Nuove relazioni di genere

Comuni-mappe: Libera comune Università pluriversità Bolognina, presenta:

Nuove relazioni di genere:
crisi, violenza in forma sessista, misogena ed omofoba
per una educazione alle emozioni
e per un soluzione non violenta dei conflitti interpersonali e sociali.
Accompagnamento e cura in primis delle donne violate e matrattate e degli omosessuali e delle lesbiche oggetto di pregiudizio e violenze,
ed in fine accompagnamento e progetti e di cura dei maltrattanti detenuti verso una rigenerazione personale e integrazione sociale.


 
 
Ricerc-azione-cambiamento attraverso
un seminario semestrale e lezioni interattive


 

 
 
Relator*:
Dott. Giuseppe Battaglia Vice-Presidente Istituto Psicoanalitico di orientamento culturale -Fromm -Bologna
 
Dott.ssa Giuditta Creazzo ricercatrice ed autrice di analisi su confilitti di genere e progetti con casa delle donne per protezione e cura delle donne maltrattate e progetti con “maschile plurale” di cura e accompagnamento dei maltrattanti detenuti con politiche sociali ed educative antisessiste ed antiomofobe.
 
Dott.ssa Gabri Covri -della Comune Accademia -Comuni-Mappe -filosofa critica e ricercatrice su : L’amore nella filosofia
 
Dott. Pino de March della Comune Accademia – Comuni-mappe – filosofo critico e ricercatore su: psico-analisi esistenziali, approcci psico-corporei e nuove neuroscienze sociali.
 
 
 
I SEMINARI E LE LEZIONI INTERATTIVE SI SVOLGERANNO PRESSO:
 
– HUB – VIA SERRA 2/F (BOLOGNINA)

VENERDI’ 19 DICEMBRE 2014
dalle 18 alle 20
 
LE VARIE FORME DEL NARCISMO SOCIALE TRA SANE ESTENSIONE DELL’IO AL SE’
E INSANE RESTRIZIONE DEL PROPRIO IO. (2° parte)
Dott. Giuseppe Battaglia
psiconalista e vice-direttore dell’Isituto Fromm di Bologna
 
(approfondimenti in calce)
Prossimi appuntamenti:

Lezioni 2015
1° lezione
16 gennaio 2015
mutazioni e dilatazioni dei generi in forme singolari e plurali
con Renato Busarello
antagonismo gay-cassero di santo stefano
2° lezione
23 gennaio 2015
nuovi ambiti di comunità
per una riflessione sui beni comuni
Zanchetta-del gruppo camminandodomandando
3° lezione
6 febbraio 2015
relazioni erotiche, conflittuali e complesse tra generi
Agnese Solo -sex-shop-

4° lezioni
13 febbraio 2015
Donne Maltrattate e Uomini Maltrattanti
Forme possibili di autodifesa sociale contro la diffusa violenza maschile e per altre forme di relazione tra generi:
– come prendersi cura delle donne maltrattate

– come ritrovare nuove forme di aggregazione maschile e di auto-coscienza 
– come contrastare atteggiamenti di complicità maschile
– come reinserire i maltrattanti in una società mutata.

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Eventi già realizzati:

VENERDI’ 28 NOVEMBRE 2014
dalle 18 alle 20
 
NARCISISMO E RELATIVE PSICOPATOLOGIE SOCIALI (1° parte)
Dott. Giuseppe Battaglia
 
VENERDI’ 5 DICEMBRE 2014
dalle 18 alle 20
 
LE TRE FERITE NARCISISTICHE E LA CRISI DELL’UMANESIMO E DELL’ANTROPOCENTRISMO
Dott. Pino de March
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Approfondimenti:
 
LE VARIE FORME DEL NARCISMO SOCIALE
Introduzione
“L’enorme cambiamento nell’atteggiamento della psicoanalisi verso il narcisismo, avvenuto grosso modo a partire dal 1970 non restringe più la normalità al superamento del narcisismo primario(*) bollando come patologia la sua persistenza [….]
Il narcisismo è oggi considerato da molti come qualcosa che dura tutta la vita e che può assumere modalità sane o patologiche a seconda delle situazioni.”
tratto da autori vari: A. Samuels, B.Shorter, F.Plaut, Dizionario di Psicologia analitica, Cortina, Milano,1987, p.100.
(*)
“narcisismo primario: è concepito come uno stadio intermedio tra -autoerotismo e -alloerotismo, in cui il bambino investe tutta la sua libido su se stesso prima di rivolgerla agli oggetti esterni. Rispetto
all’autoerotismo, dove ciascuna pulsione cerca il proprio appagamento legato al funzionamento di un organo, nel narcisismo primario l’appagamento è ancora autoerotico, ma con riferimento ad un’immagine unificata del proprio corpo o ad un primo abbozzo dell’Io. “
tratto dalle Garzantine -Psicologia – p.676, curata da Umberto Galimberti.
E’ merito di psiconanalisti non ortodossi come Fromm e Marcuse , o non allineati come Kohut o altre donne Psicoanaliste critche come Melain Klein se si comincia a intravvedere e lasciar emergere un dissidente narcisismo- affermativo di sè in relazione creativa con altri sè (peer to peer-tra pari, senza padri).
“il narcisismo marcusiano come legame col tutto, anzichè come separatezza, come possibilità creativa, artistica, panteistica, anzichè come morboso solipsismo, ha oggi varcato la soglia dell’ortodossia psicoanaltica in una data carica d’implicazioni.”
tratto da Klaus Strzyz , Narcisismo e socializzazione, trasformazione sociale ed il mutamento di dati
caratteriali, Feltrinelli, Milano 1981.
Negli anni sessanta e settanta “l’aleatorietà dei rapporti oggettuali e l’incremento di aspettative magiche nel doppio aspetto di dipendenza e diffidenza rispetto allo Stato ha universalizzato i processi narcisistici in parallelo alle nuove forme di produzione e consumo, la psicoanalisi non poteva che allargare i limiti della liceità dell’investimento libidico su se stessi come unica alternativa ad allinearsi su ipotesi di maggioranze devianti”:
Tratto da Heinz Kohut, narcisismo ed analisi di sè, Boringhieri, Torino,1976. e la guarigione del sè, Boringhieri,Torino 1980
“Ma questo nuovo narcisismo è poi così lontano da un auto-investimento dell’io, l’auto-legittimazione, da (di) tutte le forme di pensiero ed organizzazione che rimandano a auto-valutazione, auto-orgnaizzazione, auto-determinazioni, auto-regolazioni, auto-coscienza, che negano poteri di investitura a leggi esterne codificate in rappresentanza della totalizzazione del potere Statale?
Come se impercettibilmente il termine auto’ …., da negativo stesse virando al positivo, nelle accezioni che abbiamo già visto, come il ‘ sii assolutamente fedele a te stesso’ , della controcultura, che sostituisce la negatività esclusiva di ‘autoerotico’, ‘autistico’, ‘autarchico’ ecc.
In collegamento alla rivalutazione del narcisismo altri grossi fenomeni iniziati negli anni precedenti, hanno raggiunto uno sviluppo impensabile, come la psicoterapia delle psicosi che ha strappato queste affezioni da vecchie definizioni come ‘nevrosi narcisistiche’ che, insieme al narcisismo primario, le inchidavano inesorabilmente all’incurabilità, per impossibilità del transfert. Le difficoltà del rapporto terapeutico con la follia sono così passate da lei a noi, alle difficoltà ad accettare proprio l’eccesso di investimenti trasferali, a condividerne l’inriducibilità e l’eversività, la fusione dei contrari come infinita felicità e terrore infinito che sembrano sgorgare senza freni, senso immediato, sommergendo l’io, il rapporto terapeutico. Ma perchè questi processi diventassero capacità di rapporto l’accento si è dovuto spostare dai padri alle madri, su tragitti spesso ostacolati proprio dal patriacalismo dell’ortodossia, e favoriti invece dal lavoro di numerose analiste.”(1)
Freud aveva soppresso la distinzione tra autoerotismo e narcisismo perchè colloca il narcisismo primario ad uno stadio della vita, antecedente alla costituzione dell’Io, il cui modello è la vita intrauterina caratterizzata dalla relativa assenza relazioni oggettuali. Questa considerazione è stata rifiutata daMelain Klein inzitutto perchè il narcisismo come relazione con la propria immagine non può essere pensato in un contesto assolutamente privo di relazioni, e in secondo luogo perché anche il neonato esperisce relazioni oggettuali d’amore e di odio.
“Da qui la rivalutazione dell’empatia, la definizione dei border-line, gli stati intermedi, da accogliere nella terapia empaticamente come madri per poter accedere poi all’uso discriminante, paterno, dell’interpretazione, proprio come per le psicosi, anche se con tecniche diverse. Da qui lo spostarsi dell’accento dall’Io al Sè, pe includere più profondamente gli affetti, l’allargarsi di concetti. Se l’ empatia ci parla di contaminazioni, accoglimento magico, preverbale dell’altro attraverso l’immagine di se stessi, la riscoperta delle madri, l’importanza della simbiosi, allude all’incesto.-
E l’incesto ci porta a Tebe, a Edipo ….
Incesto che la nostra cultura teme come la morte, la regressione, il riassorbimento che rimanda all’indistinto, l’indifferenziazione, il divoramento come antagonista della continuità dll’Io. Incesto come contrapposizione ai nostri valori, al nostro Io allora. Certo, ma al nostro Io, ai nostri valori storici. E l’io matriarcale? (1)
[…….]
Per cui la paura dell’incesto è solo il prodotto del principio patriarcale che deve negare il ritorno al grembo, alla indifferenziazione del non vissuto, dell’inconscio, come perdita di sè e follia. Di questo ci parla Edipo, molto di più che del conflitto col padre. Per questo è stato assunto in cielo, come altri ero, e poi Maria nell’Olimpo cristiano, ma cieco, depotenziato, chiuso nella sua interiorità, colto esclusivamente come regressione, condannato solo a vedere narcisisticamente se stesso senza più vedere il mondo, ma costretto, proprio per questo anche a delegittimarsi. Cieco e depotenziato, dicevo, assunto in cielo per neutralizzare contrari minacciosi e antagonisti, divinizzandoli a patto di snaturarli, come Dioniso….(1)
[…]
Anche Antigone, figlia di Edipo, sangue di Labdacidi è di questo segno, minacciosa. Ma per lei il cielo resta vuoto, non ci sono dei che la proteggono, che la redimono anche a patto di trasfigurarla, sfigurala. Proprio per questo Antigone ritorna secolo dopo secolo: lo spettro dell’eticità della disubbedienza che perseguita l’eticità dello Stato. (1)
[….]
il narcisitico antigonico ‘non tradire te stesso’che dalla controcultura investe il pacifismo e utti gli aspetti non violenti della contestazione ha la stessa base, nucleo,matrice sucui l’estrema irriducibiole opposizione al sistema, allo Stato ha costruito la sua eticità.
[….]
 
E per questo senza togliere nulla alla condanna politica del terrorismo che non può essere che definitiva, perentoria, inequivocabile, per la violenza, il sangue versato, per le distorsioni a cui ha obbiligato l’opposizione al sistema, per l’arroganza di agire in nome delle masse
(qui il narcismo sano come autodeterminazione ed estensione del sè -sfera dei bisogni e dei desideri – diventa narcismo insano di un io egoico -trofo totalizzante- che soffoca ogni possibile affermazione di un sè aperto e cooperante con altri sè in rivolta contro l’interdetto -liberato dalle varie forme di oppressione dall’interno e dall’esterno.)
Ma la condanna politica e comprensione psicologica non sono dello stesso registro. (1)
[…]
Antigone è la continuazione della opposizone cosciente (della perdente ) perchè incarnandosi in una donna rende esplicita, senza maschera la sostanza della violenza che la sovrasta. Il cielo per lei è vuoto perchè nessun dio vuole diffendere la sacralità del suo diritto a seppellire il fratello(terrorista) , perchè gli dei sono tutti, ormai, omologhi alla legge scritta che la condanna. Non ci sono diritti per i vinti. Per questo il suo gesto di testimonianza senza trasfigurazioni: non può esserci pietà per lei come non ce ne stata in migliaia di anni per le madri, le donne uccise.(1)
[..[]
Solo un sistema globale di auto-determinazioni individualmente e universalmente responsabili, liberato per sempre dalla penuria e dai suoi perversi esiti psicologici e normativi, che non necessiti più della violenza della sanzione come unica alternativa all’auto-esclusione perchè in grado di gestire contrattualmente tutte le contraddizioni, non farebbe più tornare la figlia di Edipo. (1)
(1) frammenti tratti da Paolo Trachina, la rinascita delle dee, pp.209-214 -edizioni Metis-1991.
Presentazione a cura di Pino de March, docente e ricercatore della Comune Accademia -Comuni-mappe-
 
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Breve presentazione prime lezioni interattive:
 
LE TRE FERITE NARCISISTE E LA CRISI DELL’UMANESIMO ED ANTRO-POCENTRISMO           

Relaziona Pino de MARCH della Comune Accademia 
– Libera Comune Università Pluriversità Bolognina

“…Freud ha visto bene le implicazioni di questo portare l’inconscio in primo piano quando ha parlato delle tre grandi ferite narcisistiche che il pensiero moderno ha arrecato agli uomini. La prima ferita narcisistica è stata quella inflitta da Copernico: l’uomo non è più al centro dell’universo perché la Terra è semplicemente un pianeta che gira intorno al sole insieme ad altri pianeti; la seconda ferita è stata quella provocata da Darwin, che ha mostrato come l’uomo non sia una creatura che viene direttamente da Dio, ma piuttosto un animale che viene da una filiera biologica, da cui si differenzia per via evolutiva; la terza è che la coscienza non è la sovrana assoluta che voleva la tradizione – e in fondo anche quando noi guardiamo noi stessi, magari per giustificarci, ci rendiamo conto che le cose non stanno così, che c’è tanto di non conosciuto che ci determina e ci guida.”
Umberto Galimberti in Freud, Jung e la psicoanalisi
 

La lezione interattiva – le tre ferite narcisiste e la crisi dell’umanesimo e antropocentrismo- verterà su  un frammento delle lezioni di Sigmund Freud , “effettivamente tenute all’università di Vienna, come professor extraordinarius, tra il 1915-17 (Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse)  (leioni di introduzione alla Psicoanalisi).

