Il pensiero di Ivan Illic e i movimenti sociali in America Latina


                                             La Libera Comune Università Pluriversità Bolognina

promuove

Secondo seminario sul Pensiero critico, Commonfare, Mondi di vita comuni, Università Popolari e Movimenti sociali







Venerdì 23 gennaio 2015

Dalle ore 18 alle 20,30

Presso Spazio HUB 57

Via Serra 2/f -Bolognina- autobus 17, 11, 27
(traversa di Via Tiarini, accanto Teatro comunale dei ragazzi e delle ragazze)
Entrata Libera con contenuti open free source


Discussione sul pensiero di Raul Zibechi  

E’ in preparazione la versione italiana dell’ultimo libro di Zibechi (Descolonizar el pensamiento critico y las pràticas emancipatorias)

ne parliamo con il traduttore, Aldo Zanchetta

Relatore Aldo Zanchetta interprete del pensiero di Ivan Illic e studioso dei movimenti sociali in America Latina
Accordatore Pino de March ricercatore sociale e componente della Accademia Comuni-mappe

Qui maggiori info su Zibechi

Nuove relazioni di genere

Comuni-mappe: Libera comune Università pluriversità Bolognina, presenta:

Nuove relazioni di genere:
crisi, violenza in forma sessista, misogena ed omofoba
per una educazione alle emozioni
e per un soluzione non violenta dei conflitti interpersonali e sociali.
Accompagnamento e cura in primis delle donne violate e matrattate e degli omosessuali e delle lesbiche oggetto di pregiudizio e violenze,
ed in fine accompagnamento e progetti e di cura dei maltrattanti detenuti verso una rigenerazione personale e integrazione sociale.


 
 
Ricerc-azione-cambiamento attraverso
un seminario semestrale e lezioni interattive


 

 
 
Relator*:
Dott. Giuseppe Battaglia Vice-Presidente Istituto Psicoanalitico di orientamento culturale -Fromm -Bologna
 
Dott.ssa Giuditta Creazzo ricercatrice ed autrice di analisi su confilitti di genere e progetti con casa delle donne per protezione e cura delle donne maltrattate e progetti con “maschile plurale” di cura e accompagnamento dei maltrattanti detenuti con politiche sociali ed educative antisessiste ed antiomofobe.
 
Dott.ssa Gabri Covri -della Comune Accademia -Comuni-Mappe -filosofa critica e ricercatrice su : L’amore nella filosofia
 
Dott. Pino de March della Comune Accademia – Comuni-mappe – filosofo critico e ricercatore su: psico-analisi esistenziali, approcci psico-corporei e nuove neuroscienze sociali.
 
 
 
I SEMINARI E LE LEZIONI INTERATTIVE SI SVOLGERANNO PRESSO:
 
– HUB – VIA SERRA 2/F (BOLOGNINA)

VENERDI’ 19 DICEMBRE 2014
dalle 18 alle 20
 
LE VARIE FORME DEL NARCISMO SOCIALE TRA SANE ESTENSIONE DELL’IO AL SE’
E INSANE RESTRIZIONE DEL PROPRIO IO. (2° parte)
Dott. Giuseppe Battaglia
psiconalista e vice-direttore dell’Isituto Fromm di Bologna
 
(approfondimenti in calce)
Prossimi appuntamenti:

Lezioni 2015
1° lezione
16 gennaio 2015
mutazioni e dilatazioni dei generi in forme singolari e plurali
con Renato Busarello
antagonismo gay-cassero di santo stefano
2° lezione
23 gennaio 2015
nuovi ambiti di comunità
per una riflessione sui beni comuni
Zanchetta-del gruppo camminandodomandando
3° lezione
6 febbraio 2015
relazioni erotiche, conflittuali e complesse tra generi
Agnese Solo -sex-shop-

4° lezioni
13 febbraio 2015
Donne Maltrattate e Uomini Maltrattanti
Forme possibili di autodifesa sociale contro la diffusa violenza maschile e per altre forme di relazione tra generi:
– come prendersi cura delle donne maltrattate

– come ritrovare nuove forme di aggregazione maschile e di auto-coscienza 
– come contrastare atteggiamenti di complicità maschile
– come reinserire i maltrattanti in una società mutata.

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Eventi già realizzati:

VENERDI’ 28 NOVEMBRE 2014
dalle 18 alle 20
 
NARCISISMO E RELATIVE PSICOPATOLOGIE SOCIALI (1° parte)
Dott. Giuseppe Battaglia
 
VENERDI’ 5 DICEMBRE 2014
dalle 18 alle 20
 
LE TRE FERITE NARCISISTICHE E LA CRISI DELL’UMANESIMO E DELL’ANTROPOCENTRISMO
Dott. Pino de March
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Approfondimenti:
 
LE VARIE FORME DEL NARCISMO SOCIALE
Introduzione
“L’enorme cambiamento nell’atteggiamento della psicoanalisi verso il narcisismo, avvenuto grosso modo a partire dal 1970 non restringe più la normalità al superamento del narcisismo primario(*) bollando come patologia la sua persistenza [….]
Il narcisismo è oggi considerato da molti come qualcosa che dura tutta la vita e che può assumere modalità sane o patologiche a seconda delle situazioni.”
tratto da autori vari: A. Samuels, B.Shorter, F.Plaut, Dizionario di Psicologia analitica, Cortina, Milano,1987, p.100.
(*)
“narcisismo primario: è concepito come uno stadio intermedio tra -autoerotismo e -alloerotismo, in cui il bambino investe tutta la sua libido su se stesso prima di rivolgerla agli oggetti esterni. Rispetto
all’autoerotismo, dove ciascuna pulsione cerca il proprio appagamento legato al funzionamento di un organo, nel narcisismo primario l’appagamento è ancora autoerotico, ma con riferimento ad un’immagine unificata del proprio corpo o ad un primo abbozzo dell’Io. “
tratto dalle Garzantine -Psicologia – p.676, curata da Umberto Galimberti.
E’ merito di psiconanalisti non ortodossi come Fromm e Marcuse , o non allineati come Kohut o altre donne Psicoanaliste critche come Melain Klein se si comincia a intravvedere e lasciar emergere un dissidente narcisismo- affermativo di sè in relazione creativa con altri sè (peer to peer-tra pari, senza padri).
“il narcisismo marcusiano come legame col tutto, anzichè come separatezza, come possibilità creativa, artistica, panteistica, anzichè come morboso solipsismo, ha oggi varcato la soglia dell’ortodossia psicoanaltica in una data carica d’implicazioni.”
tratto da Klaus Strzyz , Narcisismo e socializzazione, trasformazione sociale ed il mutamento di dati
caratteriali, Feltrinelli, Milano 1981.
Negli anni sessanta e settanta “l’aleatorietà dei rapporti oggettuali e l’incremento di aspettative magiche nel doppio aspetto di dipendenza e diffidenza rispetto allo Stato ha universalizzato i processi narcisistici in parallelo alle nuove forme di produzione e consumo, la psicoanalisi non poteva che allargare i limiti della liceità dell’investimento libidico su se stessi come unica alternativa ad allinearsi su ipotesi di maggioranze devianti”:
Tratto da Heinz Kohut, narcisismo ed analisi di sè, Boringhieri, Torino,1976. e la guarigione del sè, Boringhieri,Torino 1980
“Ma questo nuovo narcisismo è poi così lontano da un auto-investimento dell’io, l’auto-legittimazione, da (di) tutte le forme di pensiero ed organizzazione che rimandano a auto-valutazione, auto-orgnaizzazione, auto-determinazioni, auto-regolazioni, auto-coscienza, che negano poteri di investitura a leggi esterne codificate in rappresentanza della totalizzazione del potere Statale?
Come se impercettibilmente il termine auto’ …., da negativo stesse virando al positivo, nelle accezioni che abbiamo già visto, come il ‘ sii assolutamente fedele a te stesso’ , della controcultura, che sostituisce la negatività esclusiva di ‘autoerotico’, ‘autistico’, ‘autarchico’ ecc.
In collegamento alla rivalutazione del narcisismo altri grossi fenomeni iniziati negli anni precedenti, hanno raggiunto uno sviluppo impensabile, come la psicoterapia delle psicosi che ha strappato queste affezioni da vecchie definizioni come ‘nevrosi narcisistiche’ che, insieme al narcisismo primario, le inchidavano inesorabilmente all’incurabilità, per impossibilità del transfert. Le difficoltà del rapporto terapeutico con la follia sono così passate da lei a noi, alle difficoltà ad accettare proprio l’eccesso di investimenti trasferali, a condividerne l’inriducibilità e l’eversività, la fusione dei contrari come infinita felicità e terrore infinito che sembrano sgorgare senza freni, senso immediato, sommergendo l’io, il rapporto terapeutico. Ma perchè questi processi diventassero capacità di rapporto l’accento si è dovuto spostare dai padri alle madri, su tragitti spesso ostacolati proprio dal patriacalismo dell’ortodossia, e favoriti invece dal lavoro di numerose analiste.”(1)
Freud aveva soppresso la distinzione tra autoerotismo e narcisismo perchè colloca il narcisismo primario ad uno stadio della vita, antecedente alla costituzione dell’Io, il cui modello è la vita intrauterina caratterizzata dalla relativa assenza relazioni oggettuali. Questa considerazione è stata rifiutata daMelain Klein inzitutto perchè il narcisismo come relazione con la propria immagine non può essere pensato in un contesto assolutamente privo di relazioni, e in secondo luogo perché anche il neonato esperisce relazioni oggettuali d’amore e di odio.
“Da qui la rivalutazione dell’empatia, la definizione dei border-line, gli stati intermedi, da accogliere nella terapia empaticamente come madri per poter accedere poi all’uso discriminante, paterno, dell’interpretazione, proprio come per le psicosi, anche se con tecniche diverse. Da qui lo spostarsi dell’accento dall’Io al Sè, pe includere più profondamente gli affetti, l’allargarsi di concetti. Se l’ empatia ci parla di contaminazioni, accoglimento magico, preverbale dell’altro attraverso l’immagine di se stessi, la riscoperta delle madri, l’importanza della simbiosi, allude all’incesto.-
E l’incesto ci porta a Tebe, a Edipo ….
Incesto che la nostra cultura teme come la morte, la regressione, il riassorbimento che rimanda all’indistinto, l’indifferenziazione, il divoramento come antagonista della continuità dll’Io. Incesto come contrapposizione ai nostri valori, al nostro Io allora. Certo, ma al nostro Io, ai nostri valori storici. E l’io matriarcale? (1)
[…….]
Per cui la paura dell’incesto è solo il prodotto del principio patriarcale che deve negare il ritorno al grembo, alla indifferenziazione del non vissuto, dell’inconscio, come perdita di sè e follia. Di questo ci parla Edipo, molto di più che del conflitto col padre. Per questo è stato assunto in cielo, come altri ero, e poi Maria nell’Olimpo cristiano, ma cieco, depotenziato, chiuso nella sua interiorità, colto esclusivamente come regressione, condannato solo a vedere narcisisticamente se stesso senza più vedere il mondo, ma costretto, proprio per questo anche a delegittimarsi. Cieco e depotenziato, dicevo, assunto in cielo per neutralizzare contrari minacciosi e antagonisti, divinizzandoli a patto di snaturarli, come Dioniso….(1)
[…]
Anche Antigone, figlia di Edipo, sangue di Labdacidi è di questo segno, minacciosa. Ma per lei il cielo resta vuoto, non ci sono dei che la proteggono, che la redimono anche a patto di trasfigurarla, sfigurala. Proprio per questo Antigone ritorna secolo dopo secolo: lo spettro dell’eticità della disubbedienza che perseguita l’eticità dello Stato. (1)
[….]
il narcisitico antigonico ‘non tradire te stesso’che dalla controcultura investe il pacifismo e utti gli aspetti non violenti della contestazione ha la stessa base, nucleo,matrice sucui l’estrema irriducibiole opposizione al sistema, allo Stato ha costruito la sua eticità.
[….]
 
