Riflessioni critiche intorno alle molte “vibrazioni di pancia” nei commenti social all’ennesimo femminicidio, quello della profuga e pastora etiope Agitu da parte di un suo collaboratore di ascendenza africana.

“Riceviamo la notizia che il sorriso bello ed impegnato della nostra cara Agitu Ideo Gudeta ha smesso di splendere” (Rural Hack)

Breve itinerariodi lotte e progetti eco-sociali ed d’inserimento progressivo di una studente e poi profuga etiope nel tessuto culturale, sociale ed economico del nostro paese.

“Agitu era arrivata a Trento nel 2010 dove era scappata dalle violenze degli scontri in Etiopia e dopo aver ricevuto diverse minacce del governo del suo paese, dove il problema principale era ed è quello del land grabbing (nota zero), gli espropri forzati dei terreni agricoli dei contadini per essere poi dati in mano alle multinazionali, per l’impianto di grosse coltivazioni mono-culturali per prodotti destinati all’esportazione(anche le sottrazione di prodotti di auto-sussistenza delle popolazioni locali).

Ed è proprio da qui che Agitu, assieme ad un gruppo di giovani iniziò la propria lotta per denunciare l”illegalità degli espropri.

Una battaglia che l’ha portata a ricevere minacce ed intimidazioni tanto da costringerla a prendere la decisione di scappare dalla propria terra.

Avendo studiato sociologia a Trento torna in Italia nel 2010 dove viene ospitata da amici, e avendo notato moltissimi terreni in montagna abbandonati comincia ad elaborare un progetto per il recupero (dei medesimi).

E’ riuscita a realizzare le nostre idee d’innovazione rurale, con la costituzione dell’azienda biologica – la capra felice -.

Una innovazione inclusiva, progressista, militante e ricca di senso”.

Testo tratto da Rural Hack (vedi nota 1)

Nel 2017 Agitu dichiarava all’Intenzionale (settimanale) : “L’Etiopia è un paese agricolo e queste politiche del governo riducono alla fame i contadini che sono costretti a lavorare per le multinazionali a 85 centesimi di dollari al giorno.”

Alcuni anni fa Agitu aveva rilasciato altre interviste e tra queste anche a “Il Dolomite”, giornale locale ed indipendente di Trento ed in essa sosteneva:

“Ci sono tantissimi terreni che non vengono coltivati in queste montagne trentine e possono diventare un’occasione importante sia per i giovani migranti ma anche per i ragazzi italiani che stanno cercando lavoro.

Potrebbero mettersi assieme, creare piccole cooperative dove tutti possono offrire le proprie capacità, dalla forza fisica alla propensione al marketing.

E’ un progetto che voglio portare avanti e mi sono già messa al lavoro”.

Penso però che dei migranti non bisogna solo evidenziare l’aspetto passivo della manualità come lascia intendere, ma far risaltare l’apporto attivo di quelle abilità rurali o saperi di coltivazione dei terreni, presenti in popolazioni provenienti da zone del sud del mondo ove l’attività agricola è ancora rilevante.

E riprendendo altre considerazioni e vissuti di Agitu sul – il Dolomite –: “All’inizio le persone che vivevano nelle zone montane non avevano mai visto una ragazza di colore e c’era molta diffidenza ma un può alla volta sono riuscita a conquistare la fiducia di tutti”.

Però l’invidia e il disprezzo di qualcuno serpeggiava tra loro.

“Nonostante fosse amata ormai da un gran numero di persone della comunità dovette spesso subire frasi del genere: – Brutta Negra -, – Voi non potete stare qua, tornatevene al vostro paese -, -devi morire-.

Due anni fa un’aggressione in casa della quale non riuscì a salvarsi, e tanti attentati alla sua azienda agricola e alle sue capre.”
Testo tratto da Rural Hack (vedi nota 1)

Le prime notizie dicono che ad ucciderla sia stato un pastore suo dipendente per motivi economici.

