IN UNA SPUDORATA MATTINA DI SOLE


foto di Pino de March

Ho appena partecipato a un immenso corteo, e ho scritto su un foglietto le parole che ho letto sui cartelli fatti a mano da migliaia di ragazzini, di studenti, di insegnanti, di mamme e di nonne.

“Fra cinquanta anni voi sarete morti ma non vorremmo esserlo anche noi”

“Salviamo la terra dalle crudeltà umane”

“Se la terra fosse una banca l’avrebbero già salvata”

“Lo smog puzza più delle scoregge” (striscione portato da una scolaresca delle elementari).

“Brucia il padrone non il carbone”

“Chi cavolo è Rita Pavone”

“Cool kids saving hot world”

“What capitalism does not understand is that there is no economy in a dead planet”

“Alziamo la voce non il livello dei mari”

“Ci avete rotto i polmoni”

“Non serve lavorare in un mondo che muore”.

Penso che questo sia l’inizio di un fenomeno assolutamente inedito e destinato a durare nei decenni. Ma già nelle prossime settimane questo evento è destinato a proliferare, a portare sulla scena una nuova generazione culturale. Ma – indipendentemente dai tempi di maturazione di questo movimento, che possono essere lunghi e dolorosi – è bene cominciare a immaginarne le evoluzioni prossime. A questo scopo voglio fissare alcune considerazioni a caldo, mentre gli strilli non hanno ancora smesso di risuonare nelle strade di uno spudorato giorno di sole.

Prima osservazione: il movimento nato dall’azione di una ragazza che non distingue le sfumature ha carattere irreversibile perché ha già creato un senso comune generazionale, e uno stile: lo stile è definito da due gesti.

Primo gesto: I want you to panic. Rifiuto di ogni priorità della ragione politica e della ragion economica, primato all’esplosione panica che permette alla generazione autistica di uscire dal silenzio.

Secondo gesto: O bianco o nero. O abolite subito le cause dell’avvelenamento o non le abolite.

Le decine di milioni di bambini e ragazzini che hanno percorso oggi le strade di centinaia di luoghi urbani, e hanno fatto con le loro mani cartelli e striscioni, hanno iniziato un processo di auto-identificazione culturale che non può dissolversi perché non ha carattere politico ma etico, estetico e culturale.

Seconda osservazione: questo movimento ha carattere assolutamente radicale e anticapitalistico. Anche se la coscienza di questo emergerà nel tempo, l’incompatibilità tra crescita-profitto-competizione e respirazione del polmone collettivo è lampante.

Il Bundestag ha bocciato ieri una proposta di legge che vieta i diesel nei centri cittadini. La politica non sceglierà mai la vita contro il profitto, perché l’orizzonte della politica è il capitalismo. Occorrerà abbandonare a se stessa la politica, disertarla. Occorrerà re-inventare la politica come funzione di abolizione del capitalismo.

Al corteo cui ho partecipato, a Bologna, ho preso nota dei contenuti di decine di cartelli. Solo quattro dicevano: Ambientalismo= anticapitalismo, Destroy capitalism e così via. Solo quattro. Ma la crescita del movimento non potrà che portare alla scoperta che il capitalismo si fonda sulla priorità assoluta e indiscutibile dell’economia di crescita e di profitto. E l’economia di crescita e di profitto è incompatibile con la vita sulla terra.

Il capitalismo è morto e noi viviamo dentro un cadavere, senza trovare la via d’uscita.

Terza osservazione: questo movimento è destinato a scoprire ben presto che la devastazione dell’ambiente è irreversibile, perché le sostanze tossiche si depositano nell’atmosfera nei venti anni successivi alla loro emissione, e perché sono ormai in atto processi di feedback positivo che non si possono interrompere o rovesciare. L’apocalisse non è più evitabile, e questo movimento nasce nell’apocalisse.

Ma tutti i movimenti che hanno cambiato il corso della storia (per esempio il 1968, che ebbe caratteri generazionali molto simili a questo, e che rapidamente si radicalizzò su posizioni anticapitaliste) si propongono inizialmente obiettivi “irrealistici”. Non c’è bisogno di un movimento per realizzare obiettivi realistici, i movimenti nascono proprio per porre all’ordine del giorno l’impossibile, e nella fase di maturazione attivano risorse (intellettuali, tecniche, psichiche, politiche) che non esistevano prima del manifestarsi del movimento.

Questo movimento contiene le energie intellettuali del prossimo passaggio evolutivo, che passerà attraverso lo smantellamento e riprogrammazione della Mega-Macchina.