E per questo senza togliere nulla alla condanna politica del terrorismo che non può essere che definitiva, perentoria, inequivocabile, per la violenza, il sangue versato, per le distorsioni a cui ha obbiligato l’opposizione al sistema, per l’arroganza di agire in nome delle masse
(qui il narcismo sano come autodeterminazione ed estensione del sè -sfera dei bisogni e dei desideri – diventa narcismo insano di un io egoico -trofo totalizzante- che soffoca ogni possibile affermazione di un sè aperto e cooperante con altri sè in rivolta contro l’interdetto -liberato dalle varie forme di oppressione dall’interno e dall’esterno.)
Ma la condanna politica e comprensione psicologica non sono dello stesso registro. (1)
[…]
Antigone è la continuazione della opposizone cosciente (della perdente ) perchè incarnandosi in una donna rende esplicita, senza maschera la sostanza della violenza che la sovrasta. Il cielo per lei è vuoto perchè nessun dio vuole diffendere la sacralità del suo diritto a seppellire il fratello(terrorista) , perchè gli dei sono tutti, ormai, omologhi alla legge scritta che la condanna. Non ci sono diritti per i vinti. Per questo il suo gesto di testimonianza senza trasfigurazioni: non può esserci pietà per lei come non ce ne stata in migliaia di anni per le madri, le donne uccise.(1)
[..[]
Solo un sistema globale di auto-determinazioni individualmente e universalmente responsabili, liberato per sempre dalla penuria e dai suoi perversi esiti psicologici e normativi, che non necessiti più della violenza della sanzione come unica alternativa all’auto-esclusione perchè in grado di gestire contrattualmente tutte le contraddizioni, non farebbe più tornare la figlia di Edipo. (1)
(1) frammenti tratti da Paolo Trachina, la rinascita delle dee, pp.209-214 -edizioni Metis-1991.
Presentazione a cura di Pino de March, docente e ricercatore della Comune Accademia -Comuni-mappe-
 
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Breve presentazione prime lezioni interattive:
 
LE TRE FERITE NARCISISTE E LA CRISI DELL’UMANESIMO ED ANTRO-POCENTRISMO           

Relaziona Pino de MARCH della Comune Accademia 
– Libera Comune Università Pluriversità Bolognina

“…Freud ha visto bene le implicazioni di questo portare l’inconscio in primo piano quando ha parlato delle tre grandi ferite narcisistiche che il pensiero moderno ha arrecato agli uomini. La prima ferita narcisistica è stata quella inflitta da Copernico: l’uomo non è più al centro dell’universo perché la Terra è semplicemente un pianeta che gira intorno al sole insieme ad altri pianeti; la seconda ferita è stata quella provocata da Darwin, che ha mostrato come l’uomo non sia una creatura che viene direttamente da Dio, ma piuttosto un animale che viene da una filiera biologica, da cui si differenzia per via evolutiva; la terza è che la coscienza non è la sovrana assoluta che voleva la tradizione – e in fondo anche quando noi guardiamo noi stessi, magari per giustificarci, ci rendiamo conto che le cose non stanno così, che c’è tanto di non conosciuto che ci determina e ci guida.”
Umberto Galimberti in Freud, Jung e la psicoanalisi
 

La lezione interattiva – le tre ferite narcisiste e la crisi dell’umanesimo e antropocentrismo- verterà su  un frammento delle lezioni di Sigmund Freud , “effettivamente tenute all’università di Vienna, come professor extraordinarius, tra il 1915-17 (Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse)  (leioni di introduzione alla Psicoanalisi).

Il frammento che sarà oggetto di commento è tratto dalla 18  lezione, parla della scoperta dell’inconscio e racconta di come lui e l’amico psichiatra dinamico(* ) Breuer arrivarono ad essa  attraversando l’isteria delle loro pazienti. Freud e Breur avviarono così il definitivo declino dell’umanesimo e dell’antropocentrismo dominanti, enunciando le tre storiche ferite narcisiste inferte dalla modernità e dalla scienza emergente all’uomo. Per uomo s’intende il maschio prima che la femmina, visto che le donne erano le vittime insconscie del suo dominio patriarcale incotrastato; tra le altre cose le stesse donne pazienti  saranno l’oggetto di un’infintà di terapie (dalla caccia alle streghe degli inquisitori ad una  certa psichiatria ipnotista e organicista. 
Bertha Pappenhein, era tra le  più note pazienti di Freud-Breuer celata sotto lo pseudonimo Anna O (il modo con cui venivano nominati i casi clinici).  
 
(*)Dinamici erano chiamati i medici-psichiatri della fine dell’ottocento  che abbandonavano la  settecentesca pineliana(Pinel è lo psichatra illuminista francese iniziatore della psichiatria determinsta-organicista) visione determinista della malattia mentale spiegata sulla base di una relazione di (causa-effetto) e  anche di quella  organicista  la quale associava ogni malattia del corpo alla patologia di un organo, allo stesso modo le malattie mentali venivano correlate alla patologia del sistema nervoso;  questi psichiatri  dinamici cominciavano ad intuire che i sintomi della cosidetta malattia metale non era associabile per causa ed effetto ad un organo di riferimento ammalato come poteva essere  inteso in quel tempo il cervello ma piuttosto  che  tali sofferenze dipendevano  da una afflizione psichica  o da dinamiche relazionali patogne familiari.
 
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NARCISISMO E RELATIVE PSICOPATOLOGIE SOCIALI
 
ERICH FROMM, da: PSICOANALISI DELL’AMORE , 1964.
A cura del Dottor. Giuseppe Battaglia.
Fromm afferma che: “ la fonte dell’irrazionalità e del male, non è nell’uomo ma nella società, in specie quella contemporanea”. Mette in rilievo tre fenomeni che formano l’aspetto più deviato e pericoloso della vita dell’uomo: “amore per la morte (necrofilia), narcisismo maligno e fissazione simbiotica”. Quest’orientamento, produce la “sindrome narcisistica di decadimento”, che spinge a distruggere per amore della distruzione e ad odiare per odiare, riducendo la coscienza al silenzio. Tutte le forme di autoritarismo in misura diversa, creano dipendenza e rientrano nella “sindrome di decadimento”, all’opposto vi è la “sindrome di crescita”, che promuove l’amore per la vita contro la morte, l’amore per l’uomo contro il narcisismo maligno, la ricerca di indipendenza contro la fissazione simbiotica e l’idolatria. La “sindrome di crescita”, promuove l’essere creativo, lo sviluppo e la democrazia.
Nel narcisista, esistono solo esperienze emotive soggettive, essi non reagiscono realisticamente al mondo esterno come succede nell’illusione paranoica. Paure e sospetti soggettivi nel paranoico si oggettivizzano nel mondo esterno, in tal modo si convince che gli altri sono dei cospiratori contro di lui e allora si predispone alla guerra. La differenza fra paranoico e nevrotico è data dal fatto che il nevrotico, ha paura di essere odiato e perseguitato e lo sa, per il paranoico, tutto ciò è verità, la paranoia è diventata un modello di funzionamento. Esempi storici di personalità narcisistiche collocabili nell’ambito della follia che hanno raggiunto un potere straordinario, sono stati: i faraoni d’Egitto, i cesari di Roma, Hitler, Stalin, ecc. Questi, convinti di essere Dei, hanno esercitato un immenso potere fondato sulla morte, Fromm direbbe che questi erano affetti dalla sindrome di decadimento maligno.
 
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RIFLETTERE SULL’EUROPA


Se si vuole fare una storia dell’Europa, questa storia la si deve riscrivere perché è storia di attraversamenti e contaminazioni.


                            Ratto di Europa (Mosaico del III secolo d.C.), rinvenuto a Byblos e conservato al Museo nazionale di Beirut


La libera comune università pluriversità Bolognina

promuove una

Assemblea popolare della cittadinanza attiva dell’Europa minore

Tema :
LA  GRANDE DELUSIONE EUROPEA:  
FUGGIRE L’AUSTERITA’
“contro l’assolutismo finanziario per ricostruire una solidarietà sociale continentale”

VENERDI 14  MARZO 2014 – dalle ore 20.30  alle 23

c/o  
SALA CIVICA CUBO – VIA ZANARDI 249 – Bologna  
(BUS 18 – frequenza 10/15 min. scendere centro sociale pescarola- )
Una iniziativa che vuole anche essere un dialogo aperto con la nascente lista Tsipras 
Relazionano circolarmente:
  • Franco Berardi – attivista politico culturale
  • Margherita Romanelli – cooperatrice internazionale 
  • Marco Trotta – mediattivista  
  • Gabriella Covri – animatrice filosofa di comunimappe

Accordatore assembleare
Pino de March

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APPROFONDIMENTI

(!): CORO PER UN”EUROPA MINORE:

passaggi interiori/
ti immagino metafora deleuziana /
non ti immagino Grande Europa letteraria/economica/ militare/ imperiale
/ti immagino /deterritorializzata / sconfinata come tuoi cieli invernali/ /Blu notte/ illuminata dalla luna /
Ti detesto Europa/ territorializzata nella bandiera / rare stelle/ cielo blu opaco /senza mediterranee lune/
Ti detesto Europa territorializzata /
/con i tuoi temporanei lager di detenzione/ /senza cieli blu /
/senza stelle/ in tutte le stagioni /notti atroci per gli stranieri/
ti detesto Europa delle torri dei mercanti/ delle Banche/ degli stati di precarietà senza socialità/
Ti immagino Europa in divenire/ coi migranti/ mondo d’umani/
Ti Ascolto/ Ti Danzo /europa ribelle/ con i cantanti beuers/ delle tue banlieus/
passaggi esteriori/
ti ritrovo nelle mappe dei tuoi movimentati sognatori/:
passaggio numero 1: in Europa nessun essere umano è illegale /
passaggio numero 2: in Europa tutti gli umani devono avere un reddito di cittadinanza /per esistenze extra/
passaggio numero 3: in Europa la guerra è bandita/ come lo sono il razzismo / le diseguaglianze di ogni genere/
 
passaggi anteriori/
Ti rimmagino metafora benjaminiana/
Ti rimmagino europa nomade dei tuoi Ulissi/ naviganti / esiliati / senza terra/
dei tuoi tempestosi/ celebrali freethinkers/scienziati/ filosofi /politici/
dei tuoi tempestosi/emozionali freelands/artisti/poeti/musicisti/
Ti rimmagino europa bruniana dei mille campi di fiori /dei mille liberi pensieri/ dei mille liberi giudizi/dei mille liberi amori/
Ti rimmagino europe de l’ amour/ pour la libertè, l’ègalité, la fraternité des citoyenes de la Comunne de Paris
Ti rimmagino europa der Liebe/ fuer die Gleicheit der Karl Marx /der Rosa Luxemburg /der Karl Liebnecht /
der Bertold Brecht/
Ti rimmagino europa libertaria e cosmopolita/ de los Durrriti anarquistas espagnoles/
Ti rimmagino europa della fratellanza universale di Francesco D’Assisi
Ti rimmagino europa delle donne sagge /bruciate come streghe/sui roghi/ nelle piazze delle cattedrali/ sfidanti
il cielo/
Ti rimmagino europa beat/ desiderante nel pensiero e nell’azione/ degli operai/ degli studenti/ dei filosofi autonomi
del maggio/degli altri mesi / degli altri anni/ a venire/in tutte le tue città /