Quello che sconcerta non è solo l’atrocità del delitto “uccisione a martellate con abuso e stupro” ma i commenti sui social molti dei quali riflettono: “dolore intenso”, “tristezza”, “stupenda persona”, “orrore” altri invece pur empatizzando con Agitu, manifestando rabbia e disprezzo verso il colpevole, sia prima che dopo l’accertamento dell’identità del medesimo, fanno emergere una incomprensione delle dinamiche contemporanee che intercorrono nelle relazioni di genere, a volte banalizzandole, altre volte negandone il conflitto e la violenza che le attraversa;

sempre più frequentemente negli ultimi decenni anche nei paesi del nord pianeta,

si sono riaffacciate forme arcaiche di violenza contro donne ed Lgbtqi, femminicidi e omocidi, linciaggi, gogne digitali nel modo di trattare dei “delittti e delle pene” , o forme proiettive, reattive e rancorose in vere proprie vibrazioni di pancia;

e questo avviene nel nostro paese come in quelli dell’Europa continentale ove da tempo s’erano affermati modi critici e dialettici di trattare le questioni di genere, culture e sociali, dalle forme consuetudinarie a quelle formali di riconoscimento di diritti di genere, come l’accettazione d’orientamenti affettivi e sessuali differenti.

Altre espressioni denotano superficialità, fatalità, malvagità e crudeltà maschile, persistente razzialità di visioni colonialiste al nord del mondo, o una non detta arretratezza culturale che coinvolge il maschile del sud del pianeta.

In pochi casi si coglie le perturbanti contraddizione di genere che attraversano il pianeta con impliciti colpi di coda o tentativi espliciti di riproposizioni di culture patriarcali, maschiliste, omofobe e sessiste.

“Non è questione loro” (Fraces Tenti) nè semplicemente di “maledetto merda di uomo” (G.Nicotra)

Ripropongo alcune chat da pagine Facebook non della destra fascista,sovranista e leghista ma tratte dalle pagine del nostro mondo virtuale della sinistra democratica e diffusa indicando in modo contratto “nome, cognome e genere tra parentesi:

G.N (M)

“Questo bastardo deve pagare caro, maledetto merda di uomo, povera donna, che dispiace”.

PDM (M)
“Non solo maschi di merda come molti interpretano i femminicidi , ma soprattutto trattasi di una rinnovata eteronormatività (reale o immaginaria normatività eterosessuale) maschilista.

Il ritorno di consuetudini patriarcali dell’antico “Ius vitae necisque (diritto di vita e di morte), espressione indicante un potere dispositivo assoluto del pater familias. Nel diritto romano era il diritto del pater familias , capo indiscusso (o padre-padrone)di tutto il clan che conservava per tutta la vita con amplissime facoltà insieme ad un potere punitivo che si estendeva finanche della vita e della morte (vitae necisque potestas) su tutti coloro che era soggetti al suo dominio(mogli, figli, schiavi ecc) come quello, se ritenva di venderli come schiavi. Cristallizzando nelle XII Tavole quello che era già l’antico costume tribale.

V.S (M)

“Porci maledetti, razzisti e chi li difende!/!!

A.F (F)

“Un asteroide che ci spazzi via tutti, non c’è niente da salvare”.

M.L.B (F)

Veramente dovrebbe spazzare facendo una selezione e ne troverebbe lo stesso molti”.

L.P (M)

“Troppi merdosi e fassista in Italia”.

F.S (M)

“Maledetti razzisti. In galera a vita”.

K.V. (F)

“Ma quali razzisti?

L’ha uccisa un africano tentando di stuprarla mentre era a terra agonizzante.

Un ghanese di 32 anni”.

P.D.M (M)

“Purtroppo la mano femminicida è riconducibile ad una cultura trasversale sul pianeta maschilista, sessista e patriarcale.”