Il frammento che sarà oggetto di commento è tratto dalla 18  lezione, parla della scoperta dell’inconscio e racconta di come lui e l’amico psichiatra dinamico(* ) Breuer arrivarono ad essa  attraversando l’isteria delle loro pazienti. Freud e Breur avviarono così il definitivo declino dell’umanesimo e dell’antropocentrismo dominanti, enunciando le tre storiche ferite narcisiste inferte dalla modernità e dalla scienza emergente all’uomo. Per uomo s’intende il maschio prima che la femmina, visto che le donne erano le vittime insconscie del suo dominio patriarcale incotrastato; tra le altre cose le stesse donne pazienti  saranno l’oggetto di un’infintà di terapie (dalla caccia alle streghe degli inquisitori ad una  certa psichiatria ipnotista e organicista. 
Bertha Pappenhein, era tra le  più note pazienti di Freud-Breuer celata sotto lo pseudonimo Anna O (il modo con cui venivano nominati i casi clinici).  
 
(*)Dinamici erano chiamati i medici-psichiatri della fine dell’ottocento  che abbandonavano la  settecentesca pineliana(Pinel è lo psichatra illuminista francese iniziatore della psichiatria determinsta-organicista) visione determinista della malattia mentale spiegata sulla base di una relazione di (causa-effetto) e  anche di quella  organicista  la quale associava ogni malattia del corpo alla patologia di un organo, allo stesso modo le malattie mentali venivano correlate alla patologia del sistema nervoso;  questi psichiatri  dinamici cominciavano ad intuire che i sintomi della cosidetta malattia metale non era associabile per causa ed effetto ad un organo di riferimento ammalato come poteva essere  inteso in quel tempo il cervello ma piuttosto  che  tali sofferenze dipendevano  da una afflizione psichica  o da dinamiche relazionali patogne familiari.
 
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NARCISISMO E RELATIVE PSICOPATOLOGIE SOCIALI
 
ERICH FROMM, da: PSICOANALISI DELL’AMORE , 1964.
A cura del Dottor. Giuseppe Battaglia.
Fromm afferma che: “ la fonte dell’irrazionalità e del male, non è nell’uomo ma nella società, in specie quella contemporanea”. Mette in rilievo tre fenomeni che formano l’aspetto più deviato e pericoloso della vita dell’uomo: “amore per la morte (necrofilia), narcisismo maligno e fissazione simbiotica”. Quest’orientamento, produce la “sindrome narcisistica di decadimento”, che spinge a distruggere per amore della distruzione e ad odiare per odiare, riducendo la coscienza al silenzio. Tutte le forme di autoritarismo in misura diversa, creano dipendenza e rientrano nella “sindrome di decadimento”, all’opposto vi è la “sindrome di crescita”, che promuove l’amore per la vita contro la morte, l’amore per l’uomo contro il narcisismo maligno, la ricerca di indipendenza contro la fissazione simbiotica e l’idolatria. La “sindrome di crescita”, promuove l’essere creativo, lo sviluppo e la democrazia.
Nel narcisista, esistono solo esperienze emotive soggettive, essi non reagiscono realisticamente al mondo esterno come succede nell’illusione paranoica. Paure e sospetti soggettivi nel paranoico si oggettivizzano nel mondo esterno, in tal modo si convince che gli altri sono dei cospiratori contro di lui e allora si predispone alla guerra. La differenza fra paranoico e nevrotico è data dal fatto che il nevrotico, ha paura di essere odiato e perseguitato e lo sa, per il paranoico, tutto ciò è verità, la paranoia è diventata un modello di funzionamento. Esempi storici di personalità narcisistiche collocabili nell’ambito della follia che hanno raggiunto un potere straordinario, sono stati: i faraoni d’Egitto, i cesari di Roma, Hitler, Stalin, ecc. Questi, convinti di essere Dei, hanno esercitato un immenso potere fondato sulla morte, Fromm direbbe che questi erano affetti dalla sindrome di decadimento maligno.
 
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LABORATORIO DI RICERCA SUL SIMBOLO

IL  DIPARTIMENTO DEL FUOCO della COMUNE ACCADEMIA presenta:
LABORATORIO  DI RICERCA SUL SIMBOLO (Lezione / Seminario)


NOVEMBRE 2013


Presso: 
“HUB” – VIA L. SERRA 2/F 
(nei pressi del teatro Testoni alla Bolognina)
Il laboratorio è tenuto dal docente GIUSEPPE BATTAGLIA, vice-presidente dell’ISTITUTO FROMM di Bologna
coordinamento PINO DE MARCH, docente e animatore della COMUNE ACCADEMIA
1° LEZIONE
VENERDI’  15 NOVEMBRE 2013 (h. 18 – 20)
LE ANTROPOLOGIE, LE FILOSOFIE  ED IL  SIMBOLO
2° LEZIONE 

VENERDI’  22  NOVEMBRE 2013 (h. 18 – 20)
LE PSICOANALISI ED IL SIMBOLO
3° LEZIONE 

VENERDI’  29 NOVEMBRE 2013 (h. 18 – 20)
IL CORPO, LE SCIENZE ED IL SIMBOLO
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IL  SIMBOLO  

“Il  simbolo dà a pensare “  I. Kant
Simbolo: parola derivante dal greco Simbàllein che significa “mettere insieme”. Nell’antica  Grecia era diffusa la consuetudine di tagliare in due un anello o qualsiasi oggetto e darne una metà ad un amico ospite. Queste metà conservate dell’una e dell’altra parte, di generazione in generazione, consentivano ai discendenti dei due amici di riconoscersi (nel tempo). Questo segno di riconoscimento si chiamava simbolo. Platone riferendo nel Convivio o Simposio il mito di Zeus che, volendo costringere l’uomo senza distruggerlo (l’uomo che si presentava fin dalle origini nella sua totalità umana in forma di sfera con una testa, due faccie, quattro gambe e quattro mani), l’uomo che aveva osato ribellarsi al suo volere, lo tagliò in due (generando così  tre coppie umane, una coppia omosessuale maschile, una coppia omosessuale femminile ed infine una coppia eterosessuale maschile e femminile); Platone  conclude che da allora “ciascuno di noi è il simbolo di un uomo (Convivio 188-193); la metà che cerca l’altra metà diventa il simbolo corrispondente. 
Il simbolo come il segno è caratterizzato dal rinvio, ciò ha consentito da un lato di includere il simbolo  nell’ordine del segno con un suo corso specifico, dall’altro di opporlo al segno, perché mentre il segno compone in simbolo convenzionale (qualcosa con qualcosa d’altro – aliquid stat pro aliquo – qui esprime presenza), il simbolo invece invocando la sua parte corrispondente rinvia ad una determinata realtà che non è decisa  dalla convenzione, ma dalla ricomposizione di un intero.
(tratto da Voce Simbolo della Garzantina; il testo tra parentesi  è del redattore del medesimo)
IL SIMBOLO NELLE  FILOSOFIE  E NELLE PSICOANALISI

“Una meditazione sui simboli – sia essa quella di Eliade, di Jung o anche di Freud, o quella di Bachelard – insorge ad un certo momento della riflessione,  risponde ad una certa situazione della filosofia, e forse perfino della cultura moderna, che si deve cercare di comprendere. Direi in primis che questo ricorso all’arcaico, al notturno e all’onirico – che è pure, come afferma Bachelard nella Poetica  dello spazio, un accesso al luogo in cui nasce il linguaggio – rappresenta un tentativo per sfuggire alle difficoltà del punto di partenza della filosofia. Ben si conosce la spossante fuga all’indietro del pensiero in cerca della prima verità, e ancor più radicalmente alla ricerca del punto di partenza originario che potrebbe non essere affatto  una prima verità. Si deve forse aver provato la delusione connessa all’idea di filosofia senza presupposti  per accedere alla problematica che abbiamo evocato. Al contrario delle filosofie del punto di partenza, una meditazione sui simboli parte dal pieno del linguaggio e dal senso sempre già presente; essa parte dal linguaggio già esistente, dove tutto è già stato detto in un certo modo: vuole essere il pensiero con tutti i suoi presupposti. Suo primo compito non è cominciare, ma dal centro della parola, ricordarsi di sé. Il  momento storico della filosofia del simbolo è quello dell’oblio ed anche della restaurazione.                           

….        
Questo oblio, lo sappiamo, è la contropartita del compito grandioso di nutrire l’umanità, di soddisfare i bisogni, soggiogando la natura attraverso una tecnica planetaria. E’ l’oscuro riconoscimento di questo oblio (dell’uomo, della natura, dei segni del sacro) che ci spinge e ci incita a restaurare il linguaggio. Nella stessa epoca in cui il linguaggio si fa preciso, più univoco  – in una parola più tecnico – più adatto a quelle formalizzazioni integrali che si chiamano precisamente logica simbolica (parola che equivoca  simbolo),  in questa epoca vogliamo ricaricare il nostro linguaggio, ripartire dal pieno del linguaggio. Anche questo è un portato della modernità: infatti siamo, noi moderni, gli uomini della filologia, dell’esegesi, della fenomenologia della religione, della psicoanalisi.  La stessa epoca sviluppa la possibilità di svuotare il linguaggio e riempirlo di nuovo. Non siamo quindi animati dal rimpianto di Atlantide sprofondata, ma dalla speranza di ricreare il linguaggio.
“Il simbolo dà a pensare“, questa sentenza di Kant che incanta dice due cose: il simbolo dà;  io non pongo il senso, è il simbolo che dà il senso – ma ciò che esso dà è da pensare, è ciò su cui pensare. La sentenza suggerisce quindi, nel medesimo tempo, che tutto è già detto in forma di enigma e tuttavia tutto sempre deve essere cominciato e ricominciato nella dimensione del pensiero. Quel che vorrei sorprendere e comprendere è questa articolazione del pensiero dato a se stesso nel  regno dei simboli e del pensiero ponente e pensante.
Introduzione al testo – il simbolo dà a pensare – edizone Morcelliana – di Paolo De Benedetti.
(MATERIALE ELABORATO DA PINO DE MARCH)
                                                                                                                                                                                                                                                     

TEOLOGIA DEI QUATTRO ELEMENTI

                                                                      La comune accademia di comunimappe-università popolare della bolognina 

propone all’assemblea xm  un’attività di cooperazione culturale territoriale per il 18 ottobre.
AUGUSTO ILLUMINATI
Presentazione del libro La teologia dei quattro elementi  (edizione Mimesis)
Seminario – tema: “Strappare gli elementi alla teologia politica, per un  politeismo del bene comune.”
la presenza di  Augusto Illuminati sarà distribuita su  due giorni a Bologna:
1) primo giorno a Scienze Politiche
2) secondo giorno  nella sala grande  xm
programma

giovedì  17 ottobre 
orario da definire, pmeriggio sera a Scienze Politiche 
tema seminariale: singolarità e comunanza
venerdì  18 ottobre 
dalle 18 alle 20.30
sala grande xm 24
via fioravanti 24
presentazione libro e seminario
temi: liberare gli elementi e strapparli alla teologia politica e per un politeismo  del bene comune
materiale filosofico e politico di anticipazione e riflessione comune


Il politeismo del bene comune

Illuminati presentando il suo sopracitato saggio in un articolo di Alias-il Manifesto -17/11/2012- il politeismo del bene comune – così sintetizza la sua ricerca: ”abbiamo frugato elemento per elemento (d’acqua, d’aria, di fuoco e di terra) per cogliervi il dissidio profondo fra una lettura teologica che li riporta a ombre dell’unico Dio, e metafora dell’onnipotente sovrano politico, e il politeismo che vi legge potenze degli umani e della natura da Lucrezio, a Spinoza, a Goethe. “ e prosegue: “teniamo ora di definire una teologia del politeismo: una festa federale delle singolarità sociali in aggregazione ed in conflitto, non di comunità trasparenti (solo) a se stesse. Federazione di forme di vita come diceva G. Debord alla vigilia del 1968, copresenzaa simultanea di molti tempi federati. Intendendo per forma di vita una condizione definita da una struttura economica e sociale, per esempio dagli effetti debitori e occupazionali della finaziarizzazione, che produce precarietà (materiale,esistenziale e simbolica)…..”
e parecchio più in là..
ciascuna forma di vita ha un suo corredo di passioni gioiose e tristi, una diversa esperienza nel tempo, nel contrarsi del presente e correlativo perso della memoria e delle attese future, assume droghe disparate: varianti inconfrontabili con quelle tradizionali per effetto della corrosione del carattere e della precarizzazione del lavoro che ha reso irreversibili. La condizione precaria si schiaccia nella cittadinanza condizionata e ricattata del migrante, colorate dalla giovinezza, di cui le attitudini neoteniche, sono pretesto di feroce sfruttamento quanto testimonianza della flessibilità dell’animale umano nell’apprendimento prolungato. “ 
A.Illuminati-il politeismo del bene comune, alias-il Manifesto-22-11-2012.