Ti rimmagino europa della glastnost/della trasparenza/dell’insostenibile leggerezza dell’essere nel pensiero e nell’azione/
degli operai /degli studenti/ dei filosofi dissidenti/ / nelle varie primavera di Praga/ di Budapest /
di Varsavia/
Ti rimmagino europa gaya dell’amore/ negato per secoli/
Ti rimmagino europa della libertà/ dell’uguaglianza/ della sorellanza/ tra/ tue/ lingue / disparate/
Ti rimmagino europa della resistenza delle masse/
Ti agisco europa della disobbedienza delle moltitudini/
Ora e sempre/ Europa delle sognatrici/
Ora e sempre/ Europa degli amanti delle umane genti/
Europa minore/
minore/
minore come l’asia /
del pastore errante/
dai passi leopardiani/

 Pino De March

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Omaggio a Danilo Dolci

La maieutica dolci
In questo tempo urlato ove ogni giorno dalle ceneri spuntano ciarlatani e pubblicitari con sempre nuove  menzogne, che fanno breccia tra la gente comune sollevando aspettative ed illusioni (like-mi piace) che si tramutano  in rapide delusioni (no like-non mi piace), la maieutica di Dolci fatta di circle timee  metafora della domanda può essere una buona terapia per vaccinarsi contro questa liquidità diffusa.
Circle time
Negli anni immediatamente successivi alla proclamazione della Repubblica, e sono gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso, nella Sicilia come nel resto del paese perdurano analfabetismo, miseria, emigrazioni,  ingiustizie sociali ed oppressioni verso le donne e le nuove generazioni;
Danilo Dolci  un poeta e  un filosofo  pacifico non pacificato,
 s’impegna ad  attivare assemblee popolari con la gente comune: braccianti, contadini, pescatori, operai, artigiani, intellettuali, giovani e donne;
  vi è in lui “una  costante tensione a generare quelle condizioni antropologiche, sociali e politiche che permettono ai singoli individui di maturare una consapevolezza del proprio valore, del proprio potere, il bisogno di farsi sentire, di valorizzare la propria esistenza. È un processo che trova in Danilo Dolci una connotazione pedagogica. “
crescita di  un popolo
“Tali processi dal basso vengono da  lui stesso definiti  di  “crescita collettiva”, di crescita di un popolo, che non possono essere imposti dall’alto”, ma generati in circle time, in una circolarità che si fa reciprocità e conoscenza di sé e della propria condizione  antropologica e sociale.
Il suo impegno come educatore è volto a organizzare la speranza di un cambiamento a partire dalla presa di coscienza di ciascuna persona del proprio valore, delle proprie capacità e
quindi  delle potenzialità di generare nuove strutture auto-organizzate e generatrici di saperi popolari volti a progettare solidi  presenti comuni e solidali con uno sguardo lungo sul futuro.
Questo processi immersi nei conflitti sociali del suo tempo: hanno generato  individuazioni di classe, di genere e di generazione, e nella comune problematizzazione  pacifiche soluzioni.
metafora della domanda
“Se c’è una metafora che può caratterizzare l’esperienza pedagogica di Danilo Dolci è senz’altro la
metafora della domanda. Possiamo definire Dolci come l’educatore della domanda, ossia l’educatore che innesta tutta la sua azione formativa sul chiedere, sull’esplorare, sul creare,
sull’interrogazione, ovviamente non in senso scolastico, ma nel senso dello scavo, dell’andare oltre
l’apparente, cercando di scoprire il “non-noto”, ciò che è velato dalle tradizioni, dalla consuetudine,
dagli stereotipi. In questo sta il richiamo all’approccio maieutico, per cui Danilo Dolci è famoso,
alla pratica del tirar fuori, del porre gli educati nella condizione di allargare la propria sfera di
apprendimento a partire dalla capacità di utilizzare in maniera costruttiva le domande. “
(per queste riflessioni  mi sono avvalso di un testo di Daniele Novara, il gusto della domanda)
Per la comune accademia di comunimappe pino de march

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CAOSMOSI  EUROPEA

Europa minore nel suo divenire uno dei tanti mondi minori

L’attraversamento dei territori Kafkiani da parte di Deleuze e Guattari e le osservazioni che essi ne hanno tratto, ci permettono di formulare una costituzione immaginaria di quello che desidereremo diventasse l’Europa. 

“La letteratura minore non è la letteratura d’una lingua minore ma quella che una minoranza fa di una lingua maggiore. Il primo carattere di tale letteratura è che in essa la lingua subisce un forte coefficiente di deterritorializzazione. Kafka definisce in questi termini l’impasse che impedisce agli ebrei di Praga l’accesso alla scrittura e fa della loro letteratura qualcosa di impossibile; l’impossibilità di non scrivere, impossibilità di scrivere in tedesco, impossibilità di scrivere in un’altra lingua… L’impossibilità di scrivere in una lingua diversa dal tedesco è per gli ebrei di Praga il sentimento di una distanza irriducibile rispetto alla primaria territorialità ceca.
Insomma il tedesco di Praga(e di Kafka) è deterritorializzato, adatto a strani usi minori(si veda in un diverso contesto, cosa possono fare i neri con l’americano). La letteratura minore è tutta diversa: l’eseguità del suo spazio fa si che ogni fatto individuale sia immediatamente innestato sulla politica…” La letteratura minore, infine – ed è questo il terzo carattere – tutto assume un valore collettivo.
(Attraversamento di Deleuze e Guattari di Kafka, pp. 27-29.)
I geofilosofi Deleuze e Guattari concepiscono la letteratura dopo l’attraversamento dei testi di Kafka come concatenamento o enunciazione collettiva di un popolo minore con tutta una serie di divenire.
Un divenire molteplice in cui è in gioco la vita, il desiderio e l’evento.
In questo momento in europa si giocano due visioni dell’europa:
una chiusa, spaventata e celebrativa della sua ricchezza economica e culturalmente eurocentrica ed una altra aperta, riflessiva e critica della società delle virtuali e reali abbondanze, empatica verso lo sconosciuto e pronta a confrontarsi anche con la durezza del divenire impetuoso dei migranti.
La prima visione rimanda alla clinica, al socio-patologico, al modo in cui il desiderio delle moltitudini viene piegato e bloccato lungo le linee ormai militarizzate delle frontiere-fortezze di Senghen e nei centri di detenzione per stranieri.
Il Castello-Europa sognato dai migranti come luogo della ricchezza (passaggio imperiale) e dei diritti umani (passaggio umano) si trasforma rapidamente in una reale fortezza kafkiana appena qualcuno dei altri mondi prova ad avvicinarsi alle sue mura virtuali; alla maniera del guardiano-super-io dell’agrimensore del castello di Kafka, il migrante viene bloccato sulla soglia malgrado che le porte siano aperte. Ma qui a bloccare l’accesso al castello non è l’autocensura del super-io dell’agrimensore ma la censura del super-io paranoico degli europei che si interdicono un possibile incontro con lo sconosciuto-migrante.
La seconda visione rimanda invece alla critica, in quanto fa interagire i desideri dei fuori(gli extra-comunitari) con i desideri dei dentro (intra-comunitari), provando così ad inventare nuove lingue e nuove forme di vita europee.
Lingue minori alla maniera di Proust, che come lo leggevano i nostri amici e filosofi Deleuze e Guattari ha saputo inventare una nuova lingua straniera dentro alla lingua francese.
Lingue minori anche alla maniera di Kafka che scrivendo in tedesco ha saputo inventare una nuova lingua tedesca attraversata dalle inquietudini della sua vita, dalla cultura ebraica appresa dalla madre e da quella ceca della sua città.
Lingue queste tutte minori non certo minoritarie.
L’europa minore nel suo divenire-ricombinante degli europei
Nella letteratura minore si iscrivono i movimenti di creazione dei vari divenire della vita e dei desideri.
I movimenti migranti nel divenire europei (flussi migratori) e i movimenti europei nel divenire mondo (flussi degli alterglobal), determinano un doppio movimento fuori-dentro-dentro-fuori, che ricrea nuovi passaggi comunicativi e di ricchezza non solo per l’Europa minore ma anche per i mondi minori attraversati dai flussi bidirezionali.
Il pensiero critico e minore si trova a fronteggiare oggi sia contro gli stati clinici locali e globali euro-americani con le loro guerre umanitarie e sicuritarie, con i loro no-tollerance, con il loro fondamentalismo economico liberista ma anche contro gli stati clinici neo-localisti  e fondamentalisti extraeuropei con il loro terrorismo, con le loro guerre etniche, con le loro segregazioni, con le loro guerre religiose.
Stati clinici psicotici occidentali bloccano i passaggi di vite alle soglie delle loro fortezze, lasciando passare solo degli schiavi a termine di lavoro e stati clinici nevrotici globali mercificano le forme di vita umane e naturali nello loro stressanti borse valori, dove tutto viene ridotto a merce.
Gli aggregati politici, sociali e culturali spontanei dell’Europa-minore e gli aggregati degli altri mondi minori con cui si è in relazione dopo Seattle e Porto Allegre non sono differenze o minoranze irriducibili nell’identità, come qualcuno continua a presentarci mediaticamente nella versione noglobal, ma singolarità comunicanti e disposte alle mutazioni (alterglobal o alterlocal).
L’europaminore non è l’europa delle differenze identitarie alla maniera dei Baschi, dei Bretoni, dei Celti-padani etc o dei vari separatismi) ma neppure l’Europa dei fondamentalismi religiosi in qualsiasi forma si presentino ( cristiani, ebraici, mussulmani, induisti, testimoni di geova etc), economici(liberismi moderati o radicali) o politici(terrorismi, razzismi, nazionalismi, localismi, xenofobia, omofobia).
L’europa minore non è la semplice europa delle differenze ma un’europa complessa delle singolarità comuni (differenza della differenza della differenza).
Ci sono delle differenze date storicamente e dal dominio(classe, genere, etnico etc) ma queste differenze comuni nei loro processi di liberazione(movimenti specifici) danno origine ad altre differenze(singolarità).
E queste singolarità si concatenano con altre singolarità(movimento dei movimenti) per dare vita ad una sfera pubblica comune delle singolarità.
Il dominio globale contemporaneo riconosce solo le differenze sociali, politiche, antropologiche e comunitarie ipostatizzate nella forma del benettonismo, del corporativismo, dei localismi, e dei nazionalismi e le individulità ipostatizzate in forma consumistica ed imprenditoriale ma disconosce qualsiasi forma di singolarità comune che aspiri all’autogoverno locale-comunalista o all’autorganizzazione economica e sociale nella forma della cooperazione politica o nelle pratiche dell’autovalorizzazione.
Singolarità comuni o comuni singolarità che si costituiscano in sfere comuni per ricreare rapporti di cooperazione autonoma al fine di aprire conflitti con i poteri dominanti per creare nuove possibilità di socializzazione della ricchezza socialmente prodotta(reddito), per rendere autonomi e produttivi socialmente i saperi, per lasciare ibridare le culture e permettere a queste di inventare nuove forme di società.
L’europa minore è l’europa delle città autogovernate che immagina e pratica la moltiplicazioni delle forme di vita ricombinate dal desiderio di vita, di una vita.
L’europa minore allude a forme di vita dis/identitarie e dis/topiche.
L’europa minore non è un luogo o un non luogo ma un passaggio,
l’europa minore non ha una identità definita e neppure una identità indefinita ma è una concatenazione comune in divenire creolo o ibrido di singolarità desideranti che si lasciano contaminare dai flussi umani e culturali che vengono dai vari fuori.(altri mondi).
L’europeo in divenire è un europeo complesso, non semplicistico e afasico alla maniera di Bossi –Fini-Berlusconi, è un intra-comunitario-extra (afro-europeo, euro-asiatico, euro-americano etc)
L’europeo in divenire porterà con sé non un segno bloccato(trattino) di separatezza metafisica(extra-comunitario) ma un segno nomade (trattino) di legame complesso(extra-comunitario-intra).
C’è un trattino linguistico che blocca i flussi desideranti di vita (frontiere-fortezze)-/-/–/–/
C’è un trattino linguistico che lascia passare i flussi desideranti di vita (passaggi) —-____——-__
Europa minore immaginata e il suo futuro anteriore
L’europa minore non allude a forme di vita alienate e mercificate dal capitale economico -finanziario .
L’europa minore crea nuovi passaggi di ricchezza tra nord e sud e tra ovest e est, crea nuovi passaggi culturali che ci permettono di pensare un’europa minore ed impensata, un’europa dove la vita scorre dentro di essa.
Nelle frontiere tra l’europa e il mondo, l’europa minore intende far parlare l’indicibilità dei migranti e degli europei in movimento nei due sensi.
L’europa minore immaginata è terra di passaggio, come del resto l’europa è stata nei secoli per gli invasori, i nomadi, i pellegrini e gli umani in cerca di nuove terre.
Tutti questi flussi deterritorializzanti nel bene e nel male hanno permesso all’europa geografica di divenire storia, alla natura europea di divenire cultura europea attraverso quella greca, romana, fenicia, romano-barbarica, normanna, araba, ebrea, asiatica etc.
L’europa e gli europei sono il prodotto di ricombinazioni genetiche e linguistico-culturali disparati.
Se si vuole fare una storia dell’europa, questa storia la si deve riscrivere perché è storia di attraversamenti e contaminazioni.
Testo elaborato da pino de march  per un’azione teatrale di strada dentro all’European Social Forum di Firenze 2001