Questa generazione è nata nella Mega-Macchina, questo movimento le insegnerà come smontarla e riprogrammarla.

Testo di Franco Berardi (Bifo Sepsi)

E DI MARZO DIVENIRE ANIMALE , VEGETALE , UMANO TRANS-NAZIONALE E DONNA TRANS-FEMMINSTA

Testo tratto da “Il triplice minimo e la misura” di Giordano Bruno
La terra è un animale
La terra e qualsiasi altro astro composto da parti eterogenee è un animale;
lo mostrano lo stesso moto ,la vita ed ogni suo atto, come deduciamo dallo spirito, dalla vita e dal moto dell’animale. (negli uragani il suo agitato respiro, nei terremoti l’inquieto esistere, nei vulcani la passionalità che lo abita)

Questa marea gretiana planetaria con la sua empatica partecipazione al vivente, le sue diffuse riflessioni incarnate nei volti, bracci, mani dipinte da nativi  e nei cartelli di cartone riciclato agitati può autodeterminare l’inizio di una nuova individuazione di singolarità e comunanze emergenti con la piena consapevolezza di essere terrestri e parte del vivente.

In questa condivisa pre-visionaria socio-analisi di Franco Berardi non va tralasciato di comprendere lo stato del desiderio divenuto nel nostro tempo tossico che spinge in modo incontrollabile,autodistruttivo e confuso dall’inconscio individuale e collettivo, facendo re-agire noi compulsi antropocenici o abitanti di questa nuova era geologica).

pl. -i
l’era geologica attuale, in cui l’uomo e le sue attività sono le principali cause delle modifiche ambientali e climatiche

Etimologia: ← voce coniata dal chimico olandese premio nobel paul crutzen (1933), comp. di antropo- e -cene.

 E questi indotti bisogni e persuasione occulte si direbbe una volta non sono più tali anzi a tutti e tutte esplicitamente manifesti e desiderati (i loghi sulle magliette o tshirt ne sono una prova come l’albero –abete rosso sitka – il più solo al mondo dell’isola di campbell in Nuova Zelanda attesta il picco dorato o golden spike o l’inizio di nuova era geologica ). Altrettanto evidente in questo tempo liquido e frammentato è la tragica condizione di sussunzione  di larga parte della stessa specie umana ed il resto del vivente come risorsa nella produzione-riproduzione di segni-valore-profitto della sistemica mega-macchina planetaria divenuta un automa apocalittico nel capitalcene, epoca geo-economica ove operano automatismi tardo-capitalisti che orientano incessantemente al valore di scambio in ogni luogo o non luogo del pianeta una ‘distruzione creativa di valori d’uso di corpi d’umani, di terra, di acqua e di aria.

Però tra noi sapiens smarriti e affetti da molteplice dipendenze restano conservate nella mente tracce di memorie, e tra esse indicazioni dell’oracolo scolpite secoli fa a Delfi, che ci può ancora suggerire e guidare come bussola- critica in questo millenario viaggio di conoscenza ed esistenza umana;