P.D.M (M)

“Nell’Italia meridionale del dopoguerra ma anche in altre parti d’Italia era consuetudine esercitare un abominevole ‘vendetta malintesa come giustizia’ per offesa a reputazione della famiglia o a soggetti considerati nei fatti possessi-proprietà maschili.

Il delitto d’onore era un reato compiuto da un reo con il fine di tutelare il proprio onore e la propria reputazione, contemplato dal codice penale italiano fino al 1981. (Fino alla riforma del diritto di famiglia del 1975 che ne prevedeva la sua abrogazione (cancellazione).”

“L’omicidio d’onore regolato dall’art. 587 c.p. prevedeva la pena, decisamente clemente , della reclusione da tre a sette anni per chi uccideva il coniuge, la figlia o la sorella “nell’atto in cui ne scopre la legittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onore della sua famiglia”.

La stessa pena era prevista per chi uccideva, in tali circostanze, la persona che si trovava “in illegittima relazione carnale con il coniuge, la figlia o la sorella.”

Il delitto d’onore poteva essere commesso sia da un uomo che da una donna, senza alcuna differenza nel trattamento sanzionatorio. Però nella totalità dei delitti si documentata una prevalenza dei femminicidi sugli omicidi.

Le stesse consuetudini patriarcali e femminicide le troviamo non sanzionate ancora oggi in molte parti del mondo (dal Pakistan, passando per l’Albania, l’Iran, Palestina, paesi asiatici ecc).

A.T (F)

“Quel che è triste che si tratta di femminicidio, e non è trattato come tale”.

“Le prime notizie riferivano sì, che era stata uccisa da un suo collaboratore, dipendente, facendolo sembrare come una questione loro”.

M. B (F)

“L’avevo vista l’anno scorso ad un servizio di Geo&Geo …

Un esempio straordinario d’integrazione.

Mannaggia!.

Avevo pensato che fosse proprio una donna straordinaria.

Fanculo.

Ammazzata a martellate dopo essere stata stuprata, e proprio da un suo collaboratore.

Non è finita la strage di donne?

Non è possibile andare avanti così.

Basta!!

P.M (M)

“Stupenda persona!

Chi è stato abbia il massimo della pena”.

S.Z (M)

“Ergastolo e basta….riposa in pace Gudeta”.

PDM (M)

“Ergastolo. No!

(Se intendete per tutta la vita)

Sì ad una giusta sentenza di condanna. Il carcere nel nostro ordinamento costituzionale ha la funzione non solo di punire e sanzionare il colpevole, ma di far prendere coscienza al detenuto dell’offesa arrecata agli altri/e o per la vita sottratta ad altri/e, e poi per essere avviato a pena scontata, ad un inserimento nella vita civile da civile, e da umano tra umani.

(Ed in questo caso un lavoro analitico con altri uomini violenti e maltrattanti sulla violenza maschilista che li attraversa).

E’ necessario comunque avviare un processo diffuso di autoanalisi tra noi maschi per rimettere in discussione queste pratiche violente e visioni patriarcali che c’abitano”.

A.T (F)

“PDM sei troppo buono!”

G.R (M)

“Beh sì, la rieducazione è una delle funzioni della pena.

P.P (F)

“Che pena rieducativa?

Ergastolo a vita!.”

S.M (F)

“Per che fare?
Hai tolto deliberatamente la vita ad una persona, chi ti deve rieducare?”.

G.R (M)

S.M: Leggiti Beccaria. Non è che a me non vibri la pancia e venga voglia di fargli una sassaiola (linciaggio e lapidazione, sottinteso )

Ma la società civile è un pò più complessa”.

S.M (F):

“No! Non intendo quello (linciaggio e lapidazione), sono anch’io favorevole alla riabilitazione anche su altri campi, ma se uccidi una persona ossia gli togli la vita perchè tu hai deciso così, bé non rimani sempre in carcere a vita.. se poi dopo 30 anni sei un’altra persona allora se ne parla… non è che inneggio alla legge del taglione (dente per dente, occhio per occhio)”.