“Il lavoro vivo post-fordista la condizione ein pech (una sfiga per Marx) della precarietà e la traducibilità reciproca delle forme della vita separate
il tocco adolescenziale implica e riproduce l’indole potenziale del lavoro vivo post-fordista, il rischio positivo della dipendenza di masse operaie dal vampiresco apparato del capitale fisso.
..
Nel III millenio, come prima per il lavoratore produttivo, essere giovani è una sfiga, ein pech, come scriveva Marx. La precarietà accomuna cerchie distinte e le mantiene nella separatezza, nel terrore di confondersi e precipitare verso il peggio. La traducibilità reciproca delle forme di vita, condizione per un riscatto dal debito e dalla crisi, rimane virtuale e senza egemonia (capacità gramsciana di influenzare positivamente l’intera società ed orientarla al cambiamento).” 
A.Illuminati-il politeismo del bene comune, alias-il Manifesto-22-11-2012.


La classe operaia nucleo essenziale e gli intellettuali nell’ottocento-novecento come attori dei processi di simbolizzazione (creare valori quali giustizia, libertà e cooperazione solidale) trasformazione radicale della società (rivoluzioni e conflitti capaci di generare nuovi diritti sociali e civili).
Nell’ottocento-novecento essa fu garantita dalla classe operaia delle grandi aziende minoritaria rispetto all’insieme dei lavoratori (artigiani, contadini, braccianti…), ma concentrata e disciplianata dal processo di produzione capitalista di cui costituiva il nucleo essenziale. La rinforzò l’avanguardia organizzata composta da intellettuali di origine borghese e quadri professionali di fabbrica (operai specializzati o di mestiere portatori di conoscenze specifiche ma anche alfabetizzati). Condizione non riproducibile (ora), almeno in occidente, per la frammentazione degli insediamenti industriali e della stessa tecnologia lavorativa (delocalizzazioni, esternalizzazione e lavoro autonomo eterodiretto, automazioni e riduzione della classe operaia di fabbrica s’aggiungono a quanto esposto). Non è semplice sostituirvi una qualche egemonia del precariato organizzato (e degli stessi migranti regolari e clandestini), per il solo fatto di concentrare il tratto comune del lavoro sfruttato. La società della conoscenza (e del cognitariato) si è rivelata nella crisi, una promessa inadempiuta in occidente come in Cina, per non parlare dei diplomes chomeurs (diplomati disoccupati) nel Magreb (le varie primavere arabe o turche nelle perferie mediorientali come le rivolte degli indiganti delle varie occupy nelle metropoli, tra loro interconnessi a livello globale attraverso i differenti social network ha provato forse ha manifestatarsi questa potenza sommersa e frammentata dei nuovi strati precari cognitari del lavoro vivo post-fordista). ).” 
A.Illuminati-il politeismo del bene comune, alias-il Manifesto-22-11-2012.

Disidentificazione e divenire-minore come condizione di assemblaggio di traduzione reciproca
La disidentificazione che accompagna il crollo del sistema sovranità-popolo e al fordismo produttivo precipita nel punto in cui l’oggettività dell’egemonia svela la traccia della sua contingenza, riaprendo il tempo evento della poltica. Il divenire-minore è condizione di un assemblaggio per traduzione reciproca di altre condizioni minori, soprattutto quando la forma di vita che vi si candida contiene intensivamente in sé alcuni tratti epocali e concomitanti di eccedenza e precarietà. L’organizzazione delle lotte storiche (delle classi subalterne ed operaie dei ecoli trascorsi) si radica nell’autodisciplian dei produttori garantita da una filosofia teleologica (finalistica, finalizzata a..), ma in un diverso rapporto con il general intellect (l’intelletto generale o il sapere sociale come prodotto del comune agire e dell’agire in comune ). La candidatura traduttiva e promozionale della frazione più intellettuale del lavoro vivo precario non si condensa in un gruppo sociale: il cognitariato è un soggetto identitario solo nel miraggio capitalistico della società della conoscenza(come capitale umano individualizzato, messo in competizione e al lavoro, sussunto nella rete della cooperazione ‘volontaria o della servitù volontaria “ e nel processo planetario di produzione sociale capitalista).
Politeismo
Politeismo vuole dire tenere distinte e comunicanti le forme della vita, senza accettarle per defenitive, anzi facendole giocare ad un superamento delle condizioni imposte dalla crisi.” Frammenti di A.Illuminati-il politeismo del bene comune, alias-il Manifesto-22-11-2012.
Prosegue:
“ abbiamo ispirato il nostro lucreziano politeismo a Venere, hominum divoque voluptas, che percuote i cuori con la sua forza vitale, v’infonde dolce amore, propagando le generazioni delle stirpi e assopendo le feroci opere della guerra. Rinneghiamo il regno totalitario del commerciante Mercurio (divinità della comunicazione e del commercio oggi inscindibili attraverso la menzogna di una certa pubblicità dominante nei media di massa) che arrichisce pochi banchieri e affama masse prostrate. Resta, ahinoi, Marte, la cui ferocia si accresce con i progressi della tecnologia e la ui presenza nell’agire umano non è agevole abrogare. Ebbe una funzione oggettiva nel portare a realizzazione gli schemi rivoluzionari virtuali dello scorso secolo, a partire dal 1871 (il popolo in armi non è semplicemente una metafora machiavelliana per indicare il legame tra sovranità e popolo in uno stato nazionale, ma una costante dell’agire politico moderno delle masse: la Comune di Parigi (1871), la rivoluzione d’ottobre (1917), le varie comuni europee dell’inzio secolo XX (la Berlino degli spartakisti, il biennio rosso italiano ecc.), la rivoluzione proletaria russa (1917), la rivoluzione sociale e libertaria spagnola (1936). Come escludere che abbia a che fare con il nostro tortuoso presente? Visto che nel segno di Mercurio non riesci a domare la crisi concordando un nuovo equilibrio geopolitico, l’appello di Marte torna a risuonare, come nell’agosto del 1914 e del 1939 (prima e seconda guerra imperialista occidentale), oppure nelle forme più decentrata della seconda metà del secolo trascorso e più di recenti disaventure mesopotamiche ed afgane (guerre globali neocoloniali e neo-imperiali). Un po’ di keynesismo militare non guasta mai per smaltire merci e poveri, mentre si affaccia la tentazazione di utilizzare la residua superiorità tecnologica Usa per ridimensionare pericolosi concorrenti sul nascere e tenere sotto controllo l’immigrazione anche una severa ammonizione a insubordinati e insorgenti cadrebbe a puntino. Se tale sciagurato scenario prevalesse, ogni iniziativa egemonica dal lato delle moltitudini subalterne ne verrebbe qulificata con tratti operativi nuovi ed esiti incerti. Da pagani novelli, interrogheremo gli oracoli, senza trascurare di erigere argini. ).”
A.Illuminati-il politeismo del bene comune, alias-il Manifesto-22-11-2012.

Il politeismo politico di A. Illuminati secondo Fabio Frosini
D’altra parte la teologia in quanto tale, al di là delle sue belle declinazioni, va ripercorsa e criticata, perché essa è potenza ideologica che mobilita energie –dalle passioni alle disquisizioni metafisiche, e le mette tutte in linea, come in una batteria. Ecco allora l’ipotesi di lavoro: “in generale potremmo ipotizzare che la teologia moneteista tende a chiedere l’incompletezza dell’universale, mentre quella poleteista (una nuova mitologia) che lascia sussistere sul piano dell’immaginazione simbolica, dell’ideologia e dunque della politica, cercando un altro tipo di unificazione tra teoria e prassi”. A. Illuminati.
Una qualche unità di teoria e pratica, la teologia è sempre in grado di realizzarla: si tratta di optare spostando l’accento del (non del) teologico verso il mitologico (verso un sapere laico ed antropologico), come in una regressione temporale, e di qui al politico, che in questo modo può riscattarsi da quel ruolo di “agente sotto copertura” che sempre ricopre nel caso ell’uso governativo della religione (considerata in senso machiavellico ixstrumentum regni ). In ogni caso, il lavoro da compiere non è solo sui contenuti, ma sullo stile, la forma insomma lo statuto del discorso teologico. Non mancano del resto, esempi: il frammento di sistema “Hegel-Hoederlin, opportunamente ricordato da Illuminati, continua a metterci dinnanzi alla stessa questione: la verità si definisce non nel muto dialogo del pensatore con l’universale, ma nel nesso politico reale con l’elemento popolare. La questione dunque: scavare dentro la teologia per riscoprire il fondo popolare cioè arcaico nell’immenso patrimonio mitologico e religioso occidentale ed orientale, nell’ipotesi di lavoro che solo moltiuplicando gli universali, questi vengono realmente mondanizzati, non solo come concetto, ma nella concreta pratica collettiva. Il fatto che la cancellazione (o eclissi) storica del partito come avanguardia di classe rimette a nudo una struttura di lunga durata, la religione come quel tessuto culturale, che più estensivamente e intensivamente , collegato le masse popolari: la teologia è il sapiente, astuto discorso strategico che imprigiona e articola questo tessuto e lo costringe a rimodellamenti continui sulla base delle contrastanti esigenze del momento. Il lessico-base della teologia, in quanto si esercita sulla religione, non può che essere allora quello dei quattro elementi, cioè del modo in cui le società indo-europee hanno parlato del mondo, della realtà, e che nonostante tutto, è ancora alla base del nostro vocabolario, quando non adottiamo un approccio settoriale. Se come scriveva Schmitt, “tutti i concetti pregnati della moderna dottrinaq dello stato sono concetti teologici secolarizzati”, allora la dinamica secolare delle cangianti necessità e opportunità politiche riscrive, necessariamente, la teologia stessa. Se il concetto di secoalrizzazione è il luogo di una disputa in cui nulla è mai dato, si comprende come la teologia politica sia la grammaica storicamente più durevoe e ramificata del potere. Dell’opzione poilteista s è detto: è la scelta per l’immanenza, che immediatamente significa il doppio rifiuto della logica della sovranità e di quello della governace, cioè della “variante pastorale”. La genealogia Machiavelli, Goethe, Nietzsche,nel segno di Lucrezio e di Spinoza, è una preziosa fonte di ispirazione, ma non basta. Come essi fecero, occorre praticare l’immanenza, non solamente pensarla. Occorre anzi pensarla in un modo, che sia incompleto senza la sua pratica. Ma in che forma ciò è possibile? Illuminati ripropone a modo suo, una hoelderliniana mitologia della ragione, e la pratica avventurandosi in questa “artigianale Elementatio thelogica”. La scorreria compiuta attraverso acqua, aria, terra e fuoco non può essere qui ricostruita , se non sommi capi e nel suo significato generale. Si tratta, banalmente di riappropiarci del mondo, ma non di un supposto mondo vergine al di qua della storia, bensì proprio del mondo, come è stato pensato, detto e governato sotto il prisma di ciascuno dei quattro elementi, arricchito e riformulato continuamente, secondo un sistema aperto di rinvii reciproci che cancellano in radice l’antitesi tra natura e cultira, tra spontaneità e potere. Dentro ogni elemento, la teologia politica, per controllare le spinte dei subalterni, ha inscritto elementi reciprocamente irrideucibili,stravolgendoli ma anche in certo modo salvandoli, per cui la storia degli elementi è anche la dimostrazione dell’inesauribilità del conflitto”. 

(F.Frosini: liberare gli elementi e strapparli alla teologia, alias il manifesto.)

Acqua
Così l’acqua è l’immagine del diritto di natura da Spinoza opposto alla chiusura del potere, è la fluctuatio animi rispetto alla ragione, ma anche il simbolo del dominio imperiale sui mari e, allo stesso tempo, della pirateria che a ciò si ribella dall’interno. E’ distribuzione democratica della vita ma anhe messa a regimee controllo di essa. F.Frosini: liberare gli elementi e strapparli alla teologia, alias il manifesto

Terra
La terra, come chora irriducucibile al discorso del logos, riemerge come territorio da spezzettare e da colonizzare, che però sempre i nuovo rivendica la propria unitariertà e comunitareità nei tumuliti condotti in nome di un altro diritto (di nuovo Spinoza). F.Frosini: liberare gli elementi e strapparli alla teologia, alias il manifesto.

Aria
L’aria (accomunata all’etere) è metafora della volatilità e della modernità, e dunque allo stesso tempo, del potere diffuso e dei modi per eluderlo: dalla totalizzazione dello spazio grazie alla cibernetica, all’articolazione materiale del conflitto nelle ricadute praticeh del General Intellect (per K. Marx, sapere sociale prodotto dal lavoro vivo nel corso el tempo). F.Frosini: liberare gli elementi e strapparli alla teologia, alias il manifesto.