EVENTI GENNAIO 2014


DEBITO (i primi 5.000 anni)
David Graeber

VIVO EVENTO ANTROPOLOGICO ECONOMICO E POLITICO

Comunimappe propone una lettura collettiva di alcuni stralci significativi del libro che più di ogni altro ha fatto da supporto culturale alle proteste dei movimenti contro la finanziarizzazione del pianeta.

VENERDI’ 24 GENNAIO 2014

c/o HUB via Serra 2/f (dietro il teatro Testoni) Bolognina 

Accorda il dibattito Pino de March
Legge e commenta il libro di Graeber Paolo Bosco
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h. 18.30 – piccolo aperitivo conviviale
h. 19.00 – presentazione, commenti e letture dal libro DEBITO (ed. il Saggiatore)
h. 20.00 – discussione con i presenti
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Approfondimenti:

– Secondo Graeber il problema dei debiti è che averne troppi non solo fa male ma, ancora più importante, rovina la propensione degli esseri umani ad aiutarsi a vicenda.

Biografia. 
David Graeber è un antropologo e un militante anarchico. Ha proposto lo slogan, poi divenuto universale, dove si mette in evidenza la proporzione tra chi detiene nel mondo la ricchezza e chi la subisce (il 99%). Graeber ha contribuito a far diventare “Occupy Wall Street” un movimento globale.
Graeber è diventato un attivista solo dopo le proteste del 1999 contro il vertice dell’organizzazione del commercio (World Trade organization)  di Seattle. A quel tempo era professore associato a Yale, e si rese conto che stava nascendo il movimento a cui aveva sempre desiderato di partecipare.  Per Graeber questo è stato un periodo particolarmente felice. A  New Haven faceva lo studioso,  a New York,  dove passava gran parte del suo tempo, faceva  l’anarchico.  In quell’insieme di militanti, artisti e burloni che si autodefiniva  Direct Action network (rete di  azione diretta) , aveva trovato una nuova comunità.  La pacchia è finita nel 2005, quando Yale gli ha revocato il contratto prima che Graeber potesse concorrere ad una cattedra.  Lui ha presentato ricorso,  ed il suo caso è diventato una causa, non solo nell’Università ma anche all’interno della comunità dei docenti di  antropologia. Graeber sostiene di essere stato preso di mira , almeno in parte a causa del suo attivismo politico. Altri hanno affermato che l’università moderna  è proprio querl genere di organizzazione gerarchica a cui  Graeber si opponeva sul piano filosofico e alla quale era inadatto per temperamento. Oggi Graeber è assistente di antropologia sociale presso la Goldsmith University of London.


Sul libro:

 “ Graeber prova a dare una risposta a molti interrogativi: perché per esempio, pagare i debiti è considerato moralmente doveroso e, al tempo stesso chi presta soldi per vivere è malvisto?  Gli argomenti usati da Graeber lo pongono in aperto contrasto con il pensiero economico dominante, tanto che finora gli economisti lo hanno per lo più ignorato.  Ma per raggiungere un pubblico più vasto non avrebbe potuto scegliere un momento migliore. Il suo libro fornisce infatti un inquadramento intellettuale al movimento che ha contribuito a creare.  La rabbia ancora amorfa dei manifestanti di Zuccotti park  tende a concentrarsi intorno a due elementi: il primo il peso del denaro in politica, l’altro  è il debito: mutui, carte di credito, prestiti agli studenti e, soprattutto,  il diverso trattamento riservato, dopo la crisi finanziaria del 2008 ai debiti delle grandi finaziarie e a quelli dei cittadini.  “il suo è un  pensiero profondo. Graeber studia i movimenti e le rivoluzioni da sempre “, dice Kalle Lasn, fondatore di Adbusters, la rivista anti-consumista canadese che ha lanciato la protesta.   E’ uno capace di chiedersi: “questa cosa che stiamo vivendo è qualcosa come il sessantotto o come la rivoluzione francese? “.  Per Graber, infatti, gli sviluppi attuali si inquadrano in una vicenda più generale: nella storia il debito è servito per controllare i sudditi e le loro risorse, con il solito obiettivo di finanziare le guerre. E quando un numero sufficiente di persone s’indebita troppo, di solito scoppia la rivolta. “

Testo tratto da  Drake Bennett,  BLOOMBERG BUSINESSWEEK , USA,  
( Internazionale –  922 – novembre 2011)


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 PRESENTAZIONE DEL LIBRO


Alex sta dormendo





VENERDI 17 GENNAIO 2014
VIA SERRA 2/F Bologna Bolognina
ORE 18,30 
Aperitivo letterario con l’autrice
Ore 19,00
PRESENTAZIONE  LIBRO con l’autrice Sabrina Leonelli
accordatore pluriverso Pino de March


Questo libro attraversa la vita e la morte, scandagliando con forza sentimenti ed emozioni in un afflato di fiducia e speranza con cui guardare e sentire la propria esistenza e chi ci circonda. E’ il tentativo estremo di non smarrire la bellezza che è dentro di noi e di conservare lo sguardo estasiato e autentico che gli avvenimenti e il tempo possono trasformare in rinuncia. Una storia autobiografica portata alla luce attraverso flash back onirici, in cui si fonde presente e passato, realtà e sensazione, amore per la natura e per gli sport estremi, più che mai capaci di celebrarla, assieme all’esperienza sublime e mistica dell’essere madri.

Frammento:

“questo libro è dedicato ad un uomo che ha attraversato la mia vita, che ho amato e non c’è più.  Vorrei che sapesse che ho pensato a lui in ogni istante della sua costruzione, che lui è dentro ad ogni singola parola, che ho scritto e anche a quello che ho pensato e che restano ancora sospese nell’aria in  attesa di essere catturate, dentro ogni pagina e in ogni spazio lasciato libero dalle parole,  e dai pensieri. Perché lui è in me. Lui ha ispirato questa storia.”

Benvenuto a chi a voglia di entrarci. Ad Alex, mio fratello, comunque e ovunque tu sia.

Sabrina Leonelli è nata a Bologna nel 1968 e risiede a Castel Maggiore.
Ha una laurea in materie letterarie e la fortuna di intraprendere ogni dieci anni 
una professione affascinante: insegnante di scuola dell’infanzia; ufficio stampa, 
responsabile della comunicazione del Comune di Granarolo dell’Emilia, e dal 2009 
gli è stato affidato il servizio biblioteca e cultura.
In qualità di giornalista, ha ricoperto diversi incarichi per enti pubblici e privati, 
e ha curato progetti culturali, di promozione territoriale e sulla sicurezza stradale. 
Attualmente è anche ufficio stampa di Asp Seneca (azienda di servizi alla persona 
dell’Unione comunale Terre d’Acqua, nella provincia di Bologna).
Nella primavera del 2013 un suo racconto di letteratura per ragazzi è stato segnalato 
dalla giuria del Premio letterario Navile di Bologna.
“Alex sta dormendo” è il suo primo romanzo ed è una storia condita in maniera 
prevalente da aspetti autobiografici, che si muove attorno alla figura di Alex, 
morto realmente nel ‘99 in un incidente stradale (il titolo è realmente il messaggio 
da lui registrato nella segreteria telefonica e emblematico nello svilupparsi della 
vicenda). E’ una storia che interseca fantasia e realtà, in un intreccio in cui situazioni 
e suggestioni sono state assemblate dall’autrice, che spesso non ha fatto altro che 
tesserle assieme, perché erano già di fatto elementi narrativi: prodotti dalla vita, che è 
un grande generatore di idee e fantasia.