P.D.M (M)

“P.G in che senso omicidi e ragazzinicidi?”

P.G (M)

“Nel senso che scrivo molte donne usano violenza sugli uomini.. nel senso che esistono ominicidi e femminicidi e ragazzinicidi”.

P.G (M)

“Io forse ho prove”.

P.D.M (M)

“Se sei ancora vivo, questa è la prova casomai dell’esistenza del bullismo, delle prevaricazioni o dell’uso strumentale anaffettivo che possono riguardare anche il “femminile” come tu sotto-intendi, direi rovesciamento in forma modernista “femminile” dell’etero-normatività maschile, e questo ci sta

(ciò che stava sotto viene posto sopra senza cambiare i rapporti di dominio tra i generi),

domini entrambi che restano di natura o cultura primatista patriarcale o paritaria matriarcale ( anche se in molte di queste culture è coadivuata nell’esercizio del potere dalla figura del fratello della madre o dello zio), a differenza invece di quella pacifica matrista, e critica femminista o intersezionale transfemminista ,ove risalta la condivisione nelle relazioni materiali come esistenziali;

tutto si evidenzia nelle tue sofferte parole che esprimono sincera rabbia.

(Pater et mater +arché , parole composte che indicano l’origine del potere-dominio o sistema di antropologico di dominazione delle relazioni).

“Matrista” è invece in – concetto,affetto e percetto – che in qualche guppo di ricerca femminista (area la “Comune” e non solo) utilizza forse avvalendosi delle ricerche di un’antropologa lituana dell’est Europa, Marja Gimbutas, che indica con questa espressione l’esperienza dell’orizzontalità -non violenta e relazionale – delle donne nelle prime neolitiche -culture nell’Europa sud-orientale espansa poi verso Nord ed Ovest (della civiltà della dea).

P.D.M (M)

“Un conto sono le ferite d’amore che ragazze o donne, sanno fendere come gli uomini,

un altro conto sono la somma assoluta dei femminicidi da parte esclusivamente maschile;

non scambiamo esperienze esistenziali traumatiche che possono deprimere, ma molte volte anche aiutano a crescere, con tragici fatti che seppelliscono per sempre ogni esistenza d’amore e di vita possibile”.

P.D.M (M)

“La statistica non mente!”

P.D.M (M)

“Un abbraccio che curi le tue ferite, e come dice un proverbio: -non temere per le porte che si chiudono perché più in là c’è un portone semichiuso che non hai ancora visto o un portone apertissimo- per altre esperienze molto spesso più mature e significative “.

P.D.M (M)

“Esiste sì quello, cioè il bullismo tra le ragazzine come tra i ragazzini, peró questo è un maldestro tentativo delle ragazzine di imitare o superare in modo simmetrico l’inferiorità in cui le ragazzine vengono poste da una società che resta fortemente eteronormata in modo maschilista, in cui spinge i ragazzini a misurarsi fisicamente o muscolosa-mente e le ragazzine a subire, imitare, riconoscere la pre-potenza o il suprematismo dei maschi.”

P.G (M)

“P.D.M. Beh io adoro chi mi insegna cose”.

P.D.M (M)

“Più che insegnare ….io adoro raccontare esperienze, ricercare, fare approfondimenti su tematiche esistenziali e sociali.”

P.G (M)

“Oggi non soffro più .. io parlo dopo che ho sofferto non mentre soffro”.

A.T (F)

“Quel che è triste che si tratta di femminicidio, e non è trattato come tale”.

PDM (M)
“Non solo maschi di merda come molti interpretano i femminicidi , ma soprattutto trattasi di una rinnovata eteronormatività (come normatività eterosessuale) maschilista.