Fuoco
Il fuoco, infine, allo stesso tempo è umile fiamma che riscalda, cuoce, conforta o rogo che annienta infedeli ed eretici; è simbolo manifesto dell’universale a anche, molto più banalmente, “contorno teatrale” del ctumulto come alternativa alla spettacolare fiammata rivluzionaria purificatrice. 

(F.Frosini: liberare gli elementi e strapparli alla teologia, alias il manifesto.)

FRAMMENTATE RIFLESSIONI POETICHE E FILOSOFICHE

Materiali per progettare attività di ricerca e conoscenza, pratiche sociali per le prossime quattro stagioni della Comune Accademia
Concatenazioni indignate gioiose di apocalissi
E subito riprende
Il viaggio
Come dopo il naufragio
Un superstite
Lupo di mare
(Allegria di naufragi – Ungaretti) verso il 14 febbraio 1917, inteso nella notte tra il 13 ed il 14



1
Indignazione e passioni gioiose
Dentro l’apocalisse contemporaneo solo l’indignazione, è capace di tradurre le rabbie e le passioni tristi che il sistema coattamente riproduce in percorsi e progetti di metamorfosi gioiose , in empatiche e simpatiche relazioni umane (istituzioni costituenti aggregazioni sociali in senso humiano) perché il continuare ad attardarsi in passive attese di un di là paradisiaco (rassegnazione) , o in un al di qua di attesa di un ritorno a una perduta età dell’oro (ghetti dorati) o incattivirsi in infernali e disperate forme scettiche ciniche pulsioni autodistruttive (chiuse nella loro indifferenza, cinismo, passioni tristi rancorose) o peggio ancora chiudersi in se stessi (narcisismo o edonismo individualista) non ci porta lontano da possibili mutazioni e trasformazioni capaci di affermare vitalità comuni e singolari.
2
Macerie su macerie verso il futuro anteriore

Metamorfosi mito-poietiche generanti mutazioni che ricombinano pazientemente e  
gioiosamente macerie su macerie in forme comuni singolari.
“c’è un quadro di Klee che si intitola Angelus Novus.  Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e la rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.” 
(W. Benjamin, tesi 9 della filosofia della storia)
3
Sviluppo contro progresso

Metamorfosi come generazioni di nuove forme valoriali e simboliche, politeiste affermazione di pluralità di valori e di società, erotiche (non intese in senso banale e riduzionista sessuale) pratiche di vita per salvare le cose amate dall’apocalisse capitalista sviluppista e consumista (economica e dietetica) e dal genocidio antropologico.
Il genocidio delle lucciole
“questa riflessione giunge al culmine in articolo destinato ad apparire sul “Corriere della Sera” tre anni dopo, “il vuoto del potere in Italia” (noto come l’articolo delle lucciole”) e che sarà incluso negli scritti corsari insieme ad altri testi …
L’”articolo delle lucciole” scatena un’enorme polemica politica , perché in esso Pasolini inaugura un concetto storiograficamente errato, ma profondamente efficace dal punto di vista euristico (della ricerca o dell’ipotesi assunta come idea direttrice nella ricerca) : quella di “regime democrstiano “, dove regime, naturalmente , non va inteso in senso politologico…..rispondono a questa lettura della realtà politica italiana (in modo polemico) anche molti altri intellettuali (oltre ad Andreotti che rivedica le notevoli trasformazioni avvenute in Italia negli ultimi trent’anni), tra cui Augusto del Noce, Roberto Guiducci nonché Franco Fortini sull’”Europeo”, quasi tutti per manifestare il proprio disaccordo sull’interpretazione della storia italiana e della crisi delle classi dirigenti proposta da Pasolini.
Fin dall’inizio dell’immediato secondo dopoguerra Pasolini aveva intrapreso una dura critica nei confronti del gruppo letterario che si stava raccogliendo attorno a Elio Vittorini e Franco Fortini, giudicando il loro lavoro troppo immediatamente propagandistico sul piano politico, e quindi scarsamente autonomo rispetto alle tendenze neocapitalistiche anche sul piano linguistico: era una resa alle posizioni del neocapitalismo in poesia, una letteratura affetta da sociologismo e rispecchiamento neorealistico, dal rifiuto dell’immaginario, dall’esaltazione del nuovo e della nuova società industriale.
“nei primi anni sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria, e soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua […] sono cominciate a scomparire le lucciole.
Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante.
Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più.
Sono un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia tale ricordo, non può non riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta.”
La scomparsa delle lucciole decreta la fine di ogni illusione; in tono leropardiano, la gioventù è sparita anche nel rispecchiamento della nuova gioventù, in ciò Pasolini coglie l’avvicinarsi della vecchia.
“quel “qualcosa “ che accaduto una decina di anni fa lo chiamerò dunque “scomparsa delle lucciole”. A far scomparire le lucciole è il regime politico.
Sono sempre la società e la politca a determinare i grandi mutamenti economici. L’economia non si spiega mai di per se stessa, non è autoreferenziale.
 “Il regime democristiano ha avuto due fasi assolutamente distinte, che non solo non si possono confrontare tra loro, implicandone una certa continuità, ma addirittura storicamente incommensurabili.
La prima fase di tale regime (come giustamente hanno sempre insistito a chiamarli i radicali) è quella che va dalla fine della guerra alla scomparsa delle lucciole, la seconda fase è quella che va dalla scomparsa delle lucciole ad oggi.
Qui Pasolini introduce, come accennavamo prima , una categoria storiografica errata, e tuttavia interessante: la continuità tra regime fascista e regime repubblicano[…] . in realtà, questo passaggio ha creato una forte discontinuità sia a livello politico sia a livello economico, sebbene alcuni dei vecchi poteri siano rimasti intatti. Bisogna considerare che esistono diverse forme di capitalismo: la gestione dittatoriale del capitalismo da parte del fascismo, la dittatura della borghesia, ed un capitalismo o più capitlaismi gestiti attraverso la democrazia parlamentare. [..] la seconda fase “si apre dunque con la scomparsa delle lucciole: “in questo periodo la distinzione tra fascismo e fascismo operata sul “Politecnico” poteva ache funzionare. Infatti sia il grande paese che si stava formando dentro il paese –cioè la massa operaia e contadina organizzata dal Pci sia gli intellettuali più anziani e critici, non si erano accorti che “le lucciole stavano scomparendo”. Nessuno poteva sospettare la realtà storica che sarebbe stato l’immediato futuro: né identificare quello che allora si chaimava “benessere” con lo “sviluppo” che avrebbe dovuto realizzare in Italia per la prima volta pienamente il “genocidio” di cui nel Manifesto del Partito Comunista –uno dei più acuti testi di analisi politoco-filosofica, insieme a Che cos’è il terzo stato di Sieyès (1789) e alla Costituzione degli Stati Uniti d’America (1787)-, il genocidio storicamente progressivo è quello delle culture particolari, su cui Marx ed Englels esprimono un giudizio darwinamente positivo, all’opposto di Pasolini. Per Marx, nella storia, i sistemi sociali a più alta produttività del lavoro sconfiggono sempre quelli a più bassa produttività. [..] le lucciole rappresentano un mondo di valori, di mores nel senso antropologico di miti, credenze, costumi mondi vitali. “I valori” nazionalizzati e quindi falsificati, del vecchio universo agricolo e paleocapitalistico, di colpo non contano più [..] a sostituirli sono i “valori” di nuovo tipo di civilità totalmente “altra” rispetto alla civiltà contadina e paleoindustriale. […]
Come abbiamo già detto, ciò che colpisce maggiormente Pasolini rispetto all’Italia è la rapidità con cui si produce questo cambiamento: in vent’anni il paese compie un percorso storicoche altri paesi europei si era compiuto in due secoli, e dà ciò discende la sua preoccupazione che alla crescita economica non corrisponda un pari sviluppo della crescita intellettuale e culturale delle popolazioni investite dalla trasformazione.
Pasolini non esprime queste concezioni da pensatore politico o da intellettuale politico, ma da letterato prestato alla polemica politica e civile. Il più alto esempio di tale posizione è dato da un intervento che Pasolini pronuncia nel 1974 alla Festa dell’Unità di Milano, e che sarà pubblicato negli Scritti Corsari con il titolo –scelto dallo stesso Pasolini – “il genocidio”. A riportarlo è “Rinascita”, la principale rivista teorica di sinstra, , che affronta diversi argomenti di ordine culturale e di critica letteraria, e che ha molto seguito anche al di fuori dell’ambiente di sinsitra.
Pasolini riassume qui molti dei temi a lui cari, che segnano tutta la sua riflessione poetica. Si tratta forse del vero testamento spirituale del poeta. Egli prende la parola dopo un intervento sulla situazione sociale del paese pronunciato dal principale rappresentante del riformismo comunista, Giorgio Napolitano, che era stato seguace di Giorgio Amendola ma che l’aveva poi abbandonato quando quest’ultimo si era trovato in gravi difficoltà all’interno del Pci. Napolitano esprime un giudizio fondantalmente positivo sulla trasformazione in corso in Italia, basando il suo discorso sul cambiamento economico-sociale, sull’aumento dell’occupazione operaia, sull’ampliamento delle classi medie, sulla modernizzazione del paese, anche attraverso la comparazione con gli altri paesi europei. L’Italia, proprio in quelli anni, entr anel novero dei paesi industriali e comincia ad essere invitata ai consessi internazionali che prima la vedevano esclusa (scambio di opinioni e ruolo dell’Italia nel Mediterraneo). […]. Negli stessi anni Pasolini scrive il suo ultimo romanzo, Petrolio (pubblicato nel 1975), incompiuto e difficile, rimasto ancora allo stadio di riflessione, e che rivela un nuovo elemento della sua poetica: una grande rivoluzione linguistica. Pasolini non si cura più della bella forma; al contrario, inizia a scomporre il testo. Petrolio è un romanzo meno tradizionale rispetto ai precedenti, e si avvicina molto allo stile che in quelli stessi anni porta al massimo livello un altro interprete critico della modernizzazione, il quale proietta però il suo lavoro all’interno della fabbrica: Paolo Volponi, autore di il Memoriale (1962) e le mosche del capitale (1989).
L’intervento di Pasolini alla Festa dell’Unità di Milano va collocato nel contesto di uno scambio di opinioni. Se solitamente chi parla in pubblico cerca di adeguare il suo discorso agli interventi precedenti, Pasolini se ne distacca invece totalmente.
“dirò subito, e l’avete già intuito, che la mia tesi è molto pessimistica, più acremente e dolorosamente critica di quella di Napolitano. Essa ha come tema conduttore il genocidio: ritengo cioè che la distruzione e sostituzione di valori nella società italiana di oggi porti, anche senza carneficine e fucilazioni di massa, alla soppressione di larghe zone della società stessa. Non è del resto una affermazione totalmente eretica o etrodossa. C’è già nel Manifesto di Marx un passo che descrive con chiarezza e precisioni estreme il genocidio a opera della borghesia nei riguardi di determinati strati delle classi dominate, soprattutto non operai, ma sottoproletari, o certe popolazioni coloniali. “
“oggi l’Italia sta vivendo in maniera drammatica per la prima volta questo fenomeno: larghi strati, che erano rimasti per così fuori dalla storia – la storia del dominio borghese e della rivoluzione borghese – hanno subito questo genocidio, ossia questa assimilazione al modo e alla qualità della vita della borghesia. Pasolini si riferisce qui alle subculture escluse dalla storia scritta. E’ un elemento che, pur non cristallizzandosi mai nel suo pensiero, lo collega al punto più alto della riflessione intellettuale contemporanea, per esempio allo studio della storia orale. [..] alcune conoscenze continuano ancora oggi a essere trasmesse solo dall’oralità: si pensi per esempio alle pratiche lavorative dei contadini e allo stesso lavoro di fabbrica. Il famoso libro di Elias Canetti, La lingua salvata (1977), fa riferimento alle culture della Mittleuropa, molte delle quali non sono state tramandate proprio per mancanza di testimonianza scritta. il dominio della storia borghese, legato all’industrializzazione e guidato dal consumismo, realizza in Italia la grande differenza storica: l’industrializzazione ha coinciso direttamente con l’emergere della società del consumo, ed è per questa ragione che nel nostro paese l’incidenza del consumo privato è molto elevata. La ricchezza non è vissuta come bene pubblico, ma come consumo individuale: l’orientamento all’azione, le pulsioni politiche, si relazionano perfettamente all’aumento dei consumi privati. Pasolini è il primo a mettere a fuoco questa distinzione e la sua intuizione sarà raccolta da un grande economista, Augusto Graziani che in un’antologia di scritti sulla storia economica d’Italia chiarisce bene questo passaggio. Pasolini analizza il modo in cui avviene il genocidio, ossia l’assimilazione al modo e alla qualità di vita della borghesia. “io sostengo che oggi ess avviene clantestinamente, attraverso una sorta di persuasione occulta”.

