Le mani sulla città – Francesco Rosi

Al terzo tema, che proponiamo per osservare le dinamiche elettorali nate dopo il suffragio universale, dedichiamo una finestra italiana, il celebre film di Francesco Rosi. Non sono però le vicende specifiche narrate nel film ma il loro significato a fare da pretesto per una narrazione storica che vuole indagare sulla osannata volontà popolare che si esprime durante le elezioni. Al tema però serve avvicinarsi con qualche precisazione. Sulla conquista del diritto di esprimersi delle masse, sulla formula “una testa un voto” come momento di emancipazione, non si possono sollevare dubbi; ma è altrettanto indubbio che molto è stato fatto per anestetizzare l’indipendenza di scelta, la possibilità di esprimere giudizi e preferenze frutto di una opinione personale. Gia il film proposto in precedenza (Quinto Potere) mostrava quanto fosse poco autonomo l’orientamento del pubblico legato alla televisione.
In Italia il suffragio universale è stato conquistato con la nascita della Repubblica, ma si è velocemente modificato nella formula della “sovranità limitata”, ovvero il protettorato occidentale contro il rischio comunista. Questo fenomeno, nato in una realtà sociale complessa come è quella italiana, dove una grande varietà di interessi ha affiancato gli aspetti più squisitamente ideali, ha bloccato qualsiasi ipotesi di progresso democratico. All’attivismo del più grande partito comunista dell’occidente si è contrapposto un fitto processo di acquisizione del consenso delle masse popolari attraverso, e non solo, la chiesa e le pratiche familiste.
Un discorso a parte riguarda i sistemi elettorali che sono il vero meccanismo che traduce un certo consenso espresso con il voto in potere legittimato. Ed i sistemi elettorali, come è noto, sono costruiti da ingegneri della politica che hanno piena padronanza dei congegni matematici, delle ripartizioni percentuali, delle dinamiche finalizzate comunque a mantenere una certa idea di partecipazione politica. Difficile immaginare quanto sia garantita, in un tale quadro, l’effettiva volontà popolare. 
Un altro problema sfugge alla osannata volontà popolare espressa nel chiuso delle urne: è il sistema delle alleanze, ovvero tutto il pullulare di accordi sottobanco non privi di lotte incrociate e interessi contrastanti con l’indirizzo complessivo espresso dall’elettorato. Di questo aspetto ci occupiamo con l’aiuto del film di Rosi. 
Non si è mai fatto mistero, nell’Italia repubblicana, della tendenza ad accaparrarsi pacchetti di voti alla stregua di pacchetti azionari. Grazie anche al boom economico, che ha ampliato gli appetiti di molti, il controllo di porzioni di elettorato si è tradotto nella nascita di grandi ricchezze e di gruppi di pressione che hanno se non bloccato almeno anestetizzato qualsiasi forma di trasformazione sociale tramite la volontà degli elettori.
Ci interessa qui sviluppare una riflessione che possa rappresentare un punto di partenza per futuri studi storici: la corrispondenza tra i sistemi elettivi democratici di stampo occidentale e la proprietà privata. Il processo non presenta camuffamenti, anzi risulta evidente la simbiosi tra proprietà privata e democrazia rappresentativa poiché entrambe si poggiano su una precisa idea di individuo. Un individuo che grazie al proprio egoismo garantisce il funzionamento dell’insieme. 
Siamo così arrivati ai giorni nostri, al bivio che contraddistingue gli attuali anni e che  rende oramai palese la necessità di dare vita a forme collettive di protezione di alcuni fondamentali beni comuni. Se la democrazia elettiva ha convissuto perfettamente con una certa idea di proprietà privata, oggi una democrazia partecipata dovrebbe fare da battistrada ad una società dei beni comuni. 
Ne “le mani sulla città” un imprenditore edile chiarisce un principio fondamentale della democrazia elettiva, rivolto ai propri soci dice: “I nostri voti contano, non la bandiera sotto la quale stiamo”. Una affermazione questa valida per dare i contorni alla storia del Novecento e alla democrazia che rimane corretto, al di là delle mode espressive, definire borghese. 

Paolo Bosco

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