove incontro dopo incontro, gli stereotipi sui Rom, nelle pieghe delle nostre menti democratiche, irrompono sulla scena’. ‘Lo spaesamento provato dai protagonisti è allora la traccia emozionale che segnala all’autore la possibilità di -vivere diversamente il confine tra noi e loro’. (prefazione di Adriano  Zamperini)       
‘ Va riconosciuto all’autore (ma anche a Fiorenza che lo accompagna e condivide con lui questa intensa esperienza di ricerca esistenziale e teatrale) di non aver taciuto delle paure rivelatesi poi infondate, dell’estraniazione relazionale e persino del senso del ridicolo vissuto con i Rom di Sutka. Come delle contraddizioni riscontrate nelle comunità ospitanti. Il rovesciamento che ne deriva, non sono più loro a doversi adattare a noi, ma noi che dobbiamo adattarci a loro, e questo svela tutta la fatica e pure la ricchezza dello scambio interculturale’. (prefazione di Adriano  Zamperini)       
E sarà la curiosità  dei nostri protagonisti dopo il primo sconcerto a sospingerli,  ad attraversare quel confine-pelle e a rimmaginarsi  e riprogettarsi con fini amanti ed umani, sorpresi ed imbarazzati sì, dal totalmente ‘Altro’, ma non travolti,come accade sempre più spesso ‘in casa nostra  ’ ad altri contemporanei, dalla paura e dalle ansie per quei percepiti caotici flussi di genti diverse, che ogni giorno rimescola e confonde di lingue e di colori le nostre strade e fortemente estrania chi si chiude all’esperienza di ciò che perturba;                                                                               in special modo quei nuovi strani migranti in fuga da arcaiche persecuzioni politiche e religiose, fame e miserie e desertificazioni civili e naturali che le  pluri-decennali umanitarie e democratiche guerre, che non osiamo chiamare invece, nostre petrolifere e neo-coloniali guerre con i collaterali squilibri geo-politici e flussi umanitari ‘ci invade’. Disorientamento e chiusure preconcette che fanno riemergere dal profondo di questa ‘ingenua e brava gente locale italiana’ che continua storicamente ad assolversi dalle proprie responsabilità , reattività e sopiti sentimenti d’ostilità ed in-consce xeno-fobie.
Curiosità come emozione evolutiva o psicologica che ci dispone o ci controbilancia di fronte ai mutamenti dirompenti dovuti ai non sempre lineari processi di trasformazione umani o culturali.
Curiosità, emozione evolutiva individuata da alcuni in forma non-psicologica come il ricercatore e formatore A. Bonizzato del Centro Superiore delle Comunicazioni Camploy di Verona, il quale attingendo ad esperienze trasversali e a diverse discipline struttura un ‘modello emotivo’umano, che ci permette di intra-vederla presente in noi da tempi remoti prima come animali e poi come umani,ma che preferisce definirla per chiarezza come ‘attrazione’,costantemente attiva, con  intensità diverse pronta a relazionarci ad ambienti e a universi umani e culturali anche insoliti, ciò che come Sapiens direi abbiamo artefatto, di forme di vita e di ambienti attraversati nelle nostre nomadi e variate esistenze bio-culturali, per altri, curiosità come emozione psicologica emergente nella nostra inquieta contemporaneità che sola può controbilanciare lo sbigottimento, il frastorna mento e la reattività regressiva verso  i sorprendenti mutamenti del nostro tempo e  le inaspettate commistioni umane che la globalizzazione genera. ‘Curiosità che merita di essere aggiunta alle sei grandi emozioni, di questo n’è convito Paul Silvia, docente di psicologia all’Università della North Carolina a Greensboro(USA), curiosità per la specie, in quanto motiva la gente ad imparare’. Il bello ‘sta nella gratuità di questa emozione… il gusto di sapere e l’interesse verso il mondo ‘.( la Repubblica del 15-01-2010). 
Contatti con dimensione ‘altre’
Lo psicologo sociale Zamperini che cura la presentazione del testo non nasconde quello strano sentire pregiudiziale della giovane coppia di ricercatori: ‘certo l’autore Andrea Mochi Sismondi con la sua compagna Fiorenza Menni, che hanno affidato per mesi ad una babysitter rom il loro piccolo bambino con tutto quel peso che li sovrasta e li abita, e  non manca di ritagliare in modo netto la presenza altrui.’  ‘Come il proprio figlio così indifeso nelle braccia di qualcuno che è notoriamente un ladro di bambini? Gli archivi però dei tribunali penali indagati dai diversi ricercatori nel corso  del Novecento non hanno mai trovato traccia o sentenze di condanna verso qualcuno o qualcuna che fosse Rom o Sinti. Che se ne fanno i Rom di un bambino rubato, loro che non hanno spesso modo di nutrire neppure la già propria numerosa prole? Così ironicamente commentava uno dei tanti  ingenui e preconcetti pregiudizi sugli ‘zingari’ posti  da una studentessa ad mediatore inter-culturale Sinti, durante la comune presentazione della mostra quest’anno sul Porrajmos all’Aldrovandi-Rubbiani, a cui si chiedeva di esprimere alla fine del percorso visivo un parere, un’emozione ma anche una propria immagine fosse pure negativa sui Rom e Sinti.