noi Ulissi – travolti in tempeste emozionali ed illusioni e trasformati da algoritmi di magiche Circi  in porci-consumisti, anche quando i consumi si contraggono, mutiamo giorno dopo giorno e notte dopo notte in esseri-hubris (arroganti e tracotanti) dentro a passioni tristi e mondi infernali , possiamo spiccare il volo come angeli di Klee-Benjamin spinti da tempeste climatiche (e movimenti ed onde gretiane ) verso un atteso paradiso terrestre, tendendo lo sguardo fisso all’ingiù o al passato del vivente, e  raccogliere significative macerie separandole dalle immondizie che ormai coprono e soffocano l’intero globo, per costruire mondi futuri d’anteriorità (sarà stato che Greta e noi saremmo stati colti da visioni di mondi possibili trans-capitalisti -e trans-nazionali). Per tornare all’oracolo di Delfi è a noi noto il frammento ‘conosci te stesso’ ma non è dato di conoscere un altro frammento che in qualche modo lo completa ‘niente di troppo’; non si tratta però di un’ ingiunzione moralista ma piuttosto di un ricercato e consapevole limite che ognuno deve riscoprire, “non procedendo in modo lineare e per definizioni ma andando a sbattere da una parte all’altra alla maniera di un cane che esplora con metodo geometrico per intervalli e salti” come sosteneva Spinoza nella sua etica, astenendoci dall’ascolto della coppia infernale del despota e del prete, terribili giudici della vita che ci hanno ammalato. Seguendo poi le indicazioni e i suggerimenti di Deleuze attrverso Spinoza, ‘selezionare segni e affetti, come prima condizione per la nascita di un concetto, non implica solo uno sforzo personale che ognuno deve fare di sé(la ragione), ma una lotta passionale, un combattimento affettivo memorabile, con il rischio di morire, in cui i segni affrontano i segni e gli affetti si scontrano con gli affetti, perché si salvi un po’ di gioia di vita e di terra, e ci faccia uscire dall’ombra e cambiare …’.  Noi generazione desiderante che prefiguravamo corpi senza organi con Artaud-Deleuze, sfondando limiti siamo andati cercando e sperimentando per ragioni e  passioni conoscitive oltre ogni confine o limiti imposti dai domini di classe, di genere e di culture e altro di volontaria servitù, trascurando a volte arrogantemente le osservazioni critiche di Lacan (che ci invitava a riflettere su quel ‘niente di troppo’ di memoria delfiana) indicandoci che il desiderio è anche mancanza, non solo affermazione di vita di una vita piena di gioia a cui la metafisica forma platonica ci impediva d’accedere; in questo confuso ed incompreso desiderio si è inserita una macchina mediatica e pubblicitaria distruttiva e tossica che attraverso vetrine ed agenzie territoriali, ed ora anche in modo più complice tracciando profili attraverso calcoli o algoritmi predisposti come trappole dalle  piattaforme virtuali commerciali del capitale post-industriale.  Profili e calcoli che alimentano senza sosta l’incessante produzione-riproduzione, fabbriche di precarietà e schiavitù operano distruzioni creative nelle lunghe periferie-filiere ,  ed un narcisistico consumo-riconoscimento d’effimere identità liquide nei centri metropolitani . Anche Pasolini sosteneva che la televisione aveva generato una neo-lingua e distrutto ogni forma di convivialità e giocosa produzione nelle borgate come nei più remoti paesi di linguaggi –gerghi autentici. Paradossalmente andava sostenendo che la  pubblicità e la televisione avevano distrutti mondi di vita e relazione in modo più scientifico delle truppe nazi-fasciste durante l’occupazione nazi-fascista.

Per Lacan infatti ‘la stessa esperienza del desiderio ipostatizza l’assenza:è l’esperienza di un’insoddisfazione, di una perdita di padronanza, di perdita d’identità”. Nasce in relazione al desiderio dell’altro ma tende ad introdurre una separazione. Alla fine si rivela come desiderio di niente perché nessun oggetto può essere adeguato a soddisfarlo. Ma allora, in certo senso, l’assenza è l’oggetto. Nei termini di Lacan, il desiderio è la metonimia della mancanza-a-essere :il suo motore è la mancanza, l’assenza dell’oggetto, cerca di saturarla ma è nell’impossibilità di farlo.”(Lacan tra presenza e assenza di Sergio Sabbatini)

Dalla super-egoica interdizione/proibizione all’imperativo dominate al godimento illimitato

“Ebbene, ora noi possiamo cogliere come tutto ciò sia in se stesso il sintomo di un’epoca, il sintomo dell’Altro interdittore e proibitore. L’epoca dell’Altro che non è più quello attuale, perchè ora questo Altro non esiste più (E’ stato spazzato via dalle rovuoluzioni culturali che hanno seguito in ondate differenti il ’68 (1968, la priomavera del ’77,il punk, cyberpunk, la Pantera ). Il suo declino, iniziato da molto tempo, è più che mai realizzato. Ora infatti noi siamo confrontati non più con l’Altro sociale della proibizione, ma l’Altro che ci spinge, nel senso opposto, alla soddisfazione, ci spinge e ci impone, in un certo senso, la soddisfazione, ci spinge alla liberazione delle pulsioni e nient’affatto ce lo interdice. Ora la nostra è l’epoca strutturata da questo nuovo super-io, che spinge al godimento, come aveva preannunicato Lacan, già nei primi anni settanta. L’epoca attuale è da questo punto di vista quella in cui la spinta innarrestabile alla soddisfazioni pulsionali più disparate, la spinta ai diritti al godimento di ciascuno installa in seno al sociale una follia generalizzata (una tossicità generalizzata). il sociale mai come oggi è stato investito e segnato al suo interno da questa dimensione, mai come oggi appare frantumato e frammentato dalla spinta ai godimenti particolari e non più limitabili, dai godimenti che la rete discorsiva sociale e le sue istituzioni faticano a contenere. Oggi sulla scia dell’imperativo super-egoico del godimento che prende corpo, sostanza dall’inesitenza dell’Altro proibitore (o per dirla Winnicott che contiene), il nesso tra follia (trasgressione) e libertà, si pone non alla periferia bensì al centro del sociale, dove si manifesta nient’affatto la presenza del limite ma al contrario la follia (l’illimitato, la tossicità) di una pura assenza del limite”. (F.de Andrè: l’anrchia non è solo rompere i limiti ma innanzittutto darsi i propri limiti). Tra parentesi note dell’autore del testo, pino de march), mentre il testo è tratto alle pgg-129-130 da “prospettive di psicoanalisi lacaniana, di M.Mazzotti,edizioni Borla 2009.