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PRESENTAZIONE DEL LIBRO

“Non c’è notte tanto lunga che tu non possa camminare ancora nel sole”
di Valerio Giovetti

VENERDI’ 10 GENNAIO H. 18

HUB – VIA G. SERRA 2 G – BOLOGNA Bolognina

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SINTESI
Gianni Michelini, docente di estetica all’Università di Bologna, vive un’esistenza di misurata rassegnazione dopo la tragica perdita della figlia in un incidente d’auto e la conseguente fine del prorio matrimonio. Mentre partecipa come relatore alle discussioni delle tesi di laurea, rimane colpito da una studentessa – Amelia Borghi – che lo incuriosisce per la contegnosa serietà e per il fatto che si presenta completamente sola all’importante appuntamento. Senza altre finalità che quella di dare una risposta alla propria curiosità e sentendosi anche un po’ ridicolo, invita Amelia a prendere un caffè. Ma dopo un inizio di conversazione quasi rilassato, la ragazza sparisce inspiegabilmente lasciando sul tavolino del caffè un anello. Gianni si improvvisa investigatore e tenta di rintracciare Amelia per restituirle l’anello. Nel racconto si innestano veloci flash back nei quali si delinea la storia parallela del rapporto di Gianni con la figlia Anna. Un romanzo all’apparenza introspettivo, che acquista ritmo col procedere della storia ambientata tra l’Emilia Romagna e Venezia. Una scrittura schietta e senza filtri che affronta con distacco e senza falsi moralismi temi ancora “scomodi” in Italia come l’omosessualità di entrambi i generi, o decisamente scabrosi come la pedofilia e le violenze sui minori.
Valerio Giovetti, chi sono:
Sono nato a Bologna il primo di febbraio 1960 e oggi vivo a Imola. Mi sono laureato in Storia contemporanea e successivamente anche in Lingue e letterature straniere all’Università di Bologna, dal 1991 sono insegnante di Lettere presso istituti statali di secondo grado. Tra il 1997 e il 2010 ho insegnato lingua e cultura italiana in varie Università di Stati Uniti, Ecuador e Venezuela. Nel 1995 ho pubblicato il mio primo romanzo “I prigionieri dell’identità” (Synergon, Bologna).

RALLENTARE

Già Ernesto, almeno quarant’anni fa, seduto ad un improbabile tavolino da bar in mezzo ad un traffico automobilistico infernale, faceva notare che la vita moderna logora. Logora la sua essenza lanciata ad alta velocità, logora il mito di arrivare prima di tutti gli altri, logora quella vertigine scambiata per libertà e restituita a chi si precipita in picchiata sull’ultima novità.

 Oggi finalmente in tanti si accorgono del benessere che si può ottenere rallentando. Dal campo dell’alimentazione a quello della conoscenza la lentezza è sinonimo di qualità; anche in economia sono nati movimenti che sostengono la necessità di rallentare, di smettere col cronometrare ogni singola azione finalizzata alla produzione di merci. 

Alla gara competitiva contrapponiamo la passeggiata colloquiale, al pasto veloce una focaccia a lenta lievitazione, ai sommari i capitoli, ai bignamini i tomi, alle versioni ridotte gli originali.

Comunimappe accoglie con entusiasmo l’iniziativa dell’associazione vivere con lentezza. Un incontro sulla lentezza organizzato in collaborazione con l’associazione zona ortiva di via Erbosa.

Venerdì 4 ottobre a partire dalle 17

Via Erbosa 17 – presso la zona ortiva

Chi lo desidera potrà leggere una poesia, un frammento da un romanzo, da un saggio, insomma qualsiasi lettura che ispiri a chi la propone istanze riconducibili alla lentezza, alla visione particolareggiata del mondo.

Siete tutti invitati!!!

Omaggio a Edvino Ugolini e Eddy Kanzian


ALLEGRIA DI NAUFRAGI



REFRIGERIUM  è la denominazione di un rito che ha carattere funerario, si tratta di un banchetto di tradizione antichissima in onore dei defunti. Un gesto che vuol essere al tempo stesso ricordo e propiziazione di eterno gaudio e comunione fra i sopravvissuti e i defunti.

COMUNE RICORDO GIOIOSO  DI 
EDVINO UGOLINI / EDDY KANZIAN – poeti scomparsi la scorsa estate

Lettura di poesie e aperitivo 

LUNEDI’ 23 SETTEMBRE 2013 

DALLE 17 


ZONA ORTIVA – BOLOGNINA 

VIA ERBOSA 

FERMATA AUTOBUS 11 IPPODROMO – ARCOVEGGIO
(Attraversare la strada e prendere a sinistra via F.lli Cervi, in fondo si trova via Erbosa, prendere a destra e continuare oltre il ponte ferroviario fino ad incontrare l’ingresso degli orti).

ALL’EVENTO PARTECIPANO

CARLO BORDINI
LOREDANA MAGAZZENI 
PINO DE MARCH 
ALTRI ED ALTRE 

TEMA
Allegria di naufragi

(verso il 14 febbraio 1917)
E subito riprende
Il viaggio,
come dopo il naufragio
un superstite lupo di mare
(tresto di G. Ungaretti)
allegria di naufragi
Esultanza che l’attimo,  avvenendo,  dà perché fuggitivo,  attimo che soltanto amore può strappare al tempo. [….] E’  il punto dal quale scatta quell’esultanza d’un attimo,  quell’allegria che, quale fonte, non avrà mai se non il sentimento della presenza della morte da scongiurare “  
( Ugaretti, così commenterà  questo paradossale titolo –allegria di naufragi-).
RIFREGERIUM  o Banchetto funerario per Edvino ed Eddy  ?
In questo Refrigerium  o Banchetto funerario poetico  e filosofico  non possiamo non associare Edvino ed Eddy nel nostro comune ricordo   e  questo  Refrigerium  non può non essere gioioso, gioioso come  sono state le  nostre comuni  battaglie condotte da  poeti pacifici contro le passioni tristi,  gli odi e i rancori razziali, le varie fobie e paranoie  sociali – xenofobie, omofobie  e   contro quelle  “nuove” guerre  “democratiche ed umanitarie”  che non sono altro che la continuazione in forma “ di pace armata”  delle classiche guerre neo-coloniali ed neo-imperialiste per riappropriazione delle risorse materiali  da parte delle super-potenze  occidentali (G7) con la complicità dei restanti  (G 20)- strutturati come sovranità imperiali e complici di quelle potenze  banche e multinazionali o transnazionali che tengono  l’umanità in uno stato di permanente miseria  e scarsità  favorendo esclusivamente dipendenze e tossicità  e  gettano il mondo in uno stato di devastazione ambientale.
Guerre che producono morte e sofferenza  a miglia e miglia di persone – in primis bambini, donne, anziani, popolazioni civile  e agli altri esseri viventi, animali e ambienti naturali.
Guerre   che proseguono all’interno  come guerre sicuritarie e xenofobe contro  quei migranti, esuli e popolazioni che fuggono  da quelle periferie sconvolte dalle loro  guerre militari ed economiche; guerre che io, Edvin, Eddy ed altri ed altre – uomini e donne di buoni desideri di vita di una vita – abbiamo osteggiato con tutte le armi della critica, con la parola e i nostri  corpi  sulle strade delle nostre città come per ben sette anni sul sentiero di Rilke,  sentiero tracciato dentro a quel Carso che fu  scenario di morte e di Marte per lunghi anni nella prima  grande guerra; Carso che noi (io ed Edvino) abbiamo ribattezzato scenario di vita e di Venere. Ed Eddy non mancava mai di cooperare nell’organizzazione di questo evento annuale  contro le guerre, di  ricercare contenuti  e critiche sferzanti espresse sempre con leggerezza , di accompagnarci fino all’entrata del sentiero nonostante le sue difficoltà motorie.

Ad Edvino  nomade  e pacifico  poeta di pace, pace non pacificata, pace attiva come giustizia e libertà per popoli di tutte le  periferie dell’Impero-Mondo

Tramonto
(verso il 20 maggio 1916)
Il carnato del cielo
sveglia oasi
al nomade d’amore
(Giuseppe Ungaretti)
Questa volta  – l’ottava –  è mancata la condivisione di entrambi sul tema da dare alla camminata pacifica e dopo una solitaria e  lungo estate di riflessione e di  condiviso dolore,   ho pensato che il migliore tema potesse essere  – ALLEGRIA DI NAUFRAGI – titolo di una raccolta di  testi poetici  prodotti nelle notti, nelle pause  di guerra e nelle trincee di quel Carso campo di Morte  da  parte del nostro  maestro (come ci ha insegnato a riconoscere  ed apostrofare  gli uomini e le donne  portatori di valori e significati esistenziali e socilali Eddy Kanzian) poeta Ungaretti,  come tema di ricordo  e di resistenza  pacifica comune tra vivi e morti e tra compagni – cum panis -intesi nel senso di un altro maestro – tenente  scrittore  Rigoni  Stern, cioè coloro che dividono  fra il pane (ed Eddy direbbde qui anche le rose).
Edvino ed Eddy nelle loro esistenze impegnate civilmente hanno cercato  con intelligenza, con rabbia e con gioia attraverso una  resistenza poetica lunga una vita di portare la poesia nella vita e nella città, di dare forma poetica alla resistenza contro il dominio interconnesso economico-militare-mediatico contemporaneo, domino oggi interconnesso  di soggezione “democratica  e liberista“ di popoli e di individualità attraverso le nuove guerre umanitarie ( o sarebbe meglio definirle queste guerre Pax del G8 o del G20 ) la pace  delle nazioni più industrializzate del pianeta  o dei nuovi dominatori  che i latini chiamavano Pax romana e noi oggi poteremmo chiamarla  la Pace del capitale planetario  economico, civile e militare.
Vorrei iniziare questo banchetto funerario con alcuni frammenti  di emozioni  del poeta amico compagno Edvino Ugolini tratti da raccolta di poesia  Bagliori.
Meditaizoni esistenziali e poetiche  con Edvino Ugolini
Momenti  II
Perdonarsi di essere nati.
….
Illuminare  l’universo con la fantasia.
……
Invecchiare di Poesia.
…….
Inventare nuove parole.
………………
Ma non dimenticare i saggi.
………………………
E continuare  con la poesia di un altro poeta amico e compagno  Eddy Kanzian

IMPORTANTE  E’   FINIRE   BENE
(Testo composto nel luglio del 2012 e letto nel giorno del suo compleanno 13 agosto 2013)