I testi del genocidio delle lucciole sono stati tratti da “Modernizzazione senza sviluppo –il capitalismo secondo Pasolini, di Giulio Sapelli ed. B. Mondadori-2005
4
Darei l’intera Montedison per una lucciola

Pier Paolo Pasolini lo andava ripetendo profeticamente da anni che in Italia si è assistito in modo impotente e spesso complice da parte del sistema dei partiti dominanti (centro-destra-sinistra) ad uno sviluppo senza progresso; e per progresso sott’intendeva innanzitutto: culturale, sociale, etico, ecologico;
P. Paolo Pasolini inoltre andava ripetendo da anni che il consumismo era da considerare non semplicemente una nuova ideologia borghese del neo-capitalismo consumista emergente nel dopoguerra ma come nuova forma nascente di totalitarismo capace di cancellare forme radicate da secoli di cultura popolare (anche tradizionale), cancellazioni che non erano riusciti a provocare neppure le SS naziste occupanti i territori in complicità con il fascismo della Repubblica di Salò.
E poi P.P. Pasolini era molto chiaro nei suoi desideri che espresse in questa affermazione non romantica ma ecologista radicale: darei la Montedison (industria petrolchimica) per una lucciola.
“ad ogni modo, quanto a me (se ciò a qualche interesse per il lettore) sia chiaro: io, ancorché multinazionale, darei l’intera Montedison per una lucciola.”
5
Verso la metamorfosi

“nihil est toto, quod perstet, in orbe. Cuncta fluunt, omnisque vagans formatur imago: niente al mondo permane uguale a se stesso, tutto fluisce in un perpetuo mutare di forme. Sono le parole del sapiente Pitagora che nel XV libro delle Metamorfosi spiega l’intima natura del mondo. Dalle origini del cosmo al tempo della sua contemporaneità. Ovidio racchiude in grandioso progetto, tutto il patrimonio mitico e culturale dell’antichità greco-romana. In una complessa struttura che conduce dal mito alla storia. Tratto da Laura Correale – alias – il Manifesto 28 luglio 2013.
6
Metamorfosi canto e poesia

La nostra vita attiva e i nostri saperi comuni debbono percorrere una vera e propria metamorfosi con la poesia, poesia non intesa in senso puramente letterario ma mitopoietico cioè con quella capacità della ragione antica di lanciare un ponte sull’inconoscibile divenire attraverso il mito; la poesia ha avuto in molti casi la funzione di anticipare uno sguardo sul futuro, ma anche la capacità erotica (con la sua vitalità avvalendosi dell’Eros) di trarre il vivente – e le cose amate – ; noi abbiamo bisogno un’altra volta di allearsi con Eros (l’amore) per salvare le cose amate-per noi il vivente (in forma naturale e culturale) e di strapparle allo stato apocalittico in cui versano (oggi la distruzione veste forme nuove, si può chiamarla paradossalmente “distruzione creativa”, forme di distruzione introdotte dalla modernità e velocizzate dal modo di produzione capitalistica e dal consumismo.
7
Il canto e la poesia di Orfeo

Il ruolo della poesia è ben documentato nel mito del divino Orfeo che attraverso il canto trae l’amata Euridice dal mondo degli inferi e la conduce al mondo dei viventi. Del resto oggi gli umani di tutte le aree metropolitane –come ieri Euridice, sono permanentemente rapiti ed incantati dalle sirene della pubblicità e del consumismo, e gettati in uno stato di addiction o dipendenza che si può definire schiavitù volontaria).
Orfeo è da considerarsi l’inventore della poesia e del canto, ma non fu un canto ed un poesia qualsiasi. Quel canto ebbe la capacità di persuasione irresistibile verso gli dei che avevano rapito e tenevano in ostaggio negli inferi, Euridice, la donna amata da Orfeo; noi dobbiamo ripensare al canto e alla poesia in forme nuove capaci di persuadere a rilasciare e ridare autonomia ed indipendenza alle masse amate incatenate da TV e Social network; canto, poesia, filosofie capace di far ritrovare attenzione , capacità critiche, inventive ed altri mondi possibili oltre l’esistente mondo degli incatenati e dipendenti dalle merci e dai suoi valori di scambio.
8
Antico come resistenza al moderno

Se la modernità per riprendere Benjamin attraverso lo sguardo di Baudelaire è “distruzione creativa”; questa “distruzione creativa” ha assunto toni paradossali ed accelerazioni distruttive nella nostra tarda modernità con i suoi automatismi conumistici dettati dalla legge valore e delle apparenze imposte dalla pubblicità; pubblicità che induce inconsapevoli coazione a ripetere e a sfondare limiti, e sopravvivere nelle proiezioni esterne, con i suoi guinness dei primati di estremità (sesso estremo, sport estremo, cibo estremo, ginnastiche estreme ecc.); allora se c’è qualcosa che resiste nel tempo alla modernità non è la tradizione la quale tenda all’opposto alla conservazione a bloccare le mutazioni o le metamorfosi , ma piuttosto l’antico – che spinge a riflettere e agire nei limiti naturali e culturali classici (limiti che non sono freni in senso moralistico e religoso ma piuttosto possibilità concrete e reali del nostro divenire anche mortale di vivere fino in fondo le nostre chances. E quindi per quanto riguarda l’agire materiale creare forme e produzioni che rispondano a necessità e bisogni e non ha proiezioni di pil (prodotto interno lordo) a pif (prodotto interno di felicità):
9
Metamorfosi, mito-poiesi, elementi materiali e simbolici

Dipartimenti , laboratori e mappe
Come gruppo iniziatore, quando la “libera comune università pluriversità bolognina- comunimappe” muoveva i primi passi, abbiamo ipotizzato di suddividere ed aggregare le variegate attività didattiche, di ricerca e pratiche in dipartimenti e a sua volta questi di articolarli in laboratori, quali realizzazione e concretizzazione dei progetti di ricerca-azione; ricerca ed azione due aspetti inscindibili- , l’una capace di ritrovare mappe affettive, percettive e concettuali l’altra capace di trasformare radicalmente i territori attraversati.
Dipartimenti che non rimanessero dei territori chiusi l’uno verso l’altro, ma dipartimenti aperti che fossero espressione oltre che della loro specificità ricercata ed agita anche della complessità (intesa come consapevoli legami che le parti intrattengono con il tutto, quell’invisibile insieme interconnesso che è il vivente con i suoi artefatti).
Fin dall’inzio abbiamo assunto l’attuale apocalisse dei mondi viventi (materiali e simbolici) come punto di partenza per invertirvi la tendenza; l’attuale apocalisse non è generata né da fenomeni naturali entropici né qualche cataclisma che ci ha sorpreso nelle sue imprevedibili manifestazioni (caduta di asteroidi) , ma da una precisa strategia (o automatismi economico-fianziari) del capitale produttivo e finaziario di sussunzione del vivente (umano e non umano) nella sua perversa logica di valorizzazione mortifera di denaro-merce-capitale e nella logica inerte di produzione-consumo devastazione di beni comuni naturali e culturali.
Per ridare considerazione e valore a ciò che il tardo capitalismo e il consumismo come sua ideologia distruggono nella forma da un lato creativa dall’altra tossica (generando forme  di alienazione e dipendenza).
Abbiamo pensato di nominare i nostri costituenti dipartimenti attribuendo ad ognuno di loro un elemento, elementi che nel loro insieme sono alla base dell’immaginario filosofico e culturale orientale ed occidentale quali sono acqua, aria, fuoco e terra. Elementi base della materia e del simbolico che hanno contribuito a generare il mondo reale ed immaginario da noi abitato. Elementi che manifestano nella loro specifica potenza e nelle loro possibili ricombinazioni modi di reinventare e ricreare le variegate forme della vita (come manifestazione del vivente).
Politeismo o polimorfismo del vivente
Una forma di politeismo o polimorfismo del divenire singolare e comune dentro un ricreato orizzonte ecologico e antropologico (consapevolezza del nostro essere in relazione col vivente e con le sue forme simboliche e materiali permanentemente rigenerate).
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liberare gli elementi e strapparli alla teologia

“il politeismo è la forma che meglio ricalca e asseconda una realtà pensata e vissuta come tumulto pluriverso e sovradeterminato, serie di intrecci irriducibili ad una direzione, ad un progresso, ad una destinazione: i molti contro la riduzione ad uno.” Fabio Frosini -liberare gli elementi e strapparli alla teologia- Alias 17/11/2012 .
F. Frosini fa queste affermazioni nell’ambito della presentazione del saggio Teologia dei quattro elementi : manifesto per un politeismo politico, ed Mimesis-2012, del filosofo Augusto Illuminati.
Il politeismo del bene comune
A.   Illuminati presentando il suo sopracitato saggio in un articolo di Alias-il Manifesto -17/11/2012- il politeismo del bene comune – così sintetizza la sua ricerca: ”abbiamo frugato elemento per elemento (d’acqua, d’aria, di fuoco e di terra) per cogliervi il dissidio profondo fra una lettura teologica che li riporta a ombre dell’unico Dio, e metafora dell’onnipotente sovrano politico, e il politeismo che vi legge potenze degli umani e della natura da Lucrezio, a Spinoza, a Goethe. “
e prosegue: “teniamo ora di definire una teologia del politeismo: una festa federale delle singolarità sociali in aggregazione ed in conflitto, non di comunità trasparenti (solo) a se stesse. Federazione di forme di vita come diceva G. Debord alla vigilia del 1968, copresenzaa simultanea di molti tempi federati. Intendendo per forma di vita una condizione definita da una struttura economica e sociale, per esempio dagli effetti debitori e occupazionali della finaziarizzazione, che produce precarietà (materiale,esistenziale e simbolica)…..”
e parecchio più in là..
“ciascuna forma di vita ha un suo corredo di passioni gioiose e tristi, una diversa esperienza nel tempo, nel contrarsi del presente e correlativo perso della memoria e delle attese future, assume droghe disparate: varianti inconfrontabili con quelle tradizionali per effetto della corrosione del carattere e della precarizzazione del lavoro che ha reso irreversibili. La condizione precaria si schiaccia nella cittadinanza condizionata e ricattata del migrante, colorate dalla giovinezza, di cui le attitudini neoteniche, sono pretesto di feroce sfruttamento quanto testimonianza della flessibilità dell’animale umano nell’apprendimento prolungato. “ da A.Illuminati-il politeismo del bene comune, alias-il Manifesto-22-11-2012.
11
Il lavoro vivo post-fordista la condizione in pech (una sfiga per Marx) della precarietà e la traducibilità reciproca delle forme della vita separate

“il tocco adolescenziale implica e riproduce l’indole potenziale del lavoro vivo post-fordista, il rischio positivo della dipendenza di masse operaie dal vampiresco apparato del capitale fisso.
…..
Nel III millennio, come prima per il lavoratore produttivo, essere giovani è una sfiga, ein pech, come scriveva Marx. La precarietà accomuna cerchie distinte e le mantiene nella separatezza, nel terrore di confondersi e precipitare verso il peggio. La traducibilità reciproca delle forme di vita, condizione per un riscatto dal debito e dalla crisi, rimane virtuale e senza egemonia (capacità gramsciana di influenzare positivamente l’intera società ed orientarla al cambiamento).”  A.Illuminati-il politeismo del bene comune, alias-il Manifesto-22-11-2012.
La classe operaia nucleo essenziale e gli intellettuali nell’ottocento-novecento come attori dei processi di simbolizzazione (creare valori quali giustizia, libertà e cooperazione solidale) trasformazione radicale della società (rivoluzioni e conflitti capaci di generare nuovi diritti sociali e civili).
“Nell’ottocento-novecento essa fu garantita dalla classe operaia delle grandi aziende minoritaria rispetto all’insieme dei lavoratori (artigiani, contadini, braccianti…), ma concentrata e disciplinata dal processo di produzione capitalista di cui costituiva il nucleo essenziale. La rinforzò l’avanguardia organizzata composta da intellettuali di origine borghese e quadri professionali di fabbrica (operai specializzati o di mestiere portatori di conoscenze specifiche ma anche alfabetizzati). Condizione non riproducibile (ora), almeno in occidente, per la frammentazione degli insediamenti industriali e della stessa tecnologia lavorativa (delocalizzazioni, esternalizzazione e lavoro autonomo eterodiretto, automazioni e riduzione della classe operaia di fabbrica s’aggiungono a quanto esposto). Non è semplice sostituirvi una qualche egemonia del precariato organizzato (e degli stessi migranti regolari e clandestini), per il solo fatto di concentrare il tratto comune del lavoro sfruttato. La società della conoscenza (e del cognitariato) si è rivelata nella crisi, una promessa inadempiuta in occidente come in Cina, per non parlare dei diplomes chomeurs (diplomati disoccupati) nel Magreb (le varie primavere arabe o turche nelle periferie mediorientali come le rivolte degli indignanti delle varie occupy nelle metropoli, tra loro interconnessi a livello globale attraverso i differenti social network ha provato forse ha manifestatasi questa potenza sommersa e frammentata dei nuovi strati precari cognitari del lavoro vivo post-fordista). ).” 
Frammenti di  A.Illuminati-il politeismo del bene comune, alias-il Manifesto-22-11-2012.