I protagonisti del racconto aggiunge Zamperi sanno anche ritrovare ‘le vie per un contatto liberato dalle camicie di forza cognitive del pietismo, capace di vedere solo figure, meglio dire proiezioni di miseria umana e d’infanzia abusata. L’esperienza col passare del tempo si fa ricerca progetto teatrale’ e – relazionale-  compartecipazione attiva tra loro tre e gli artisti e le persone con cui si vivono due anni di un intensa immersione.
La scoperta della città                                                                           Mentre Fiorenza è alle prove teatrali, Andrea si riempie gli occhi tra gli abitanti della città vecchia, i venditori del Bit Bazar con il figlio nel marsupio.
Sukta  ‘non è un campo, non è un ghetto e non è neanche un quartiere come gli altri. E’ una comunità ci aveva detto l’operatrice umanitaria sui rifugiati che ci aveva portato per la prima volta a visitarla.
‘Eravamo affascinati dalla miriade di piccole case dalle forme inusuali e dalle persone, la cui apparente estroversione intuivamo custodisse profonde alterità. ..tra suoni di clacson, profumo delle ciambelle fritte in strada e i banchetti dei venditori di CD che diffondevano a gran volume le nuove compilation. Ci sentivamo dei corpi estranei prossimi all’espulsione.
Sutka è un sobborgo scompigliante di Skopje, capitale della Macedonia.
Creata nel 1963 dopo il sisma che aveva colpito Skopje, e duramente il quartiere di Topane abitato in prevalenza da Rom. L’amministrazione della città allora decide di trasferire quest’ultimi, in tutti i sensi, a Sutra Orizari che diventerà la nuova Sutka.  Alla fine del secolo scorso a seguito delle guerre nell’ex-Jugoslavia a cui sono seguite feroci pulizie etniche che non hanno risparmiato i Rom, nella loro fuga e ricerca di uno spazio di convivenza si sono via via aggiunti alla popolazione già presente questa periferica Sutka.  Rom provenienti dalla Serbia, dal Kossovo, dalla Bulgaria oltre ad altri Rom espulsi dall’Europa. Si è venuto così creando un micro-spazio cosmopolita Rom intreccio di genti provenienti da ogni angolo d’Europa e con differenti parlate romanes.Una ‘Gerusalemme’ ritrovata e liberata.
‘Qui i Rom governano se stessi e sono rappresentati da un proprio Sindaco.                          Il Sindaco Rom Erduan Iseini sostiene – che qui a Sutka ‘ abbiamo infranto il luogo comune che ci vuole randagi, mendicanti e ladri.’ Soprattutto abbiamo dimostrato che siamo capaci di vivere in una società moderna’.
A Sutka i Rom parlano un romanes standarizzato, che è la loro lingua ufficiale. Qui le istituzioni locali romanì hanno dato vita a questa standardizzazione della lingua Romanes- la langue- al fine di  facilitare tra le genti Rom una comunicazione seppur verticale della loro comune storia e cultura, anche se non vengono né sottovalutate o interdette le molteplici parlate romanes – la parole-.  Ha Sutka vivono circa 12 o 13 comunità romanes con varianti linguistiche Rom diverse.
Nelle varie istituzioni pubbliche o private si comunica nella lingua standarizzata scritta romanes. Questo avviene  nella municipalità, nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle biblioteche, nelle due televisioni,in un giornale e pure in una stazione di polizia.
‘Per  essere come gli altri ci dice il Sindaco ci  mancano solo le fabbriche, ma la maggioranza della sua gente vive di commercio.
Il Sindaco ci dice che ‘Sutka è cresciuta troppo in fretta, sovraffollata e disoccupata ove queste estreme condizioni urbane e sociali producono miseria fisica e morale. Ci vengono a mancare i soldi per garantire una casa per tutti, un liceo ai figli e un letto d’ospedale ai nostri padri ‘ e madri aggiungerei.(tratto da interviste fatte dalla ‘la Repubblica e il Fatto Quotidiano’-
Tra gli intellettuali romanes di Sutka spicca la figura di Nezdet  Mustafa, filosofo laureatosi all’Università di Skopje, che è tra i costituenti della Rom-TV –BIJANDIPE- Macedonia.