IMPORTANTE   E’  FINIRE BENE
CON DIGNITA’
SENZA TROPPI RIMPINATI
COME NELLA MUSICA
INIZIARE  E’  FACILE
PROSEGUIRE POI
TRA  ALTI  BASSI
PIACERI  DOLORI   EMOZIONI
I RITMI DELLA  VITA
POI VIENE IL TEMPO
DI FINIRE PIU’   IMPEGNATIVO
NIENTE PER SEMPRE
DOBBIAMO ESSERE PREPARATI UN COLPO  DI RULLO
E  SUL PIATTO GRANDIE
LA MUSICA  E’  FINITA
(LA FESTA  APPENA COMINCIATA E’  GIA’  FINITA  )
MA  L’ANIMA  RIPRENDE A SUONARE
IL SUO JAZZ  LE SUE POESIE
NEGLI INFINITI .
Testo donatomi il giorno del suo compleanno (13 agosto 2013)
In quell’occasione ci sorprese tutti e tutte con questo parole che riprovo a ricostruire nella mia memoria : “non ho mai pensato che il personale non fosse politico, che la vita fosse scissa dall’impegno civile, e per
questo sempre anche gli avvenimenti più privati come i complenni sono  stati per me solo dei buoni pretesti per parlare dellesofferenze del mondo e di coloro che il capitale lascia ai margini”;
 inoltre aggiunse lasciandoci tutti e tutte estereffati: “ il tempo che mi resta da vivere si sta  esaurendo,  e restandomi poco tempo da vivere lo voglio vivere intensamente continuando nel mio  costante impegno sociale e di resistenza alle diseguaglianze “; tutti e tutte ci guardammo intorno come increduli a queste sue tragiche rivelazioni  e tutti e tutte avevamo difficoltà a crederci in quanto mostrava  una grande vitalità e spesso anche una realistica ironia provocatoria.  L’ho sentito al telefono durante la primavera scorsa e malgrado la sua condizione di vita stessero precipitando mai a perso la sua voglia di vivere, pensare, lottare e giocare con una saggia  intelligenza esistenziale, come si evidenzia da questo testo sopra riportato (all’amico maestro di vita e di  socialità , pino de march).

promuove evento:
Comuni mappe – libera comune università pluriversità bolognina
associati zona ortiva – bolognina 


info: 



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APPENDICE:


DONAZIONE DEL CORPO PER LA RICERCA MEDICA
Chi si occuperà del nostro corpo dopo la morte?
Perché è così importante sapere come sarà trattato il nostro corpo?
A chi delegheremo il compito del destino del nostro corpo cadavere?
Queste sono le domande assillanti che ci poniamo quando ci troviamo in avanzata età. Non ci fanno più dormire sonni tranquilli non sapere che fine faremo. Per chi ha una famiglia dei figli è più semplice, saranno i nostri eredi ad assumersi la responsabilità di comunicare le volontà per sentito dire o per conoscenza del proprio de cuius sul destino del proprio corpo, ma chi non ha nessun familiare come farà se non ci pensa a prendere delle decisioni in vita?
Per la cremazione infatti funziona proprio così: il familiare di primo grado, se non c’è vanno bene anche i gradi seguenti, fa una semplice dichiarazione di fronte al funzionario del Comune in cui sottoscrive che il parente in vita aveva espresso la volontà di essere cremato e l’autorizzazione alla cremazione viene concessa dal Responsabile del servizio immediatamente senza alcuna indagine e accertamento.
Per donare il nostro corpo per studio, che ha un valore altamente altruistico e di solidarietà per coloro che continueranno a vivere, non è sufficiente la dichiarazione del familiare, ma è necessaria l’espressione della propria volontà. Espressione di consenso di donazione del corpo che dovrà avvenire essenzialmente in vita.
Il Comitato nazionale per la Bioetica istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha approvato recentemente il 19 aprile  e pubblicato il 20 maggio 2013 il parere riguardante la “Donazione del Corpo Post Mortem ai fini di studio e di ricerca”
Il parere riguarda la possibilità di destinare il proprio corpo, dopo la morte, sia ad attività di studio e ricerca, sia a quelle particolari attività didattiche di esercitazione di dissezione anatomica rivolta alla formazione medico-chirurgica di studenti specializzandi e specialisti. Secondo il regio decreto ancora in vigore del 31 agosto 1933, n. 1592 chi è solo e non è richiesto da parenti dopo la morte il proprio corpo è destinato alle indagini e ricerca scientifica, infatti l’art.32 del suddetto decreto recita proprio questo:
“Tutti i cadaveri provenienti dagli ospedali sono sottoposti al riscontro diagnostico. I cadaveri, poi, il cui trasporto non sia fatto a spese dei congiunti compresi nel gruppo familiare fino al sesto grado o da confraternite o sodalizi che possano avere assunto impegno per i trasporti funebri degli associati e quelli provenienti dagli accertamenti medico legali (esclusi i suicidi) che non siano richiesti da congiunti compresi nel detto gruppo familiare, sono riservati all’insegnamento ed alle indagini scientifiche.”
Nel rilevare la valenza etica ed altruistica della donazione del proprio corpo il Comitato Nazionale per la Bioetica sottolinea nel parere la non accettabilità etica di quanto previsto nell’articolo citato. La donazione del proprio corpo pur ispirandosi ad un principio di alto tenore altruistico e di solidarietà deve essere espressione di una libera e consapevole decisione del soggetto, pertanto debba essere rispettato il principio del consenso consapevole e informato del donatore e che il silenzio assenso non possa trovare qui alcuna applicazione. In definitiva il soggetto non può delegare né ai familiari né a rappresentanti la destinazione del proprio corpo morto. Il compito arduo dell’Ufficiale dello stato civile è accertare la volontà espressa dal defunto dell’esplicito consenso  naturalmente in vita circa l’utilizzo del proprio corpo non vitale. Solo ed esclusivamente i corpi cadaveri di coloro che in vita hanno espresso il libero consenso possono essere utilizzati per studio e ricerca e insegnamento ai sensi dell’art. 32 del regio decreto sopra descritto.
Muniamoci di carta e penna ed esprimiamo l’esplicito consenso consapevole e solidale del destino dei nostri corpi non vitali: sguardi sui corpi spirati dopo la vita specifica umana che se ne è andata e da quel momento diventa vita comune e sapere sulla vita dello spirato per ritrovare felicità vivente comune.
Marinella Africano

METTIAMO IN MOTO LA ZUCCA



Mettiamo in moto la zucca potrebbe essere una raccomandazione, il consiglio dato da un padre o una madre, il senso comune portato a sistema per auto-governarsi.

Mettiamo in moto la zucca è un libero comitato nato a Bologna, nel quartiere Bolognina, promosso da un gruppo di genitori preoccupati del cattivo stato del parco della Zucca.

L’inizio di questa storia assomiglia a tanti altri casi simili: prima di tutto appare la parola degrado.

Il parco, come purtroppo avviene in tanti altri luoghi pubblici, rischiava il degrado a causa della scarsa manutenzione; nonostante fosse il luogo dove tanti bambini e genitori vi passano le ore pomeridiane diventava gradualmente meno sicuro. Il taglio alla spesa pubblica riducendo gli interventi rischiava di lasciare questo, come tanti altri luoghi della città, in balia del caso e privo di progettualità. Ad aggravare la situazione la crisi economica e la disoccupazione crescente che colpisce le fasce più deboli e gli immigrati.

Se un parco tende a degradarsi per motivi economici e sociali cosa si può fare per cambiare rotta? 

Alcuni chiederanno più controlli, più polizia. Appello all’apparenza ragionevole. Ma è possibile per qualsiasi amministrazione pubblica soddisfare questa richiesta? E soprattutto, è possibile militarizzare per dare più sicurezza? A guardare negli archivi della ragione (e della storia) la sicurezza militare di un territorio si può dare solo attraverso il coprifuoco. Se le persone che si trovano in giro sono solo coloro che disattendono un provvedimento di coprifuoco, allora è possibile il controllo di quel territorio. In un ambiente dove non circola nessuno, chi lo fa è palesemente un potenziale colpevole.

Altri (ed è il caso dei genitori associati) hanno pensato di usare una strategia opposta: si sono messi in movimento (felice il connubio tra nome del parco e il doppio senso che acquista come nome per associarsi) rimboccandosi le maniche e hanno proposto all’amministrazione di assecondare la loro azione risanatrice. Questo è un caso emblematico di gestione condivisa di un bene comune.

Mettiamo in moto la Zucca ( qui il link ) da oltre un anno promuove insieme alle realtà sociali del territorio iniziative che puntano a rendere fruibile lo spazio pubblico, sicuri i giochi per i bambini, aperta e solidale la fruizione del parco.

ComuniMappe partecipa con un proprio contributo all’iniziativa che si terrà il prossimo


31 maggio

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Una breve cronistoria del comitato Mettiamo in moto la Zucca!
L’idea del comitato Mettiamo in moto la zucca! è nata in un assolato pomeriggio del settembre 2011 quando un piccolo gruppo di cittadini/e del quartiere della Bolognina che da tempo si ritrovavano al Parco con i/le propri/e bambini/e, ha sentito l’esigenza di cominciare a ragionare su come rendere questo piccolo ma prezioso spazio verde un luogo dove fosse sempre più piacevole incontrarsi, giocare, chiacchierare e creare momenti di socialità e condivisone fra tutti e tutte. Ai primi di ottobre abbiamo lanciato l’idea di un incontro pubblico per discutere insieme ad amministratori locali, altre realtà da tempo attive sul territorio (Centro Sociale Montanari, Casaralta Che Si Muove, Museo di Ustica) ed abitanti del quartiere su come valorizzare il Parco.
Nel volantino scrivevamo:
Piuttosto che solo lamentarci del “degrado” e trovare facili capri espiatori, vogliamo rimboccarci le maniche e lavorare insieme affinché il Parco diventi un luogo che sia sempre più piacevole frequentare. Vogliamo partire da piccole cose: la cura del verde, il potenziamento dell’area giochi e dell’arredo del parco (cestini per la raccolta differenziata dei rifiuti, panchine, tavoli per pic-nic …) e l’organizzazione di iniziative, ludiche e culturali, che favoriscano una gioiosa e serena partecipazione di tutti gli abitanti del quartiere alla vita della Zucca.
Ed è da queste “piccole” ma importanti cose che abbiamo cominciato a lavorare, trovando l’adesione entusiasta di altri frequentatori del parco che nel corso dei mesi si sono uniti a noi e l’appoggio di altre realtà attive nel territorio, come il Centro Sociale Montanari e Casaralta Che Si Muove, realtà con le quali il 18 dicembre 2011 abbiamo animato l’iniziativa C’è una zucca sotto l’albero!

Nell’ambito della Festa di Primavera organizzata tutti gli anni dal Centro Sociale Montanari, il 30 aprile 2012 abbiamo organizzato un incontro pubblico con gli amministratori del Quartiere e rappresentanti dell’Ufficio Verde del Comune per porre loro la questione del rinverdimento del Parco.

Il 6 giugno 2012 abbiamo organizzato la prima festa di Mettiamo in moto la Zucca!al Parco della Zucca, in collaborazione con il Centro Sociale Montanarie con il patrocinio del Quartiere Navile. Il ricavato della festa, che ha visto la partecipazione di tantissime famiglie, è stato destinato all’acquisto di nuovi giochi ed arredi per il Parco.
Nel corso del tempo abbiamo potuto contare sulla disponibilità del Quartiere che, nonostante la cronica mancanza di fondi, è venuto incontro ad alcune nostre proposte per migliorare la vivibilità del parco: piccoli interventi di manutenzione su giochi in precarie condizioni, l’ aggiunta di una nuova rastrelliera per le biciclette e soprattutto, in corrispondenza dell’uscita pericolosa su via Ferrarese, la posa di barriere di protezione che hanno molto migliorato in termini di sicurezza la frequenza del parco di genitori con bambini/e. Inoltre a luglio 2012 sono stati collocati nel Parco due nuovi giochi frequentatissimi dai bambini più grandi.