Disidentificazione e divenire-minore come condizione di assemblaggio di traduzione reciproca
“La disidentificazione che accompagna il crollo del sistema sovranità-popolo e al fordismo produttivo precipita nel punto in cui l’oggettività dell’egemonia svela la traccia della sua contingenza, riaprendo il tempo evento della politica. Il divenire-minore è condizione di un assemblaggio per traduzione reciproca di altre condizioni minori, soprattutto quando la forma di vita che vi si candida contiene intensivamente in sé alcuni tratti epocali e concomitanti di eccedenza e precarietà. L’organizzazione delle lotte storiche (delle classi subalterne ed operaie dei secoli trascorsi) si radica nell’autodisciplian dei produttori garantita da una filosofia teleologica (finalistica, finalizzata a..), ma in un diverso rapporto con il general intellect (l’intelletto generale o il sapere sociale come prodotto del comune agire e dell’agire in comune ). La candidatura traduttiva e promozionale della frazione più intellettuale del lavoro vivo precario non si condensa in un gruppo sociale: il cognitariato è un soggetto identitario solo nel miraggio capitalistico della società della conoscenza(come capitale umano individualizzato, messo in competizione e al lavoro,  sussunto nella rete della cooperazione ‘volontaria o della servitù volontaria “ e nel processo planetario di produzione sociale capitalista).
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Politeismo

“Politeismo vuole dire tenere distinte e comunicanti le forme della vita, senza accettarle per defenitive, anzi facendole giocare ad un superamento delle condizioni imposte dalla crisi.” Frammenti di  A.Illuminati-il politeismo del bene comune, alias-il Manifesto-22-11-2012.
Prosegue:
“ abbiamo ispirato il nostro lucreziano politeismo a Venere, hominum divoque voluptas, che percuote i cuori con la sua forza vitale, v’infonde dolce amore, propagando le generazioni delle stirpi e assopendo le feroci opere della guerra. Rinneghiamo il regno totalitario del commerciante Mercurio (divinità della comunicazione e del commercio oggi inscindibili attraverso la menzogna di una certa pubblicità dominante nei media di massa) che arricchisce pochi banchieri e affama masse prostrate. Resta, ahinoi, Marte, la cui ferocia si accresce con i progressi della tecnologia e la ui presenza nell’agire umano non è agevole abrogare. Ebbe una funzione oggettiva nel portare a realizzazione gli schemi rivoluzionari virtuali dello scorso secolo, a partire dal 1871 (il popolo in armi non è semplicemente una metafora machiavelliana per indicare il legame tra sovranità e popolo in uno stato nazionale, ma una costante dell’agire politico moderno delle masse: la Comune di Parigi (1871), la rivoluzione d’ottobre (1917), le varie comuni europee dell’inizio secolo XX (la Berlino degli spartakisti, il biennio rosso italiano ecc.), la rivoluzione proletaria russa (1917), la rivoluzione sociale e libertaria spagnola (1936). Come escludere che abbia a che fare con il nostro tortuoso presente? Visto che nel segno di Mercurio non riesci a domare la crisi concordando un nuovo equilibrio geopolitico, l’appello di Marte torna a risuonare, come nell’agosto del 1914 e del 1939 (prima e seconda guerra imperialista occidentale), oppure nelle forme più decentrata della seconda metà del secolo trascorso e più di recenti disavventure mesopotamiche ed afgane (guerre globali neo-coloniali e neo-imperiali). Un po’ di keynesismo militare non guasta mai per smaltire merci e poveri, mentre si affaccia la tentazione di utilizzare la residua superiorità tecnologica Usa per ridimensionare pericolosi concorrenti sul nascere e tenere sotto controllo l’immigrazione anche una severa ammonizione a insubordinati e insorgenti cadrebbe a puntino. Se tale sciagurato scenario prevalesse, ogni iniziativa egemonica dal lato delle moltitudini subalterne ne verrebbe qualificata con tratti operativi nuovi ed esiti incerti. Da pagani novelli, interrogheremo gli oracoli, senza trascurare di erigere argini. ).” Frammenti di  A.Illuminati-il politeismo del bene comune, alias-il Manifesto-22-11-2012.
Il politeismo politico di A. Illuminati secondo Fabio Frosini
“D’altra parte la teologia in quanto tale, al di là delle sue belle declinazioni, va ripercorsa e criticata, perché essa è potenza ideologica che mobilita energie –dalle passioni alle disquisizioni metafisiche, e le mette tutte in linea, come in una batteria. Ecco allora l’ipotesi di lavoro: “in generale potremmo ipotizzare che la teologia monoteista tende a chiedere l’incompletezza dell’universale, mentre quella politeista (una nuova mitologia) che lascia sussistere sul piano dell’immaginazione simbolica, dell’ideologia e dunque della politica, cercando un altro tipo di unificazione tra teoria e prassi”. (A. Illuminati).

“Una qualche unità di teoria e pratica, la teologia è sempre in grado di realizzarla: si tratta di optare spostando l’accento del (non del) teologico verso il mitologico (verso un sapere laico ed antropologico), come in una regressione temporale, e di qui al politico, che in questo modo può riscattarsi da quel ruolo di “agente sotto copertura” che sempre ricopre nel caso dell’uso governativo della religione (considerata in senso machiavellico ixstrumentum regni ). In ogni caso, il lavoro da compiere non è solo sui contenuti, ma sullo stile, la forma insomma lo statuto del discorso teologico. Non mancano del resto, esempi: il frammento di sistema “Hegel-Hoederlin, opportunamente ricordato da Illuminati, continua a metterci dinnanzi alla stessa questione: la verità si definisce non nel muto dialogo del pensatore con l’universale, ma nel nesso politico reale con l’elemento popolare. La questione dunque: scavare dentro la teologia per riscoprire il fondo popolare cioè arcaico nell’immenso patrimonio mitologico e religioso occidentale ed orientale, nell’ipotesi di lavoro che solo moltiplicando gli universali, questi vengono realmente mondanizzati, non solo come concetto, ma nella concreta pratica collettiva. Il fatto che la cancellazione (o eclissi) storica del partito come avanguardia di classe rimette a nudo una struttura di lunga durata, la religione come quel tessuto culturale, che più estensivamente e intensivamente , collegato le masse popolari: la teologia è il sapiente, astuto discorso strategico che imprigiona e articola questo tessuto e lo costringe a rimodellamenti continui sulla base delle contrastanti esigenze del momento. Il lessico-base della teologia, in quanto si esercita sulla religione, non può che essere allora quello dei quattro elementi, cioè del modo in cui le società indo-europee hanno parlato del mondo, della realtà, e che nonostante tutto, è ancora alla base del nostro vocabolario, quando non adottiamo un approccio settoriale. Se come scriveva Schmitt, “tutti i concetti pregnanti della moderna dottrina dello stato sono concetti teologici secolarizzati”, allora la dinamica secolare delle cangianti necessità e opportunità politiche riscrive, necessariamente, la teologia stessa. Se il concetto di secolarizzazione è il luogo di una disputa in cui nulla è mai dato, si comprende come la teologia politica sia la grammatica storicamente più durevole e ramificata del potere.
Dell’opzione politeista s’è detto: è la scelta per l’immanenza, che immediatamente significa il doppio rifiuto della logica della sovranità e di quello della governance, cioè della “variante pastorale”. La genealogia Machiavelli, Goethe, Nietzsche,nel segno di Lucrezio e di Spinoza, è una preziosa fonte di ispirazione, ma non basta. Come essi fecero, occorre praticare l’immanenza, non solamente pensarla. Occorre anzi pensarla in un modo, che sia incompleto senza la sua pratica. Ma in che forma ciò è possibile? Illuminati ripropone a modo suo, una hoelderliniana mitologia della ragione, e la pratica avventurandosi in questa “artigianale Elementatio thelogica”. La scorreria compiuta attraverso acqua, aria, terra e fuoco non può essere qui ricostruita , se non sommi capi e nel suo significato generale. Si tratta, banalmente di riappropriarci del mondo, ma non di un supposto mondo vergine al di qua della storia, bensì proprio del mondo, come è stato pensato, detto e governato sotto i
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I quattro elementi



Lungo i quattro elementi, ciò che emerge è la necessità di un’organizzazione “egemonica” di tutto ciò che si presenta come irriducibile alle categorie giuridiche sovrane”, per farlo passare dalla resistenza diffusa ad una qualche forma di progetto. La politica è “egemonica quando associa interesse e passione in una narrazione”. Ecco il punto: gli elementi vanno narrati, per conferire loro un ordine alternativo a quello giuridico-teologico, immanente alle pratiche di resistenza. Un ordine che essi di per sé non hanno e che può essere detto solo inventandolo. E qui ci scontriamo con una difficoltà, perché la trascendenza di quella invenzione si sovrappone all’immanenza di quelle pratiche. Del resto, in mancanza di intellettuali organici [Gramsi parla del partito come intellettuale organico (immerso in quella materialità comune sociale) alla classe operaia e alle classi subalterne) ], questa difficoltà riproduce esattamente la situazione. F.Frosini: liberare gli elementi e strapparli alla teologia, alias il manifesto.
l prisma di ciascuno dei quattro elementi, arricchito e riformulato continuamente, secondo un sistema aperto di rinvii reciproci che cancellano in radice l’antitesi tra natura e cultura, tra spontaneità e potere. Dentro ogni elemento, la teologia politica, per controllare le spinte dei subalterni, ha inscritto elementi reciprocamente irriducibili, stravolgendoli ma anche in certo modo salvandoli, per cui la storia degli elementi è anche la dimostrazione dell’inesauribilità del conflitto”.
 F.Frosini: liberare gli elementi e strapparli alla teologia, alias il manifesto.
Specifici elementi materiali e simbolici

Acqua
 “Così l’acqua è l’immagine del diritto di natura da Spinoza opposto alla chiusura del potere, è la fluctuatio animi rispetto alla ragione, ma anche il simbolo del dominio imperiale sui mari e, allo stesso tempo, della pirateria che a ciò si ribella dall’interno.
 E’ distribuzione democratica della vita ma anhe messa a regimee controllo di essa.F.Frosini: liberare gli elementi e strapparli alla teologia, alias il manifesto
Terra
La terra, come chora irriducucibile al discorso del logos, riemerge come territorio da spezzettare e da colonizzare, che però sempre i nuovo rivendica la propria unitariertà e comunitareità nei tumuliti condotti in nome di un altro diritto (di nuovo Spinoza). F.Frosini: liberare gli elementi e strapparli alla teologia, alias il manifesto.
Aria
L’aria (accomunata all’etere) è metafora della volatilità e della modernità, e dunque allo stesso tempo, del potere diffuso e dei modi per eluderlo: dalla totalizzazione dello spazio grazie alla cibernetica, all’articolazione materiale del conflitto nelle ricadute praticeh del General Intellect (per K. Marx, sapere sociale prodotto dal lavoro vivo nel corso el tempo). F.Frosini: liberare gli elementi e strapparli alla teologia, alias il manifesto.
Fuoco
Il fuoco, infine, allo stesso tempo è umile fiamma che riscalda, cuoce, conforta o rogo che annienta infedeli ed eretici; è simbolo manifesto dell’universale a anche, molto più banalmente, “contorno teatrale” del ctumulto come alternativa alla spettacolare fiammata rivluzionaria purificatrice. F.Frosini: liberare gli elementi e strapparli alla teologia, alias il manifesto.

Testo elaborato da Pino de March – Versitudine on line (versitudine.net) per la comune accademia di comunimappe.

LA GESTIONE DEGLI ORTI

Comune Accademia – Dipartimento della Terra  

&


Associazione Ortolani di via Erbosa Bologna.


Presentano:

Progetto Orti

1° fase – Orto e ortolani, esperienze e gestioni a confronto.



SABATO 25 Maggio – ore 15.30

Zona ortiva di via Erbosa Bologna (nei pressi di Arcoveggio, ingresso da via F.lli Cervi) 
    «L’orto curato dal Dipartimento si è popolato di piante ed ha prodotto un vasto cumulo di esperienze da avviare a confronto. Non mancano erbe spontanee che si rifiutano di cedere il passo alle ortolane, coccinelle e roditori notturni all’attacco predatorio attratti dal tenero fogliame. Tutti gli ortolani limitrofi hanno suggerimenti e soluzioni, alcuni non condivisibili perché veicolati dalle insane pratiche nate nel connubio tra industria chimica e agricoltura. Altre esperienze sono interessanti perché intraprendono un cammino a ritroso verso un risanato rapporto con la natura, perché arrivano da persone anziane con una lunga esperienza di coltivazioni o perché sono un portato dei nuovi cittadini, giunti da diverse parti del mondo con i loro metodi e le loro piante da orto.»

Di tutto questo ci occuperemo nel primo incontro/seminario organizzato agli orti di via Erbosa.