1994-96                                                                                             Si trasferisce a Colonia nella RFT per una specializzazioni di Scienze Politiche- Organizzazione dei Servizi Sociali
2000                                                                                                    Diiventa Sindaco di Sutka, uno dei 10 comuni di Skopje auto-governato dai Rom.
E’ Presidente di Obedineta Parijaza Emancipacija Na Romanite-Partito Unito per l’emancipazione dei Rom.
 2006-08                                                                                         Prima parlamentare nel Parlamento Macedone e poi Ministro aggiunto per l’emancipazione dei Rom  
Partecipa alle trasmissioni della Tv –SHUTEL – emittente in lingua standarizzata romanes per la valorizzazione culturale-linguistica e per l’emancipazione dei Rom, ma ospita forum nelle sue varianti parlate romanes.
 Alcune parole chiave della lingua romanes di Sutka che troverete nei vari dialoghi del nostro racconto –confini diamanti
Romanè – alla maniera dei rom
Manusikanè – umanamente
Uzdibè – attesa o speranza    
Kadenè o Dzì  Kodikhibè – a presto vederci                                                         
APPROFONDIMENTI
Confini Diamanti. Viaggio ai margini d’Europa, ospiti dei rom
(Ombre Corte, maggio 2012)
un libro di Andrea Mochi Sismondi
Šutka, in Macedonia, è l’unica Municipalità al mondo in cui i rom sono in maggioranza. Dopo un primo estraniante attraversamento, Andrea Mochi Sismondi e Fiorenza Menni vengono accolti a vivere nella comunità; insieme al loro bimbo ribaltano il rapporto: come migranti al contrario si fanno stranieri tra chi ovunque è straniero. Questa inversione permette loro di partecipare alle lunghe discussioni comunitarie, seguire i rituali, confrontare i paradigmi, cercare di capire, fino a essere sostanzialmente adottati da una famiglia rom. Davanti ai loro occhi si svela così quella human network che da Šutka si dirama in tutta Europa lungo le strade dei familiari partiti.
Il continuo sconfinamento esistenziale praticato su queste pagine indebolisce sicuramente l’ideologia delle culture come proprietà impermeabili. Ma, ancora più importante, sa meticciare il lettore, offrendogli l’opportunità di un role playing immaginativo. Chiamato a sua volta a immedesimarsi in questa giovane coppia, impegnata in un’interazione gomito a gomito con persone che, a dispetto dei principi morali che egli magnanimamente è solito riconoscersi, sarebbe prontamente disposto a schivare camminando lungo le strada di una qualunque città italiana.
Una sfida all’esistente come ineluttabile tracima dai bordi delle pagine di questo libro. (dalla Prefazione di Adriano Zamperini)                                                                                
Un prezioso diario di viaggio, che tutto è meno che un reportage turistico. Il narratore, senza volerlo, scompare. Pur indugiando sui dettagli della propria esperienza e sui propri pensieri, esce di scena, riuscendo a restituire senza mediazioni l’immagine di una comunità sorpresa in una quotidianità ordinaria e senza storia. Leggere è come penetrare, non visti, nell’intimo di vite la cui eccezionalità consiste nel sovvertire ogni aspettativa fondata sullo stereotipo. (Alberto Burgio su Il Manifesto)
Il libro rovescia il punto di vista abituale dei discorsi sui rom (Vega Partesotti su La Repubblica)
Queste pagine non sono solo un succedersi di storie e tableaux di straordinaria vivezza, ma anche l’occasione di decostruire una serie di stereotipi rispetto al popolo “indesiderabile” per eccellenza. (Marco Rovelli su L’Unità)
Il libro conduce in modo vivido in un paesaggio complesso e segreto (perché abitualmente non facciamo lo sforzo di penetrarlo). Soprattutto mette in discussione il nostro sguardo su quel mondo e
sulle persone che ne fanno parte, in un rapporto fecondo tra noi e gli altri che serve per definire meglio i limiti, gli errori, gli orrori della nostra civilizzazione e la necessità di scoprire altre possibilità di relazione. (Massimo Marino su Il Corriere della Sera/Bologna)
Una descrizione che affronta i pregiudizi e li problematizza senza rovesciarli tessendo l’improbabile elogio di una comunità pura e intatta, scioglie invece alcune resistenze senza nascondere le tensioni. (Anna Stefi su Doppiozero)
È la ricerca continua di Mochi Sismondi a stare dentro e fuori i confini di un universo civile e umano differente dal nostro a conferire alla sua scrittura – semplice e rigorosa al tempo stesso – il carattere autentico di chi riesce a farsi testimone di un’esperienza di vita con uno sguardo “liminale” (Letizia Bernazza su Liminateatri)
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Queste pagine su Sutka – VIVERE DIVERSAMENTE IL CONFINE TRA NOI E LORO                                                                                                                                                                                                                                                                                                             e sono state rielaborate e prodotte da Pino de March
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