E’ necessario comunque avviare un processo di autoanalisi tra noi maschi per rimettere in discussione queste pratiche violente e visioni patriarcali che c’abitano”.

Negli ultimi anni si sono manifestate in piccoli gruppi una “maschilità consapevole”, un’intellettualità divergente e specifica dalla totalità degli uomini, come minoranza associativa denominatasi: “maschile -plurale” che dichiarano necessario immischiarsi nelle controversie di genere, e non solo limitarsi a solidarizzare con le vittime del femminicidio, ed innanzitutto prendere posizione contro “la cultura patriarcale che caratterizza la nostra società e della necessità di lavoro sugli uomini” e nel contempo analizzare le attuali asimmetriche dinamiche relazionali tra i generi.

Nella ricerca e nell’azione di contrasto alla violenza maschile e di lavoro tra i maschi emergono da tempo ormai riflessioni espresse nelle tracce costituenti di questo gruppo che desidero fare mio e riproporle a tutti i maschi in questa tragica circostanza:

Materiale tratto da Maschile -plurale (Nota 2)
“Fino a poco tempo fa in Italia non c’era nessuna realtà formata da uomini che assistono altri uomini che vogliono attuare un cambiamento, riconoscendosi responsabili degli atti di violenza che hanno commesso, cercando di comprendere loro stessi e capire il perché di questi comportamenti”.

Materiale tratto da Maschile -plurale (Nota 2)

“Maschile Plurale è un’associazione nata ufficialmente nel 2007 da una rete di uomini che già si conoscevano da molti anni e che, in maniera informale, lavoravano sulle tematiche di genere, sulla maschilità, sulle trasformazioni delle relazioni uomo-donna, sulla violenza maschile sulle donne. Nell’estate 2006 c’erano stati molti femminicidi . Da lì è stato lanciato il primo appello pubblico di uomini contro la violenza sulle donne che hanno sottoscritto tantissime persone. Siamo stati i primi uomini ad esprimerci pubblicamente sul tema della trasformazione delle relazioni tra uomini e donne e in particolare sul tema della violenza”.

Materiale tratto da Maschile -plurale (Nota 2)

E in quelli stessi anni al centro sociale “xm-24 ” con un altro compagno Valerio Dondini iniziatatore con me ed altre di “in-quiete-tempeste-poetiche (gruppo trans-poetico, indicante con trans non solo uno specifico orientamento sessuale ed affettivo ma anche una ricerca poetica che coinvolgesse altre espressioni umane nella ricerc-azione(filosofia, arte, musica, danza ecc.) oltre che ad esperimentare forme autogestione ed auto-determinazione culturale, politica e sociale dal basso),

durante il mercatino del giovedi sera abbiamo cercato (tra noi maschi) di sensibilizzare e prendere posizione sull’emergere di violenze maschiliste e sessiste anche in contesti “che non te lo

saresti aspettato” come quello “nostro” della sinsitra diffusa o sociale in città, oltre altrove e prevalentemente nelle “famiglie o coppie di fatto o di diritto”.

Perché l’associazione si chiama Maschile Plurale?
Perché rifiutiamo l’eredità di un’identità sessuale molto rigida, riferita a modelli di genere violenti, non solo nei confronti delle donne, ma anche verso gli uomini, perché certi ambiti di esperienza, di relazione, di rapporto con se stessi e con la sessualità sono da sempre limitati e repressi.”

Materiale tratto da Maschile -plurale (Nota 2)

Maschile Plurale significa quindi rivendicare la ricerca soggettiva di modelli di maschilità differenti da quelli che abbiamo ereditato. Cerchiamo di mettere in discussione i meccanismi del maschile di cui facciamo parte cercando di capire come ognuno di noi nel suo piccolo e nel suo intervento politico può fare questo percorso. Noi per primi che lavoriamo in questo campo non vogliamo sottrarci dal nostro essere uomini e dai meccanismi del maschile che ci riguardano e che vogliamo cambiare.”