– Giulio (Ricercatore presso la Facoltà di Agraria, Università di Bologna) 
terrà una lezione sulla gestione degli orti.
– Paolo (Dipartimento della terra, insegnante e da sempre coltivatore appassionato) 
presenterà le linee generali del Progetto Orti e gli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Progetto Orti – APPROFONDIMENTI: 


Il Dipartimento della terra ha ipotizzato una serie di interventi che nei prossimi mesi punteranno a coordinare gli ortolani più sensibili al fine di adottare un comportamento coerente e compatibile con l’ambiente.
Le iniziative che vogliamo sviluppare vanno dalla coltivazione biologica alla pratica del compostaggio per ottenere fertilizzante utilizzando gli scarti vegetali e la parte organica derivante dalla preparazione dei pasti a casa. 
Chi possiede un orto lo fa funzionare anzitutto perché appassionato, consapevole di utilizzare il proprio tempo libero in maniera soddisfacente poiché la cura di un orto non può essere intesa in maniera meccanica. Noi, inserendoci in questo contesto culturale, opereremo per avviare esperimenti e attività didattiche e momenti di socialità.
ORTO – NATURA – ESISTENZA
In questo maggio dal clima variabile (clima cangiante), il sole stenta a conquistare la prima fila nello spettacolo del mondo. Le giornate ortolane sono fatte di alberi appena svegli, di prati verdissimi con un tappeto di margheritine bianche su cui dispiace camminare e poi quadrati d’orti dai colori variabili. Vi si trovano pomodori alle prime armi, piselli e fave carichi di baccelli dai gusci giovani, fragole, patate, carote e sedani. La mente vola verso insalatone multicolori e verdure grigliate. Odori, in vasto assortimento, circondano le siepi: basilico e prezzemolo, origano, finocchietto, salvia, menta; per dire solo delle più popolari.
La natura è proprio esagerata nelle sue manifestazioni estetiche, non si contiene e non bada a spese… e l’ironia sta proprio qui: nessun conteggio, niente calcoli in entrate e uscite, nessun debito o accredito. Tutto si tiene. Tutto sembra perfetto e immacolato. Eppure se ti concentri sul particolare, se osservi una comunità di formiche intenta a riaprire l’ingresso alla propria dimora dopo le alluvioni dei mesi scorsi, noti un vibrare di sforzi e una frenesia lavorativa inusitate. Allora ci si chiede se la formica sia “individuo” (o individua?); non si può fare a meno di pensare alla sofferenza, alle fatiche erculee a cui è sottoposta, pur sapendo che può sollevare oggetti superiori al proprio peso perché la natura ha fornito le formiche di un impianto dalle meccaniche perfette. 
Oramai coperte dall’erba fresca, cumuli di frasche marcite e foglie compresse sotto il peso della neve di febbraio fermentano attaccate dagli organismi decostruttori (termine che rende l’idea della necessità di costruire e del suo contrario); sovviene l’idea del ciclo chiuso: alla morte si contrappone la vita, alla fine di qualcosa un nuovo inizio. 
La natura sembra stare tutta dentro questa formula; una formula che, ci piaccia o no, non prende in considerazione l’individuo. Così per noi umani, riscattati dall’esserci accorti di possedere un io, resta sempre incompiuta l’aspirazione di poter vivere in armonia con la natura. 
A noi il compito di creare un percorso perfettibile, da riaggiustare ogni qualvolta ci accorgiamo di essere fuori strada, ma sempre incompleto, difettoso; ed è già un miracolo quando si trova un accordo sulle modalità per aggiustare l’itinerario.
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FOTO DI Salvatore Di Cara

OSSERVATORIO SULLA DEMOCRAZIA PARTECIPATA

Tra i progetti della Comune Accademia vi è anche quello di dar vita ad un Osservatorio che si propone di monitorare i comportamenti degli attori politici in quegli atti riconducibili al tema della democrazia partecipata. 
Lo scenario di queste ultime settimane, già manifestatosi in forme diffuse (dalle primarie alle quirinalie), ha dato vita a scampoli di democrazia specificatamente caratterizzati dalla partecipazione tramite votazioni on line e nel diffuso opinionismo della rete, oltre che nell’appuntamento elettorale di febbraio.
Alcuni contributi al dibattito, proposti dall’Osservatorio, sono presenti nel sito e percorrono il periodo tra le elezioni di febbraio e oggi.
Di questo e altro si parlerà venerdì 10 maggio h.20 

presso HUB – via Serra, Bologna, Bolognina.
Dibattito – Invito / aperto a tutti i comunardi e loro vicinato – 
Pino De March – commenta Simon Weil, 
dal testo “Manifesto per la soppressione dei partiti politici”

Simon Weil, con il suo manifesto per la soppressione dei partiti  politici (intendendo con essi tutte le istituzioni  reificanti ed alienanti le forme della vita  del Novecento) proponeva la creazione “di spazi condivisi di  ricerca ed azione che dovrebbero essere mantenuti sempre in uno stato costituente di fluidità “(mantenere una lingua e una prassi attiva ispirata semanticamente al participio presente – o del partecipare presente – mai  farsi catturare dalle paura nei partecipi passati). 
Animano il dibattito
Paolo Bosco – su democrazia partecipata e partecipazione alle scelte.
Marco Trotta – su democrazia partecipata e alfabetizzazione dei movimenti nella società digitale. 
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A seguire appunti per approfondire:
Il Concetto di Democrazia Partecipata preso nella sua più ampia accezione indica tutte le democrazie possibili, in tutte le diverse forme, non tanto per rappresentarle in contrapposizione le une con le altre, ma in cooperazione.  Partecipare significa esserci e la democrazia non può esimersi dal sollecitare ad esserci, a partecipare. Vista da questa prospettiva la democrazia partecipata comprende quella rappresentativa, infatti con l’andare a votare si partecipa ad una scelta. Ed una delle critiche più accese contro la democrazia rappresentativa è proprio quella di chiamare ad una partecipazione sporadica e distante nel tempo, tanto da non creare un legame tra eletto ed elettore tale da garantire una continuità, una vera partecipazione. 
Forme di democrazia tendenti ad ampliare il grado di partecipazione si sono avuti per tutto il Novecento. Anzi si può dire che nell’ultimo secolo abbiamo assistito ad una varietà infinita di forme di democrazia; valutare queste forme  significa inserirle in una scala di merito che misuri il grado di partecipazione che realizzano. A seconda della frequenza con cui si viene chiamati ad esprimersi, si definisce l’efficacia delle forme di partecipazione e si può parlare di democrazia partecipata riuscita.
Per una sintesi generale della questione Democrazia Partecipata si potrebbe ripercorrere la storia della democrazia nata nel XX° Sec. come un cammino nelle varie architetture istituzionali e delle forme democratiche abbozzate. La sintesi di tutto il processo è riducibile ai due estremi della questione (massimo e minimo di partecipazione) con le forme del Presidenzialismo e del Parlamentarismo. Nella prima forma si elegge il capo a cui si demanda di fare tutto (o quasi). Nel parlamentarismo si è obbligati a trovare delle maggioranze (che poi siano variabili o fisse cambia parte del contesto ma non lo stravolge nel suo principio). 
Anche nella lotta tra Napolitano e Rodotà si può intravedere questo binomio e le aree politiche e sociali che le due figure rappresentavano.
Frammenti dal manifesto di Simon Weil

“La democrazia, il potere della maggioranza, non sono un bene, sono mezzi in vista di un bene.”

“… per Rousseau la ragione sceglie sempre la giustizia, la passione  sta all’origine di qualunque crimine. Inoltre la ragione si ripropone negli individui in maniera uguale, le passioni differiscono da persona a persona. L’unione degli individui di una comunità (nazione, popolo) se basata sulla ragione può creare una unità (forza, potere) che faccia trionfare verità e giustizia, se basata sulle passioni (si intende quelle collettive) non darà che ingiustizia e falsità. Un volere ingiusto, anche se sottoscritto da una maggioranza, rimane un volere ingiusto. 

“… a determinate condizioni il volere del popolo [ha] maggiori possibilità di qualsiasi altro volere di essere conforme alla giustizia.”

– “Quando in un paese esistono i partiti, ne risulta prima o poi uno stato delle cose tale che diventa impossibile intervenire efficacemente negli affari pubblici senza entrare a far parte di un partito e stare al gioco. Chiunque si interessi alla cosa pubblica desidera interessarsene efficacemente. Così, chiunque abbia un’inclinazione a interessarsi al bene pubblico o rinuncia a pensarci e si rivolge ad altro, o passa dal laminatoio dei partiti.”
– “Si deve ammettere che il meccanismo di oppressione spirituale e mentale proprio dei partiti è stato introdotto nella storia dalla chiesa cattolica, nella sua lotta contro l’eresia.”
– “Ne è risultata, dopo un certo intervallo, la nostra democrazia fondata sul gioco dei partiti, ognuno dei quali è una piccola chiesa profana armata della minaccia della scomunica.” 
[senza partiti] “Gli elettori si assocerebbero e si dissocerebbero secondo il gioco naturale e mobile delle affinità” 
– “Siamo arrivati al punto da non pensare quasi più, in nessun ambito, se non prendendo posizione pro o contro un’opinione e cercando argomenti che, secondo i casi, la confutino o la supportino.”

I LABORATORI DELLA COMUNE ACCADEMIA

Presentiamo i primi due laboratori della Comune Accademia

Claudio de Marco tratta di personalità e si propone di stimolarla con una soggettiva ricerca (ma di gruppo) nel doppio binario dell’interiore e dell’esteriore.

Salvatore Di Cara  (maestro di musica e operaio) si occupa tra l’altro di fotografia, un’ esperienza maturata negli anni che mette a disposizione degli interessati.



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Laboratorio sulla personalità – condotto da Claudio De Marco (psicologo)

“L’integrazione delle tre personalità interne”

Il bambino, l’adulto, il genitore (per raggiungere la personalità del Budda interiore)

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Il laboratorio ha come obiettivo la condivisione di un particolare metodo di lettura dei comportamenti. Tutti noi agiamo con modi determinati nella vita quotidiana e nei vari contesti in cui siamo inseriti.

Metodologia: Laboratorio di gruppo

Teoria: La psicologia Transazionale di E. Berne
Nel laboratorio non si faranno lezioni sulla Teoria ma  si procederà direttamente alla costruzione di un gruppo di riflessione partendo dalla lettura di un testo specificatamente scellto.
Il testo scelto è di facile lettura e d’immediata comprensione. Nel gruppo verrà così stimolato un confronto reciproco, uno scambio di opinioni e di esperienze sul tema della Personalità.
Il laboratorio procederà passo dopo passo partendo dalla lettura del testo o di alcune sue parti; l’approdo sarà l’analisi dei comportamenti realmente tenuti dai partecipanti: all’interno della coppia, all’interno del gruppo amicale, all’interno del luogo di lavoro o eventualmente, pensando al divenire, da dover affrontare in un immediato futuro. Esempi possono essere: “Devo andare a parlare con la prof di mio figlio … “Devo parlare con il mio capo… “Devo riparlare con il mio compagno dopo una lite… ” etc.
Per meglio capire questa teoria chi lo vorrà, attraverso il gioco di ruoli e con l’ausilio del conduttore, potrà rappresentare uno specifico episodio, una situazione vissuta, con l’obiettivo di comprendere il funzionamento e l’adeguatezza dei comportamenti tenuti dal soggetto o eventualmente da far agire in una situazione futura
Il laboratorio avrà cadenza settimanale e una durata di 2 ore ad incontro (preferibilmente dalle 19,30 alle 21,30 – anche se l’orario potrà essere concordato una volta formato il gruppo).
Le lezioni si terranno presso HUB, in via Serra 2/G
– Il laboratorio avrà la durata di circa 10 incontri e prenderà l’avvio quando si raggiungeranno le adesioni adeguate allo scopo (da un minimo di 4 persone ed un massimo di 10).
PER PARTECIPARE: Il laboratorio nello spirito di Comuni mappe è interamente gratuito, si chiederà solo un contributo totale di 10 euro per le spese di utilizzo degli spazi (è possibile rateizzare il contributo).
Si possono iscrivere gli aderenti alla Banca del tempo MOMO (nel numero di due per ogni laboratorio) con l’accredito di due ore in favore dell’associazione Comunimappe.
Per eventuali informazioni ed iscrizioni  potete contattare il 349 67 77 156 o scrivere all’indirizzo: claudio.demarco@email.it


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Laboratorio di fotografia  di Salvatore Di Cara


                                                                                foto di Nadia Maccari

“Focus” 
Il laboratorio si rivolge a principianti e a chiunque voglia confrontarsi e migliorare le proprie conoscenze. L’obiettivo è di illustrare i principi e gli elementi base della fotografia, dei suoi strumenti e delle principali tecniche fotografiche.
Programma 
Verranno trattati i seguenti argomenti
Principi base: luce – composizione – macchine fotografiche.
Come utilizzare al meglio la fotocamera: attrezzatura e manutenzione; funzioni delle fotocamere e  tipologie di obiettivi. Trucchi e consigli.
Bianco e nero – colore: cosa scegliere e perché.
Le vie della fotografia: Ritratti – Paesaggi – Architetture – Fotogiornalismo – Progetti fotografici e location
Metodo
Sarà adottato un metodo applicativo e pratico, ricco di esempi concreti analizzati in classe ed esercitazioni che verranno svolte con uscite di gruppo.
Il laboratorio si dividerà in quattro lezioni che si terranno il sabato pomeriggio a partire dal mese di Maggio, con date e orario da concordare. Le lezioni avranno una durata di circa due ore – escluse domande e richieste di chiarimenti.
Aula e requisiti per i partecipanti
Le lezioni si terranno presso HUB, in via Serra 2/G
Il corso sarà operativo con un minimo di cinque iscritti ed un massimo di dieci.
Bisogna essere muniti di fotocamera digitale o reflex.
Docente
Salvatore Di Cara
Contributo di partecipazione

– Il laboratorio nello spirito di Comuni mappe è interamente gratuito, si chiederà solo un contributo totale di 10 euro per le spese di utilizzo degli spazi (è possibile rateizzare il contributo).

Sono per il momento chiuse le iscrizioni.