Durante il week-end del 21-22 ottobre 2012 abbiamo organizzato l’iniziativa Streghe, scope e colori, patrocinata dal Quartiere Navile.  Sabato 21 ottobre, nei locali del Centro Sociale Montanarisi è tenuto un laboratorio di streghe: piccole mani di bambini/e aiutate da mani di adulti, hanno impastato, steso, tagliato la pasta per fare delle buonissime streghette poi infornate e portate a casa in deliziosi sacchetti con la ricetta. Il giorno dopo – una bellissima domenica di sole – abbiamo organizzato insieme con Legambiente Bologna una pulizia del Parco della Zucca . Insieme a tanti bambini/e e adulti abbiamo raccolte montagne di cicche, carta, plastica ed anche vetri di bottiglia così pericolosi in un parco in cui bambine e bambini corrono, giustamente spensierati,  senza il timore di poter cadere su oggetti che possono mettere a rischio la loro incolumità. Infine un pranzo conviviale e campestre con tutti/e coloro che hanno accolto il nostro invito ha concluso la giornata.
Dopo la pulizia del Parco abbiamo chiesto al Quartiere e all’Ufficio Verde del Comune di Bologna di verificare la possibilità di installare il più celermente possibile nuovi cestini con posacenere, ed abbiamo dato la disponibilità a contribuire alla spesa attingendo dal ricavato della festa del 6 giugno.

Durante l’inverno 2012-2013 abbiamo proposto e realizzato una serie di laboratori presso lo Spazio Bimbi delle Officine Minganti.

Il 14 aprile 2013 abbiamo organizzato un’altra giornata di pulizia straordinaria del Parco, sempre in collaborazione con LegaAmbiente Bologna.

Infine il 31 maggio abbiamo organizzato, in collborazione con tante altre realtà operanti in Bolognina (Bolognina Sociale, Centro Sociale Monatanari, ComuniMappe, Dojo Equipe, Leggere Strutture, Piazza Grande) una grande festa nel parco che mostra la ricchezza e la vivacità del nostro quartiere.

RESISTENZA E INDIGNAZIONE



Libera Comune Università Pluriversità Bolognina


PRESENTA:

MERCOLEDI 24 APRILE 2013
DALLE ORE 18,00  ALLE 23,45

HUB – VIA SERRA 2/G – Bologna Bolognina


sera-notte di resistenza

come memoria attiva dei processi di liberazione 
sera-notte di indignazione 
come affermazione di dignità 

PROGRAMMA:
DALLE 18 ALLE 20 
LABORATORIO POETICO E FILOSOFICO 
CONVERSAZIONE CON IL POETA CARLO BORDINI:
RESISTERE ED INDIGNARSI  IERI OGGI E DOMANI
“…e se una cosa Carlo Bordini non prevede, questa è la sua scrittura; non ne calcola i benefici istituzionali. E’ il sentirsi scritto (sono scritto). 
esso si coniuga con una irresistibile pulsione autobiografica; i poemetti di Bordini hanno infatti un avvio ed un decorso autobiografico fino al rischio del dolore.
bordini ha sempre cercato dentro ed intorno a sé ..come un moralista, uno spietato  ..cronista del vero.”   
 F. Pontorno 
“un poeta ed un intellettuale che trovi sempre a fianco a te nell’indignazione nell’affermazione delle dignità delle minoranze come delle moltitudini nelle strade e nella reti” . 
P. de March

…a seguire lettura dal poemetto “ma noi mangiamo carne”
Con i Poet*
Pino de March ed Antonella Laterza
(Libera Comune università pluriversità bolognina)
con le poete e i poeti:

Loredana Magazzeni
Serenella Gatti Linares 
Vincenzo Bagnoli
Michela Tura
Anna Zolli 
Leila Falà
per il Gruppo donne e poesia ’98
ed altri/altre 
DALLE 20 ALLE 22 
MUSICA – CIBI AUTO-PRODOTTI – VINI BIOLOGICI 
con STELLA CAPELLINI (musicista e poeta) CANTI POPOLARI E DI RESISTENZA 
DALLE 22 ALLE 23, 45 
BAGLIORI DI RESISTENZA  –  CON POETI POETE E MUSICISTI PARTECIPANTI 
(Se possibile nella piazzetta difronte al teatro Testoni)
PAOLO BOSCO 
– RACCONTO STORICO DELL’ASSALTO DEI FASCISTI A PALAZZO D’ACCURSIO (21 NOVEMBRE 1920)
PINO DE MARCH 
– BIOGRAFIE ANTIFASCISTE: I FRATELLI ROSSELLI
LOREDANA MAGAZZENI 
– AMELIA ROSSELLI, POESIE
MARINELLA AFRICANO 
– LETTERE DELLA RESISTENZA 
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contributi:


Una storia sulle origini del fascismo
Il termine “fascio” aveva un significato importante nel mondo agricolo a cavallo tra otto e novecento, rappresentava una immagine plastica e facilmente intelligibile per le masse contadine analfabete nell’Italia monarchica e liberale. Fascio richiama ad un insieme di steli che proprio nel loro raggruppamento trovano forza e resistenza. L’esempio che veniva proposto nei comizi e nelle adunanze contadine era il seguente: “Prendete un giunco, da solo è debole e si flette facilmente, ma in fascio nessuno può spezzarlo”. Un modo efficace per dire che l’unità fa la forza. Per primi i contadini siciliani ne fecero uso intorno al 1890 in quello che è conosciuto come Il movimento dei fasci siciliani, un movimento di occupazione dei feudi e di mutuo soccorso finalizzato a riscattare millenni di sfruttamento e ingiustizie, in uno spirito genuinamente solidaristico e di ispirazione socialista. I capi del movimento incitavano alla lotta con il detto: “Se divisi siam canaglia stretti in fascio siam potenti.”
Il fascio del 1919/20 ha invece le caratteristiche di una organizzazione militare finalizzata alla difesa degli interessi dei grandi proprietari agricoli del nord Italia. Nasce perché l’aristocrazia proprietaria temeva lo sbilanciamento dello stato verso le rivendicazioni popolari e operaie particolarmente pressanti subito dopo la prima guerra mondiale. In quegli anni la forza proletaria si esprimeva con l’occupazione delle fabbriche e con le agitazioni scaturite dal ritorno dei soldati dal fronte. Il fascismo era dunque già costituito in piccoli nuclei fra i proprietari agrari dell’Alta Italia, che con tale formazione intendevano difendere le loro proprietà dall’invasione dei contadini. Alcuni elementi ex militari, che vedevano con simpatia il costituirsi in fasci delle forze conservatrici, davano volentieri il loro appoggio. Il movimento fascista aveva dunque carattere puramente militare e locale. Erano squadre di aristocratici, di giovani proprietari spinti dall’odio per le masse, timorosi dell’azione del governo che, a loro parere, era incline alla democrazia parlamentare; essi cercavano di avere una forza a propria disposizione da usare contro gli espropri proletari. 
E’ a questo punto che nella grande scena nazionale entra Mussolini.  Agli occhi della borghesia possedeva già un biglietto da visita di tutto rispetto: con il suo giornale aveva appoggiato l’intervento dell’Italia nella guerra, inoltre era stato il protagonista dell’incendio dell’Avanti del 1919. Era nemico dei principali personaggi del movimento socialista, per odio e per febbre di predominio. Nel periodo che precede le elezioni amministrative del 1920 Mussolini e molti rinnegati si orientano decisamente verso la reazione, anzi ne prendono audacemente la direzione politica. Intuiscono che col fascismo avrebbero compiuto la loro ascensione fino ad impossessarsi dello stato. Concepirono il progetto di allargare le basi del fascismo fino a farne una forza politica. Irrobustirono lo squadrismo con l’assoldare elementi violenti anche per specifiche spedizioni, si garantirono l’ascesa con la corruzione e la penetrazione dentro la burocrazia, nei corpi armati, nella giustizia. La borghesia urbana e industriale fu coinvolta nella necessità di organizzare le forze reazionarie e cominciò la tassazione di grosse somme per mettere capitali ingenti a disposizione del nascente fascismo. Da buoni marxisti che applicano all’incontrario le loro competenze seppero muovere le forze reazionarie in modo da polarizzare non solo molti borghesi, ma anche forze proletarie prive di consapevolezza (reduci di guerra, disoccupati ecc.); la base dello squadrismo risultava essere la parte più povera del proletariato, che, come Marx aveva detto, sarebbe stata sempre pronta ad allearsi con la reazione, lasciandosi illudere e ammaliare da promesse vane. 
L’organizzazione originaria era la seguente: alla singola sezione erano iscritti i soci contribuenti, che pagavano una quota fissa mensile e i membri delle squadre d’azione. Il Fascio era diretto da un segretario politico affiancato da un comandante militare dal quale dipendevano i capi delle squadre di azione. Quando occorreva agire le squadre d’azione assoldavano anche altri elementi della malavita, pagandoli profumatamente e utilizzandoli in città diverse da quelle di residenza (ad esempio parecchi malviventi romani hanno fatto gli squadristi in Liguria per periodi più o meno lunghi). La prima importante operazione fascista fu la conquista del basso Po tra il 1920 e il 1921. La scelta dell’Emilia non fu fatta a caso. Impossessarsi dell’Emilia voleva dire colpire uno dei centri più vivaci del socialismo, inoltre permetteva di incunearsi fra il nord e il centro Italia. A Bologna il risentimento degli agrari era più forte che altrove, per il modo violento col quale erano stati colpiti i loro privilegi. Quindi più facili le simpatie borghesi per la repressione violenta. In questo quadro avvennero i fatti di palazzo D’accursio durante i festeggiamenti per l’insediamento della giunta socialista appena eletta. Il programma che i capi della reazione si erano posti era soffocare il socialismo, schiacciare il proletariato, impossessarsi dello Stato. Ma per assolverlo bisognava costruire un organismo militare (le legioni fasciste), coordinare l’azione (il partito fascista), combattere una guerriglia. Tutto ciò causò oltre ventimila morti e migliaia di feriti.
A Bologna gruppi di fascisti minacciarono apertamente di assaltare la camera del lavoro. A difenderla furono raccolti un centinaio di compagni, in parte arrivati in camion da Imola che si asserragliarono dentro armati. Per tre giorni aspettarono eventuali attacchi senza pensare a un servizio di vedette intorno alla sede o nei probabili punti di adunata del fascio. Dirigeva questo gruppo non un capo militare che sentisse tutta la responsabilità dell’azione, ma un deputato, un oratore, affaccendato in mille questioni. Quando poi la difesa armata della camera del lavoro si dimostrò un atto concreto e non sola apparenza, quest’uomo perdette la testa e chiese per telefono l’intervento della questura. I difensori ottennero un primo successo fermando nelle vicinanze della camera del lavoro un tram sul quale scorrazzavano i fascisti. Arrivò infine l’assalto di una pattuglia d’avanguardia fascista, guidata da un oscuro tenente Pappalardo, contro il portone principale ma i compagni li respinsero a colpi di rivoltella. La guardia regia due ore dopo la battaglia circondò l’edificio e iniziò ad arrestare i difensori. 
Alcuni giorni dopo, c’era in programma l’insediamento a palazzo D’accursio del nuovo Consiglio comunale socialista appena eletto, i fascisti dichiararono che lo avrebbero  impedito e diffusero un manifestino nel quale invitavano tutti a starsene a casa. Le sezioni socialiste cittadine allora organizzarono un direttorio per la difesa. Furono portate delle bombe dentro il palazzo, costituite delle squadre di giovani nei quartieri. Ma tutto questo ebbe il difetto dell’improvvisazione. I comandanti non erano degli esperti, né gli uomini ebbero il tempo di esercitarsi. Il piano delle autorità per presidiare la piazza impedì preventivamente l’azione socialista. Alla periferia non fu data alcuna parola d’ordine né fu stabilito alcun collegamento. Appena la prima pattuglia di fascisti arrivati in ordine sparso spezzò i cordoni di cavalleggeri, i socialisti si sbandarono sospinti dalla folla impaurita. Iniziò la sparatoria, anche dall’interno del palazzo partirono colpi d’arma e lanci di bombe a mano. Altri fascisti sopraggiunsero di corsa, inquadrati; infine anche le guardie regie cominciarono il fuoco contro il palazzo. Fu una strage.
Nei giorni seguenti la giunta appena eletta fu sciolta e nominato un prefetto. I socialisti sospesero ogni azione mentre i fascisti imbaldanziti incominciarono la catena di sopraffazioni individuali e le spedizioni punitive, protetti dalla prefettura. Da altre città gruppi di operai chiedevano di essere inviati sul campo della lotta, ma nessuno intendeva coordinare queste forze. Essendosi affermati a Bologna i fascisti si irradiarono nella provincia. Camion carichi d’uomini armati piombavano nei quartieri operai, nei villaggi, specie di notte. Si dividevano in nuclei, incendiavano il circolo, la lega, la cooperativa, uccidevano, ferivano, e fuggivano via subito, tornando alle loro sedi. I proletari mancavano di collegamento, falsi allarmi aumentavano la confusione. Quando i fascisti arrivavano la difesa era impreparata, stanca, insufficiente. 
I fascisti erano strutturati in gruppi di comando e in squadre d’azione, mentre svariati manipoli di uomini assoldati in altre provincie venivano ospitati clandestinamente presso le aziende agrarie; invece i fasci delle città e dei piccoli comuni raccoglievano tutte le forze reazionarie, ne coltivavano i rancori, l’opinione, li indirizzavano contro le organizzazioni operaie e i loro rappresentanti. Avevano costituito un’efficace opera di spionaggio, facevano indagini, segnalavano e anticipavano le mosse degli avversari e davano le dritte alle squadre di fascisti nelle spedizioni punitive. Il tipo d’azione, una volta individuato l’obiettivo e stabilita la capacità di resistenza possibile, consisteva nel piombarvi sopra con forze adeguate a vincere. Per l’operazione gli squadristi avevano armi, munizioni, camion spesso fornite sottomano dalle autorità militari. Se una improvvisa resistenza li sbaragliava, allora sopravveniva la spedizione più grossa, nei casi peggiori intervenivano anche le forze dello Stato.
Da Bologna l’azione fascista si irradiò nel Ferrarese attraverso una propaganda intensa fatta con mezzi vastissimi. Ben presto fu toccata anche la Toscana. A Ferrara i socialisti organizzarono la difesa presidiando i locali pubblici; respinsero in un primo tempo l’assalto fascista alla camera del lavoro, al palazzo della giunta, al comune socialista. L’azione di resistenza sorprese i fascisti, la loro disfatta ne diminuì l’aggressività. In sostegno arrivò l’azione del Governo che impose il disarmo delle due provincie emiliane. S’intende che a deporre le armi fu il solo proletariato. Lo Stato sequestrò in tal modo 5000 fucili, migliaia di rivoltelle, pugnali, baionette, munizioni, bombe, proiettili in grande quantità. Mentre i fascisti conservarono i loro depositi nelle ville dei signori, nei magazzini militari, aumentando così in prepotenza. La loro forza, essendo oramai fatta di molte migliaia di uomini, ringalluzzì i borghesi e coloro che amano stare dalla parte dei vincenti. 
Mentre i maggiorenti del partito socialista rimanevano smarriti, piccoli nuclei di eroici operai, poggiandosi sui centri non attaccati ancora dal fascismo, malgrado i bandi, le morti, gli arresti, le condanne, iniziarono, sotto il vessillo del partito comunista, una audace guerriglia. Nella combattiva Imola gli elementi più agguerriti  si erano costituiti in frazione comunista combattente. I gruppi operai, come norma di combattimento, seguivano la più elementare: contrattaccare i fascisti quando questi si presentavano nei quartieri. I fascisti invece compivano le loro puntate come le pattuglie d’assalto d’un esercito ben organizzato. Lo Stato, che aveva il grosso nei reparti di carabinieri e nelle guardie regie ammassate nei punti strategici, non appena le zuffe si generalizzavano o quando la massa operaia si rivelava combattiva,  intervenivano sferrando attacchi in appoggio dei fascisti.
Dal 1922 la partita si chiude, il ventennio si apre. Lo stato fascista metterà da questo momento le catene ad ogni sogno… ed i sonni si riempiranno di incubi. La storia, come le onde del mare, tornerà a sollevarsi con la lotta di liberazione partigiana… ed ancora la reazione farà stragi; ci sarà la riscossa con la resistenza, il ’48 democristiano, i tentati golpe degli anni ’60 e ’70, le rivolte giovanili dello stesso periodo. Con il dipanarsi di un storia sempre più universale, la reazione tornerà nei panni di Reagan e Margareth Tatcher. L’iper liberismo (reazionario) degli anni ’80 continuerà lo sfruttamento capitalista del lavoro. Lo sbocco finanziario degli anni novanta sposterà lo sfruttamento su un piano virtuale, spersonalizzato, che si abbatte sugli individui sotto le false vesti della libertà di scegliere, in un quadro di precarietà normativizzata.  I partiti di massa e poi quelli delle lobbies nel frattempo si sono inabissati lasciando una realtà che i sociologi definiscono liquida. Una società in cui la comunicazione diffusa rischia di assomigliare ad una censura gestita scientificamente. Rimane comunque il compito di promuovere liberazione, di increspare questa società liquida, evitando che diventi un putrido stagno… Necessita provocare ancora altre mille e mille onde.
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UNIVERSIDAD DE LA TIERRA

A Oaxaca, la capitale dello Stato più meridionale del Messico, Gustavo Esteva e Sergio Beltrán hanno fondato un’università piuttosto bizzarra. 
Nella Universidad de la Tierra non ci sono insegnanti né esami, non ci sono programmi da rispettare né libri definiti da leggere. I ragazzi non rivendicano il diritto di studio ma esercitano la libertà di studiare. 
A Unitierra la conoscenza e la vita di ogni giorno non sono due mondi separati e si prova ad andare oltre l’educazione e il suo rito di iniziazione alla società dello sviluppo. Il sapere ha più valore se non viene certificato ma è una libera relazione con il mondo e con gli altri. La costruzione dell’autonomia è un cammino da percorrere. Per questo Unitierra non è un progetto con un piano prestabilito e degli obiettivi ma un processo di liberazione. 

per approfondire il discorso sarà a Bologna il 10 aprile Gustavo Esteva
Xm24, Via Fioravanti 24 
Antistasis. L’Insurrezione in corso

Presentazione del libro omonimo con l’autore, Gustavo Esteva
Crisi sociale e alternative dal basso: difesa del territorio, beni comuni, convivialità. La degenerazione autoritaria del capitalismo, di cui gli Stati-nazione stanno diventando meri esecutori, rimane inalterata dai sempre più vuoti esiti della democrazia elettorale. Dall’America Latina all’Europa, dal movimento No-Tav alle comunità autonome Zapatiste in Messico, la difesa e riscoperta dei commons, gli ambiti di comunità, come spazi di resistenza e insurrezione, anticipa le alternative e le forme possibili della società in divenire.

– Dalle 19.30 – Aperitivo e cena vegetariana.
– 20.30 – Presentazione e incontro
– 22.30 Concerto Benefit : AlphaSud – Musiche popolari di tradizione orale – Giacomo Bertocchi, Clarinetto 
– Giusi Lumare, Percussioni – Michele Murgioni, Basso Tuba – Salvatore Panu, Fisarmonica – Carmine 

Scianguetta, Flauto.

Il ricavato della serata andrà in sostegno alle attività della Universidad de la Tierra de Oaxaca, Mexico. 
(Organizzano: Rete Ivan Illich, Associazione InterCulture)

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Gustavo Esteva, 76 anni, è attivista sociale e “intellettuale deprofessionalizzato” messicano, cofondatore 

dell’Università della Terra di Oaxaca, diffusore del pensiero di Ivan Illich, consulente dell’EZLN nella stesura 

degli Accordi di San Andrés, partecipante nel 2006 nell’assemblea popolare dei popoli di Oaxaca – APPO. 

E’ autore di vari libri e innumerevoli articoli, attento osservatore delle articolazioni assunte dal capitalismo 
contemporaneo in America Latina e nel mondo, interprete della molteplicità di risposte che dal basso, dai 

movimenti sociali, dal mondo indigeno-campesino e dai marginali urbani, oppongono resistenza e costruiscono 

alternative sociali alle relazioni di potere imposte dal mercato e dallo Stato. 

L’Universidad de la Tierra di Oaxaca da 12 anni è uno spazio di apprendimento libero e di produzione 

autonoma di saperi, radicata nei movimenti sociali, nel fermento delle comunità indigene e nei barrios della 

città di Oaxaca. E’ gratuita, non richiede alcun titolo di studio per potervici accedere, non ha insegnanti. Al 

suo interno si impara collettivamente il cammino per la costruzione di alternative politiche e sociali, sia 

attraverso attività pratiche – dalla comunicazione autonoma delle Radio Comunitarie allo sviluppo di tecnologie 

appropriate (bici-macchine, forni solari, bagni secchi) – sia attraverso la riflessione su politica, istituzioni e 

movimenti sociali, in circoli e seminari.


Esteva sarà a Venezia il 4 aprile, a Torino il 5, in Val di Susa il 6 e 7 matt., di nuovo a Torino il 7 sera, a Milano l’8, a 
Padova il 9, a Bologna il 10, a Lucca 11, a Firenze il 12, a Roma il 13 e il 14. 


(programma completo: QUI)

Per approfondimenti:

INTERVISTA A GUSTAVO ESTEVA

Articolo su Università della terra