Materiale tratto da Maschile -plurale (Nota 2)

La violenza contro le donne nasce dunque dai modelli sessisti e patriarcali che caratterizzano la nostra società?
La violenza maschile contro le donne nasce prevalentemente come risultato di una cultura patriarcale e gerarchica che in qualche modo attribuisce una sorta di differenza di valore alla figura femminile rispetto a quella maschile. Il patriarcato cresce su questa asimmetria, su questa logica che pone l’uomo al di sopra della donna. Da qui hanno preso il via tutte le battaglie per l’uguaglianza dei diritti e la liberazione sessuale.
Il patriarcato ha fondato tutta la sua visione sull’assunto che l’uomo può comandare. Quando parliamo di patriarcato non facciamo riferimento solo agli uomini. Una cultura patriarcale può essere anche abbracciata o fatta propria dalle donne. Penso alle donne che hanno sostenuto la mafia o un modello economico gerarchico. Noi non mettiamo in discussione solo il comportamento degli uomini né siamo femministi, mettiamo piuttosto in discussione un modello, a prescindere da chi poi lo sostiene.”

Materiale tratto da Maschile -plurale (Nota 2)
Come si combatte dunque la violenza contro le donne?
Non basta punire chi commette atti di violenza se non ci si rende conto che questi meccanismi sono dentro ognuno di noi. Spesso anche chi si pone come difensore delle donne ha una concezione asimmetrica del valore dell’uomo e di quello della donna. Se si agisce solo sul contenuto e non sul metodo non si produce un cambiamento. È un meccanismo profondo: se diciamo ad un bambino che non deve essere violento e, nel farlo ci rivolgiamo a lui con violenza, quale messaggio può percepire il piccolo? Il modo è molto più forte del contenuto.”

Materiale tratto da Maschile -plurale (Nota 2)

Bisogna rendersi conto che questo è un tema sociale di cui dobbiamo farci carico tutti, dal privato cittadino alle amministrazioni.

Materiale tratto da Maschile -plurale (Nota 2)

Tranfemminista lo possiamo essere perché tale movimento intreccia le molteplici affinità che desiderano mettere sotto e sopra l’eteronormatività,

che le comprime ed le opprime tutte, partendo da sé o dalle loro specificità e ricerche di autenticità intese come realizzazione della propria soggettività,sessualità ed affettività negata. E l’agire comune non si rivolge solo alle subordinazioni di genere,

ma in modo intersezionali anche altre forme dialienazioni quali quelle:di classe,di “razze” o culture o delle nature (speciste, antropoceniche e capitalceniche)

ed altri aspetti della soggettività negata da forme politiche autoritarie e liberiste-capitaliste(private,burocratiche e tecnocratiche).

Note:

Nota zero:

(da wikipedia:accaparramento di terra, discusso fenomeno economico e geopolitico di acquisizione di terreni agricoli su scala globale, venuto alla ribalta nel primo decennio del XXI sec)

Nota 1:

Che cos’è Rural Hack?

E’ un progetto di ricerca che indaga gli aspetti culturali e tecnologici che legano tra Open Hardware e l’agricoltura.

Lo scopo è quello di rendere la tecnologia (più) accessibile, trasformandola in uno strumento per l’agricoltura, così da permettere agli stessi contadini di creare e modificare progetti o infrastrutture da loro sviluppate.

Open Hardware, così come Open Data, è stato pensato per generare una nuova logica del produttore legata a principi etici e condivisi, evitando così l’abuso delle risorse del territorio e la logica delle licenze.

II workshop di Rural Hack si svolgono in giro per l’Italia e l’Europa in cooperazione con Officine Innesto e Rural Hub.

Nota 2: M.P. -Materiali tratti dal Home Page del sito: www.maschileplurale.it

Testo elaborato e dedicato Agitu Ideo Gudeta di Pino de march

www.comunimappe.org

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