 Altre visioni deleuziane quali il divenire animale, vegetale ieri e avantieri donna si potevano percepire nelle empatiche onda gretiane e di non una di meno che hanno attraversato le città di ogni parte del globo terrestre occidentalizzato; questi nostri divenire erano ben espressi con i corpi, cartelli e grida che rimbalzavano da una parte all’altra delle maree. Una messa in discussione della separazione dal vivente e dai corpi che ha caratterizzato grande parte della modernità, denunciato come  grave ‘errore cartesiano’ dal neuro-scienziato portoghese Damasio; separazione che ha prodotto nel corso del tempo un’alienata rappresentazione del vivente e dei corpi, ritenuti a torto res extensa, cosa estesa ed inanimata, un’insieme indistinto di corpi di donne, di nativi, di terra, di animali, di vegetali e d’aria mondi viventi assoggettati ad un dominio coloniale e patriarcale,  antropocentrico ed etnocentrico millenario. Con il  divenire animale, Bruno come Deleuze, riaffermano una inseparabile relazione empatica con quei corpi predati, sottomessi e resi oggetti-cose; il divenire animale o nello specifico gatto signifca gattizzare, o divenire vegetale significa rizomatizzare, divenire donna significa femministizzare. Non più identità chiuse e separate ed alienate, dentro un vortice di sopraffazione e violenza identitaria, ma identità migranti aperte ed interconnesse trans-nazionali e trans-femminste, incarnazioni che rendono soggetti d’amore e di comune appartenenza ogni genere, ogni cultura ed ogni altra specie. Lo scontro tra il Capitale e la specie, lo ha analizzato, dichiarato, combattuto e vissuto in uno scontro mortale fino al suicidio il visionario e situazionale Cesarano in ‘apocalisse e rivoluzione’. Altri ed altre hanno partecipato a questa lotta vitale e culturale è tra questi nostri/e contemporanei vanno menzionalti l’ecologista sociale – murray bookchin e l’ecologia della libertà, e le femministe Angela Davis con il suo concetto-affetto  dell’interconnessioni dei domini e dell’intersezionalità dei dominati/e generi lgibtq,culture minori e migranti, classi sociali subordinate e precarie e di Carla Lonzi con sputiamo su Hegel, che invitava a partire da sé e dalla propria condizione d’oppressione per cogliere poi in modo empatico e chiaro l’oppressione degli altri dominati o dominate.

Divenire gatto per Deleuze ha anche un significato etico, lui stesso si lasciava crescere delle lunghe unghie per manifestare tale immedesimazione, e andava affermando che un’etica nuova doveva  saper ricombinare la selvatichezza del gatto con un etica appagante e sobria spinoziana. Nessuno può stabilire sugli altri tristezza ed afflizione, diminuzione di potenza di gioia, o fare promesse di gioie future dell’al di là, a sacrificio della gioia presente, e tantomeno oscurare il mondo, o estinguere a nostra discrezione antropocentrica-etnocentrica,  di parti di altre culture o di altre specie viventi sulla base di quello che riteniamo oggi utile od inutile. Questa discrezionalità predatoria razzista, ecocida e specista è eticamente inaccettabile. Questo perché siamo con molta probabilità come umanità, oggi prevalentemente predatoria, una realtà emergente dal vivente come tutte le altre specie; ed sistemi di dominazione umana – gerarchia e supremazia -non sono un dato natura, ma imposti da culture antropocentriche, patriarcali, etnocentriche. A noi è dato per cultura eco-femminista ed umana ritrovata il senso di responsabilità, di empatia, e di presa in cura del vivente nella sua complessità e non semplificato nelle visioni separate, dominanti ed identitarie.

 Sentio ergo sum- pino del march

Testo di riflessioni, emozioni e condi-visioni di Pino de March

https://www.facebook.com/pino.demarch/videos/2517782244917587/
filmato postato su facebook di Pino de March

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