Contatti

comunimappe@gmail.com

salvatoredicara2011@hotmail.it




IL PASSATO CHE RITORNA COME FARSA

Stefano Rodotà è stato l’estensore del referendum sull’acqua. Senza la necessità di fare troppi passaggi logici si può dire che 26 milioni di italiani hanno approvato l’enunciato da lui elaborato per esprimere un’opinione di rilevante valore politico. Meglio di così per dare inizio ad un’esperienza democratica partecipata non si poteva avere. Da presidente della Repubblica, senza aspettarsi svolte rivoluzionarie, avrebbe probabilmente dato vita ad una nuova stagione democratica sensibile a istanze decisionali dirette. (Anche lo statuto della nostra associazione si ispira a suggestioni giuridiche di tutela dei beni comuni stilate da Rodotà per il teatro valle occupato.) Oggi, con la riconferma di Napolitano, questa schiarita istituzionale apparsa per un attimo lascia spazio ad una tetra e grigia nuvolosità diffusa.  

Tanti sono i modi di intendere la democrazia; che non è, sia chiaro, un bene in sé. La democrazia semmai, parafrasando le parole di Simon Weil, può essere un veicolo verso il bene comune, a certe condizioni. Vi sono democrazie che fanno cose immonde (vedi in Palestina), che non per questo diventano accettabili. La democrazia che avrebbe fatto seguito ad una presidenza Rodotà sarebbe indubbiamente stata in grado di stimolare un riavvicinamento dei movimenti, delle opinioni sociali più rappresentative, alla vita politica. Quello che succederà da domani in Italia avrà poco di condiviso con una vastissima opinione pubblica. Ipocritamente si tornerà a parlare di “riavvicinare la gente alla politica”, magari mobilitando i pifferai magici che si spacciano per giornalisti o con provvedimenti di facciata. 

La memoria di quanto successo in questi giorni, destinata a cancellarsi col tempo (questo sperano gli asserragliati nel palazzo – ed ancora saranno chiamati i pifferai a provvedere), bisognerà tenerla viva e farne ricorso per non dimenticare la plastica immagine del terrore transitato nel volto di tutti quei figuri, dirigenti partitici, che si sono per un attimo visti perduti se fosse collassato il pd. Tutto il sistema dei patiti li avrebbe seguiti a ruota, evidenziando dunque che il sistema si regge vicendevolmente: senza il pd non avrebbe retto il pdl, così senza il pdl non esisterebbe il pd (di conseguenza anche monti e lega sarebbero finiti nel tritacarne). Bruciando anche Prodi il pd ha gettato la mascherina: una parte dei deputati (i famosi cento) non potevano accettare nemmeno la figura dell’anti-berlusconi in salsa moderata, figuriamoci Rodotà. Il pd è un partito di ingegneri disegnatori di strategie, travestiti da riformatori, posizionati nelle retroguardie e incaricati di entrare in azione ogni qual volta il sistema va in crisi. Per loro l’ambientalismo, la dignità di chi fatica a campare, la democrazia diretta, i beni comuni, sono opzioni da usare al massimo quando serve (per i grillini Bersani pensava ad un mix di belle intenzioni, magari da buttare sul tappeto e poi lasciarle sciogliere come neve al sole). Anche le primarie le hanno considerate un momento fine a se stesso: mica dopo si prevedeva il persistere di un legame tra elettori ed eletti. Anche lo slogan “Italia bene comune” non era altro che uno schizzo propagandistico, volutamente confuso, di nazionalismo e comunitarismo. 

Ieri, 20 aprile, mentre ri-eleggevano Napolitano, un violento acquazzone con tuoni e fulmini si è abbattuto su Bologna. L’aria adesso si sta schiarendo, i contorni della realtà si definiscono meglio di prima. I grilli canteranno monotoni, rimuginando sugli errori (enormi) commessi.
Le scuole popolari hanno tanto lavoro dinanzi per costruire sapere critico e una nuova schiera di intellettualità diffusa. 

Comune Accademia – Osservatorio sulla democrazia diretta e di base.

COMUNE ACCADEMIA – DIPARTIMENTO DELLA TERRA


Nel costituire il Dipartimento della Terra abbiamo operato in piena sintonia con lo spirito dell’associazione Comunimappe. Nelle intenzioni sociali c’è al primo posto il voler intraprendere qualsiasi indirizzo del sapere umano in maniera critica. Numerosi sono gli ambiti che appartengono al sapere della terra. La terra è uno degli elementi fondamentali identificati fin dall’antichità per iniziare a fare ordine, a fare chiarezza nella nostra nebbia esistenziale. Partire dalla terra è dunque garanzia di scoperte utili in tutti i sensi, dalla naturale garanzia di sopravvivenza al benessere psico-fisico frutto della conoscenza degli organismi viventi nella loro complessità.

Dalla coltivazione di un orto non si ricavano solo ortaggi, vi si possono trovare in aggiunta alcune risposte a domande che per disabitudine non vengono più poste. Come ad esempio una riflessione sul tempo, oppure questo strano fenomeno del creare dal nulla (apparentemente) cioè vita dalla vita; ma la risposta più importante è quella che chiarisce il principio del ciclo chiuso, ovvero l’equilibrio che permette di ottenere un profitto senza intaccare il capitale basico: la terra appunto.

Per ogni operazione nell’orto c’è un tempo giusto. Un tempo dettato dalle stagioni e mediato dalla luna. Assomiglia ai mezzi di trasporto pubblico un tempo sì fatto, sapendo a che ora è la corsa si può partire senza problemi.

Da un semino minuscolo si ricavano pomodori a chili, come è possibile? Si direbbe una creazione dal nulla, una gran bella invenzione che fa ben sperare in un arricchimento facile. Molte le similitudini con la creazione di denaro dal nulla, una tecnica copiata dalla natura e stravolta dall’economia di rapina in cui siamo. Stampare banconote di carta è creare dal nulla, piantare un semino è in realtà avviare il ciclo della vita, dare la scintilla, inseminare la terra. I frutti ricavati (a differenza delle banconote o dei lingotti) vanno consumati, non possono essere nascosti per poi speculare sul loro valore.

Infine il ciclo chiuso è quello che vediamo in funzione nelle foreste vergini. Il terreno si fertilizza con la propria produzione, dentro la rotazione vita /morte. Un vero paradigma filosofico. La natura è il più attrezzato laboratorio chimico, una serie continua di combinazioni garantiscono che nessuno paghi per tutti e che tutti abbiano un vantaggio.

Come ogni Dipartimento che si rispetti anche quello della terra affianca a concetti teorici, filosofici, storici, antropologici, conoscenze pratiche scaturite dall’esperienza. Così finite le piogge invernali, con il primo sole, è stata risvegliata la terra. Cercando di non fare troppo rumore le abbiamo preparato un condotto digerente dove inserire gli scarti vegetali per mettere in pratica il ciclo del nutrimento reciproco. Abbiamo preso un fusto di plastica, lo abbiamo privato del fondo e lo abbiamo messo al centro dell’orto. Riempito di erbacce e scarti vegetali, inumidito e chiuso da un coperchio, il tubo digerente ha iniziato a chiamare gli agenti addetti alla decomposizione per indurli a dividere il tutto negli elementi costitutivi. Sono arrivati puntuali e lavorano incessantemente.
A partire da aprile ci si ritrova tutti i mercoledì e i sabato (dalle sedici in poi) nella zona ortiva di via Erbosa (vicino l’ippodromo). 
Non è richiesta la presenza costante, al nucleo che gestisce il progetto si può aderire in qualsiasi momento scrivendo a: 
comuneaccademia@gmail.com
(Nei post che seguiranno metteremo il programma dettagliato di ogni iniziativa, gli argomenti che porteremo all’attenzione dei soci e i progressi concreti dell’orto).
Nei tempi dei tempi abbiamo umanizzato la natura. Ci siamo distaccati, da lontano l’abbiamo osservato per meglio addomesticarla. Ci siamo liberati dal giogo delle sue energie studiando e ipotizzando formule. Ci siamo ribellati alle sue regole e ne abbiamo create delle nostre, di rimando imponendole anche a lei. Non è stato un processo rapido, anzi, quasi un conflitto tra generazioni, tra madri, padri, figli, popoli, etnie. Sono state fatte tante cose, come armonizzare i fianchi delle colline, prosciugare le acquitrinose pianure, penetrare e disboscare foreste nere; si è dato sfogo a quel bisogno che è laboriosità ma anche follia e iperattività.
Si chiama agricoltura si legge semina, fecondazione assistita, innesto di mucose vegetali, fertilità. Si declina in tutto ciò che produce buoni frutti. La terra chiama a viva voce, inesorabilmente con gravità ci riconduce sempre ad essa; a chi sa ascoltare concede cibo e quiete. Le sue forme sono collirio per gli occhi, i colori luce armonizzata; la qualità dell’aria rinnova i polmoni agevolando lo sforzo necessario. Coltivando la terra si finisce col parlare alle piante, scoprirsi a osservare il cielo e sollecitare piogge e sole. Non è mai uguale al giorno prima un campo; invisibili animaletti nottetempo dissolvono i propri antagonisti, e il vento sposta spore e foglie secche. Piantine d’ogni genere, dalla linfa che risale radici e fusto, traggono crescita.
Dip Ter

MARZO E LE DONNE


Comune Accademia 


PROSSIMI EVENTI (HUB – via Serra, 2 – Bologna) :

Mercoledì 20 marzo (18 – 20)
Donne e poesia 
vita poetica di una poeta donna tra le donne e tra le minorità sociali

Giornata mondiale della poesia con Serenella Gatti Linares (accorda Antonietta Laterza)




Venerdì 22 marzo (19 – 22)

 Ipazia d’alessandria

Incipit: sull’avventura della coscienza (tratto da “Sogni di Ipazia”)

1° atto:  sull’atomo (tratto da “Sogni di Ipazia”)

2° atto: sul messaggio, sul suono, sull’artista  (“tratto da sogni di Ipazia”)

letture a cura del laboratorio poesia e canto sociale

3° atto: Film “Agorà – Ipazia d’alessandria 





Mercoledì 27 marzo (18 – 20)
Relazioni possibili tra generi: alfabeto naturale o carnale 


Nella serata presentazione del libro di poesie di Antonietta Laterza

“Peper mona puppis” poesie erotiche


Alfabeto carnale
ossee consonanti
liquide vocali
vibrazioni
Immagini di visioni autocoscienti
Lungo una strada di vita
auotproduzioni di frammenti ricombinanti carne lettere e suoni
Antonietta Laterza conversa con Pino de March 

di frammentati
ritrovati
erotici alfabeti
sottratti 
alle mute urlate banalizzate trasgressioni dominanti  
click!
L’alfabeto carnale  che si incontra nei testi poetici di Antonietta Laterza
Pepper Mona Puppis
ovvero piccante gnocca (adriatica veneziana signora) escatologica
click!
e tira fuori la
luce
dentro me.
click !
capezzoli
vibranti
click!
di alfabeti in contro tendenza
sotto-testi corpi velati mostrati offerti  sacrificati macellati timbrati esposti
zapping sui tele-schermi e lungo le strade
click!
come uno scoglio
vorrei vedere il mare
click !
sugli altari  muri del vuoto senso  barocco
retoriche secolari  di pubblicità invadente vacuità  novecentesca   
click!
eppure a volte
mi vedo bella
tra i tuoi tubi cromati
click!
Onde quantiche
Capezzoli vibranti
natiche sporgenti
Click!
Un ritrovato toccante alfabeto delle trasgressioni trasgredite
click!
intese vitali
a trasformare
conformismi trasgressivi
 dilatati spalmati prodotti
dai dispositivi spettacolari
ovunque c’è testualità e corpi da marcare e sensare.
Click!
Click!
La foto digitale
Trasfigura
I confini
Del
mio corpo
Click!
è un succedersi di frammentati atti erotici indignati
che esplorano dentro alla catastrofe di senso e di desiderio asservito complice postmoderno
possibili lente esplorazioni corporee del godimento nella insostenibile velocità del desiderio messa in produzione nel tardocapitalismo
click!
Ricerca di un desiderio desiderato
 soggiacente sotto le stratificate colate di immagini murate liquide elettroniche 
click!
Culi
Seni
Gambe
Occhi
catturano sguardi inn-affettivi ossessionati
dalle superfici fisse e mobili
o nei percorsi liberamente coatti della vita immobile e veloce
passeggeri nevrotici stonati depressi
corrono verso nessundove
nessundove si vive intensamente
ancora  click!
click!
capezzoli
vibranti
click!
ombelico
pube
brune superfici
adesso scatto:
click!
autentica Antonietta
precarie esistenze
in cerca di vuoti essenze del superfluo
per affermare attraverso virtualità artificialità
desiderio di vitalità pulsante fluente 
dai social nework
 generazione cq
click!
mi sento attraente
errante, incredibile
come un fulmine
a ciel sereno
click!
filiere e distretti di desideranti oggetti prodotti clonati brevettati
si ammassano nelle nostre città di vetro
clik!
piccola schiava che
mi porta fra la gente
che ci guarda
senza capire
click!
Ma chi ti ha inventato?
Uno/a strizzacervelli
Fuggito/a da Auschwitz?????
Click!
segni singolari di desideri desiderati imprevisti ed imprevedibili
click!
come ti vorrei trasparente
come un desiderio.
Come la libertà.
click!
lo specchio mio interiore
cela
nel pudore
un contatto
con la mia vagina
sempre + vicina
adesso mi riflette
con nitida
veemenza: click!
ti ho stanata!
Click!
Defrag-mmenti di un carme impetuoso
Click!
Tempeste di mari cerebr-o-rmonali
Di Antonietta Laterza
Click!
Alla ricerca di un kamasutra mediterraneo

Conversazione immaginaria e poetica con l’autrice -Pino de March